Finirà mai questa successo (ormai un po’ ammuffito) del cinema cinese “fanta-storico-kung fu”? Sinceramente lo speriamo con tutte le nostre forze, specie dopo aver visto il pastrocchio pseudo-visionario, in salsa digitale, girato da Tsui Hark e intitolato Detective Dee and the Mystery of Phantom Flame. E già dal titolo si capisce la totale inutilità di questa operazione filmica. E poi, se proprio la vogliamo dire tutta (con buona pace dei molti accaniti fan che possiede) Tsui Hark, regista nato in Vietnam ma cresciuto a Hong Kong, è, a dir poco, un cineasta sopravvalutato.
Ma andiamo al sodo.
122 minuti di delirio visivo-narrativo legato alla dinastia di turno della storia cinese, con i seguenti ingredienti: conflitto tra bene e male, nonché conflitto tra verità e falsità. E poi: combattimenti con le spade e a mani nude, esseri mostruosi cattivissimi, lotta per il controllo del potere, sentimenti di amore e di amicizia. E immancabilmente attrici protagoniste dai volti di straordinaria bellezza. Roba più che scontata, vista e rivista che nulla aggiunge alla storia del cinema orientale (e del cinema in generale).
L’autore del film si affanna a fornire indicazioni sul senso del suo prodotto, sostenendo che si tratta di un’opera sui segreti delle persone, sull’uso delle parole e sulla saggezza che gli esseri umani devono utilizzare pere comprendere cosa sia vero o falso. Che originalità. Sinceramente ci sembra che Tsui Hark si arrampichi sugli specchi. La verità è che girare questo tipo di film, oggigiorno, è un affare gigantesco. Si tratta di uno spettacolone rutilante e ripetitivo, in cui la tecnologia digitale la fa da padrone. Il mercato è il principale stimolo creativo, non certo la poesia.
Ancora una domanda: ma nessuno si è ancora stancato di questa ormai insostenibile e nauseante impostazione visuale estetizzate di certa cinematografia orientale? Colori perfettamente accostati, simmetria nella composizione delle inquadrature e fluide (quanto finte) piroette dei personaggi sono ingredienti che si ripetono sempre uguali in tutti i lungometraggi di questo genere. E poi ci sembra che Detective Dee and the Mystery of Phantom Flame oltre a proporre stereotipi e stilemi ultraconsolidati non sia privo anche di evidenti citazioni di titoli di altri registi del calibro di Ang Lee e Zhang Yimou.
Ma forse tutti questi autori finiscono per citarsi l’un l’altro, nonché per (auto)citarsi addosso.
© CultFrame 09/2010
TRAMA
Cina. 690 d.C. Il potere è controllato dalla dinastia Tang ma la situazione politica è molto incerte. Da sette anni governa la Reggente, la moglie dell’imperatore. Wu Zeitan, questo il nome della donna, è in procinto di essere finalmente nominata prima Imperatrice della Cina, alla sua epoca paese più ricco e potente del mondo. Non a tutti questo evento fa piacere. Iniziano così ad avvenire strani episodi. Alcuni individui della corte imperiale iniziano a morire per autocombustione.
CREDITI
Titolo: Detective Dee and the Mystery of Phantom Flame / Titolo originale: Di Renjie zhi Tongtian diguo / Regia: Tsui Hark / Sceneggiatura: Chang Jialu / Fotografia: Chan Chi Ying, Chan Chor Keung / Montaggio: Tau Chi Wai / Scenografia: James Chiu / Musiche: Peter Kam / Interpreti: Andy Lau, Carina Lau, Li Bingbing / Produzione: Zhonglei Wang, Nansun Shi, Kuofu Chen / Anno: 2010 / Origine: Cina / Durata: 122 minuti
SUL WEB
CULTFRAME. Reign of Assasins. Un film di Su Chao-Pin. 67a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Fuori Concorso
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