Una domanda che spesso sorge in ambiente fotografico (ma il quesito può essere posto anche all’interno del mondo dell’arte in generale) è la seguente: un grande fotografo può essere anche un buon docente? Il problema che fa emergere questo interrogativo non è certo cosa di poco conto, visto che a insegnare la pratica della fotografia alle giovani leve sono sempre (o quasi) dei fotografi.Ebbene, questa è stata la domanda che inevitabilmente ci siamo posti quando abbiamo iniziato a leggere il libro intitolato Lezioni di Fotografia, edito da Quodlibet. La curiosità che destava in noi questo volume era determinata dal fatto che le lezioni di cui si parla nel titolo sono state tenute nel 1989 da quello che è considerato uno dei maggiori autori fotografici mai apparsi nel panorama italiano: Luigi Ghirri.
Si tratta delle trascrizioni dei numerosi incontri che Ghirri ebbe con gli allievi dell’Università del Progetto di Reggio Emilia. L’idea di base dei curatori Giulio Bizzarri e Paolo Barbaro è stata quella di mantenere il tono colloquiale e leggero delle lezioni e di puntare, dunque, sulla freschezza e sulla semplicità del sistema comunicativo di Luigi Ghirri che, sotto questo punto di vista, viene fuori chiaramente come docente tutt’altro che accademico e noioso.
Ma la lettura di Lezioni di Fotografia che era iniziata sotto la spinta dell’interesse nei riguardi del Ghirri didatta lentamente si è trasformata nel piacere di constatare che il fotografo emiliano più che porsi sul piedistallo tipico dell’insegnante erudito ed elitario manifestava durante le sue lezioni solo la sua identità di artista, e ancor di più di artista-teorico.
Il libro alterna fasi in cui il fotografo si sofferma anche su aspetti di carattere tecnico (macchine fotografiche, obiettivi, illuminazione) ad altre nelle quali emerge il suo autentico spirito di ricerca, la sua tendenza verso la riflessione teorica, verso il pensiero filosofico applicato non tanto alla disciplina fotografica quanto piuttosto all’atto del guardare e dell’inquadrare.
Facciamo un paio di esempi. Ghirri afferma che “la fotografia non si ferma, non si esaurisce nell’oggetto di partenza, nel soggetto ripreso” . Ed ancora, si rivolge ai suoi allievi con una frase a nostro parere significativa: “…mi piacerebbe molto che durante questo corso voi riusciste a imparare a fare una buona inquadratura, che significa già qualcosa, e soprattutto a cercare nella realtà le inquadrature che già esistono”.
Bastano già solo queste due brevi dichiarazioni per far comprendere cosa realmente Luigi Ghirri insegnasse ai suoi allievi: non solo la tecnica del fare fotografia ma anche la disposizione psicologica di colui che guarda dentro il mirino della macchina fotografica, il quale non dovrebbe essere solo un rapace e arido registratore di una presunta realtà quanto piuttosto un raccoglitore sensibile di immagini già esistenti, un recettore che non si limita certo a dare un senso prevedibile e superficiale a quanto gli è capitato di riprendere con la macchina fotografica.
Nelle sue lezioni Ghirri insiste garbatamente su questo punto: fotografare è un “atto mentale” che non si esaurisce nella pochezza dello scatto e nella brutale selezione spaziale dell’inquadratura. Sostiene l’autore che è necessario “attivare lo sguardo e cominciare a scoprire nella realtà cose che prima non si vedevano, anche dando agli oggetti, agli elementi della realtà un altro significato. Attivare un campo di attenzione diverso”. Parole rilevanti, queste di Ghirri, che fanno piazza pulita dell’ossessione tutta italiana nei confronti della documentazione e dell’effetto di realismo e che evidenziano in maniera inequivocabile la vera natura dell’atto fotografico.
Da notare che uno dei capitoli di gran lunga più interessanti, e addirittura divertenti, è quello denominato Immagini per musica. In questa sezione, Ghirri narra della sua attività di fotografo per gruppi ed etichette musicali. È stimolante scoprire come copertine di dischi che negli anni hanno accompagnato la passione di molti musicofili siano state realizzate proprio dal fotografo di Scandiano: da Dalla-Morandi a Luca Carboni, fino ai CCCP. E, in ambito classico, dalla copertina dei Flute Concertos di Bach (RCA) ai Notturni di Chopin suonati da Artur Rubinstein (RCA).
Altro aspetto da segnalare è che i curatori hanno fatto un grande sforzo (quasi sempre riuscito) connesso alla ricerca iconografica. Le lezioni di Ghirri erano, infatti, quasi sempre basate sull’analisi di immagini molto precise (sue, ma non solo) che con certosina pazienza sono state rintracciate e impaginate in maniera armoniosa con il testo. Il risultato di questa operazione è che il lettore ha la netta sensazione di compiere un viaggio indietro nel tempo e di essere effettivamente presente agli incontri universitari di Ghirri.
© CultFrame 07/2010
INDICE DEL LIBRO
Una passione anche un po’ dilettantesca (27 gennaio 1989, prima parte)
Dimenticare se stessi (27 gennaio 1989, seconda parte)
Ricerche (3 febbraio 1989, prima parte)
Macchine (3 febbraio 1989, seconda parte)
Esercitazione (9 febbraio 1989)
Esposizione (17 febbraio 1989, prima parte)
“Non è venuta come vedevo” (17 febbraio 1989, seconda parte)
Storia (20 aprile 1989)
Trasparenza (20 febbraio 1989)
Soglia (19 gennaio 1990, prima parte)
Inquadrature naturali (19 gennaio 1990, seconda parte)
Luce, inquadratura e cancellazione del mondo esterno (8 febbraio 1990)
Immagini per musica (4 giugno 1990)
Note / Ricordo di Luigi, fotografia e amicizia di Gianni Celati
CREDITI
Titolo: Lezioni di fotografia / Autore: Luigi Ghirri / Editore: Quodlibet /Collana: Compagnia Extra / Cura: Giulio Bizzarri, Paolo Barbaro / Testo biografico: Gianni Celati / Anno: 2010 / Pagine: 264 / Prezzo: 22,00 euro / ISBN: 978-88-7462-312-9
SUL WEB
Quodlibet