Parasol Unit è una fondazione per l’arte contemporanea, a nord della City, che si propone di diffondere gratuitamente al largo pubblico il lavoro di artisti sia emergenti che di fama internazionale. Alle quattro mostre annuali si accompagnano di solito anche conferenze ed altri eventi educativi. Per questa primavera, gli spazi del complesso espositivo ospitano unicamente le opere più recenti dell’artista finlandese Eija-Liisa Ahtila.
Ahtila, dopo aver studiato film e video a Londra e Los Angeles, si è segnalata per le sue installazioni cinematiche, in cui un personalissimo approccio alle tematiche del racconto, della memoria e della percezione della realtà, viene sviluppato in molteplici proiezioni, così da offrire allo spettatore una visione emotiva e complessa.
Where is Where è un lavoro del 2008, in cui il dramma si dipana attraverso narrative frammentate, in un’installazione composta da quattro schermi centrali, posti uno di fronte all’altro, e altri due, situati all’inizio e alla fine del percorso narrativo.
All’ingresso, si viene accolti da una poetica animazione, tutta giocata sui toni del rosso. Segue, nello spazio principale, la doppia narrativa dei drammatici eventi della guerra d’Algeria, ispirata da un resoconto di Frantz Fanon ne ‘I dannati della Terra’ (1961), in cui due ragazzini algerini uccidono il loro giovane compagno di giochi francese in risposta alle atrocità commesse contro il loro popolo durante la guerra di indipendenza. Il fatto storico si mescola all’incontro immaginario, mezzo secolo più tardi, tra una poetessa e la personificazione della morte. Qui, in un surreale colloquio alla Ingmar Bergman, la donna cerca di dare voce e senso a quegli eventi lontani.
L’attenzione degli spettatori è guidata avanti ed indietro nel tempo, attraverso l’illusione di una vicinanza data dai primi piani, da particolari che varcano lo spazio dell’inquadratura, da frammenti narrativi di un thriller psicologico disseminati in un ambiente quasi claustrofobico, le pareti rivestite di pesanti drappi neri. Si toccano temi importanti, dal colonialismo alla religione, dalla violenza indiscriminata alla giustizia sommaria. Eppure, proprio per la presenza simultanea di quattro punti di vista, lo spettatore non è più un elemento passivo di ricezione, ma, trovandosi catapultato nel dramma stesso, è libero di scegliere se e cosa guardare, così che l’atto di decidere diviene presenza morale nella storia.
Quando anche l’ultima sequenza di spegne, sullo schermo posto prima dell’uscita si avvicendano ancora, per parecchi minuti, scene desunte da materiali d’archivio della guerra d’Algeria, i morti ammassati nelle fosse comuni, il crudo bianco e nero a ricordare che ogni atto è presente e che parlare di conflitti e crimini non è un esercizio stilistico, ma chiama in causa vittime reali.
Al piano superiore della Parasol Unit, The Hour of Prayer (2005) è un’unica installazione video, composta di quattro sezioni simultanee, sul tema della morte e della separazione. Una donna ricorda gli eventi connessi alla morte del suo cane, il lutto che pervade la casa, il vuoto che insegue la protagonista in un paese lontano ed esotico, dove suoni e colori diversi non sono in grado di modificare il dolore. Il racconto elude le consuete logiche spazio-temporali, in un sovrapporsi di suoni ed immagini, ma le fratture visive servono a formulare domande sulla natura della sofferenza e della solitudine, sulle modalità della perdita, sulle reazioni dello spettatore al dolore che è di un altro.
Infine, Fishermen, realizzato nel 2007, è un breve lavoro di cinque minuti, girato in presa diretta sulle coste dell’Africa occidentale. Racconta le vicende di un gruppo di pescatori, che strenuamente cercano di guadagnarsi il largo, affrontando i venti e le onde impetuose di un mare in burrasca, e rappresenta la prima parte di un progetto, che andrà a comprendere cinque installazioni video. L’obiettivo impietoso cattura il remare ossessivo dei pescatori, ignari di essere ripresi, mentre cercano di procacciarsi la giornata, le reti e la barca inghiottite dalle onde voraci, il loop che rende gli sforzi ancora più grotteschi e disperati. Questi pescatori africani, nella vana speranza di guadagnarsi da vivere, rimandano a tutti quei migranti clandestini, i quali, affidandosi ad imbarcazioni improbabili, ostinatamente si affannano alla ricerca di un futuro migliore.
Si può solo guardare, ma non intervenire, e questo crea nello spettatore un senso di disagio. L’occhio si trova a spiare, in maniera quasi voyeuristica, un atto quotidiano che, nella sua ostinata disperazione, racchiude in sé tutte le contraddizioni del mondo contemporaneo.
©CultFrame 03/2010
IMMAGINI
1, 2, 3 Eija-Liisa Ahtila. Where is Where?, 2008. 53 min 43 sec. 6-channel projected high-definition installation with 8-channel sound. Photographed by Marja-Leena Hukkanen. Courtesy Marian Goodman Gallery, New York and Paris. Copyright © 2008 Crystal Eye – Kristallisilmä Oy
INFORMAZIONI
Dal 26 febbraio al 25 aprile 2010
Parasol unit / 14 Wharf Road, Londra / Telefono: +44 (0)2074907373
Orario: martedì – sabato 10.00 – 18.00 / domenica 12.00- 17.00 / Ingresso libero