Past Forward Toward Future. Mostra di Joel Sternfeld

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

joel_sternfeld-coverLa mostra ‘Past Forward Toward Future’, organizzata nell’ambito della Festa dell’Architettura di Roma, pone due questioni fondamentali. La prima è, di fatto, una domanda: come mai per portare in Italia (con una sua corposa personale) uno dei più significativi artisti della fotografia del Novecento (ma anche del terzo millennio) si doveva aspettare lo svolgimento di una festa dell’architettura?
La seconda riguarda invece le implicazioni teorico-linguistiche che il lavoro di Sternfeld possiede.
Andiamo con ordine. Nel comunicato stampa della mostra leggiamo le seguenti testuali parole: “la prima grande mostra italiana di uno dei maggiori fotografi americani”. Non possiamo però fare altro che soffermarci sul ritardo clamoroso che la cultura italiana ha nei confronti della fotografia. Proviamo a passare in territorio cinematografico e cerchiamo di immaginare che in Italia non si sia mai svolta una retrospettiva articolata dell’opera di Stanley Kubrick. Vi sembrerebbe normale? No, certamente. E, infatti, su Kubrick molto è stato fatto, dall’omaggio della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia di qualche anno fa fino all’evento fotografico in svolgimento attualmente a Milano.
Sternfeld, invece, non meritava attenzione? In questo paese miope, morbosamente ancorato alla propria storia e refrattario a considerare ancora oggi la fotografia come forma d’arte non ci si può stupire, purtroppo, di una simile situazione.

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Passiamo ora agli elementi espressivi e linguistici riscontrabili nell’ambito nell’allestimento di Roma, strutturato su due pareti contrapposte dell’ex mattatoio (dotate per altro di un’illuminazione totalmente inadeguata). Da una parte lo studio svolto da Joel Sternfeld sul confine città/campagna e sulla stratificazione spaziale/architettonica della capitale italiana, dall’altra l’approfondimento effettuato sulla High Line di New York, una linea ferrovia sopraelevata/cittadina presente nella metropoli americana e in totale in stato di abbandono.
La stratificazione dello spazio/tempo nella visione urbana e paraurbana, la modificazione degli ambienti cittadini, la questione del rapporto tra fotografo e paesaggio. Sono tutti fattori che certamente rientrano nella poetica/ricerca di Sternfeld e che oggettivamente l’hanno fatto divenire uno dei maggiori fotografi viventi.
L’importanza di Sternfeld, però, non è misurabile se non collocandolo in un sistema creativo più complesso.
Seppur siano evidenti alcuni rimandi pittorici, ci sembra però che considerare Sternfeld una sorta di “pittorialista fuori tempo massimo” sarebbe oltremodo riduttivo. Sarebbe come inchiodare Kubrick solo alla questione della pittura inglese del 700 quando si parla del suo capolavoro Barry Lindon. Joel Sternfeld è, invece, un artista dei suoi tempi, un fotografo del Novecento legato al mezzo che utilizza e che affonda le sue radici nelle esperienze di autori come il cineasta Robert Altman, deceduto nel 2006, e il pittore/fotografo Ed Ruscha. Sternfeld, inoltre, ha fatto, forse inconsapevolmente, debordare la sua poetica nello sguardo di David Lynch, il quale a sua volta si è ampiamente “perso” nei mondi espressivi di William Eggleston e Stephen Shore. Impiantato in questo contesto, Sternfeld assume una dimensione ancor più rilevante, poiché si manifesta come elemento primario di una generazione (i più anziani sono Altman e Ruscha) che, insieme ad altri gruppi anche non americani e non strategicamente coordinati, ha trasformato il cinema e la fotografia in linguaggio artistico.

joel_sternfeld-empireLa poetica di Sternfeld, in sostanza, si è formata grazie a un lavorio denso di collegamenti retroattivi e di innovazioni, nell’ambito di un’architettura magmatica all’interno della quale tutti gli autori citati sono rintracciabili. Sternfeld, dunque, non è un caso isolato, non solo in rapporto alla produzione statunitense. In tal senso, non possiamo evitare di accostare il suo sguardo su Roma del 1990 a quello che trenta anni prima veniva generato dallo spirito sovversivo e lucido di PierPaolo Pasolini (vedi Accattone, Mamma Roma e La ricotta). Citazione voluta? Riferimento involontario? Collegamento psico-automatico?  Non sappiamo. Ciò che provoca in noi interesse è proprio la sostanziale adesione di Sternfeld a una visione collettiva di estremo interesse che, però, (onestamente) non sembra essere stata generata in questa occasione da un impulso creativo personale. Ed ancora. L’impronta compositiva data al lavoro sulla High Line appare incentrata su uno scarto semantico non di poco conto. Che Sternfeld abbia voluto documentare una “stravagante” situazione urbanistica è indubbio, ma che il fotografo si sia limitato solo al prevedibile meccanismo della rappresentazione oggettiva è  forse superficiale. Le fotografie relative alla High Line contengono chiaramente il germe dell’incongruenza surrealista, l’inciampo semantico tipico di alcune opere di Magritte. Ed è proprio questo il loro valore aggiunto.

In conclusione, quello che la mostra romana ha generato in noi è la quasi convinzione che ci sia una parte ancora non del tutto sviscerata riguardante l’universo di Sternfeld, ovvero la diversità/mutante della sua opera rispetto al rapporto tra fotografia e contenuto visivo. Abbiamo l’impressione (e l’abbiamo avuta anche seguendo con attenzione il percorso espositivo dell’ex mattatoio) che Sternfeld, nonostante l’evidente vicinanza delle “immagini romane” alla poetica pasoliniana, ad esempio, inquadri una porzione di realtà pensando ad altro (come solo i grandi artisti sono in grado di fare), cioè che voglia (forse con esiti non chiarissimi, a dire il vero) liberare l’ambiguità dell’atto fotografico.

© CultFrame 06/2010


IMMAGINI

1 Joel Sternfeld. Il Gran Ninfeo della Villa dei Gordiani, Parco dei Gordiani, Roma. Agosto 1990. Courtesy Joel Sternfeld and Luhring Augustine Gallery, NY
2 Joel Sternfeld. Rovine di un edificio parte del complesso della Villa dei Sette Bassi, Roma Vecchia, Roma. Settembre 1990. Courtesy Joel Sternfeld and Luhring Augustine Gallery, NY
3 Joel Sternfeld. Un manufatto della ferrovia, 30ima strada. Maggio 2000. Courtesy Joel Sternfeld and Luhring Augustine Gallery, NY

INFORMAZIONI
Dall’11 giugno al 22 agosto 2010
MACRO Testaccio padiglione 9° / Piazza Orazio Giustiniani 4, Roma
Orario: martedì – domenica 16.00 –  24.00

LINK
CULTFRAME. Oxbow Archive. Un libro di Joel Sternfeld di Maurizio G. De Bonis
Luhring Augustine, New York

 

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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