Una vistosa voglia sulla fronte che gli è valsa il soprannome di Gorbaciof (sic!) appiccicatogli dai personaggi gretti e provinciali che lo circondano. L’aria schiva di chi ha perso ogni forma di curiosità per una vita che si avvolge a loop in un’insensata e troppo squallida routine. Anche le vincite al gioco d’azzardo sono ordinaria amministrazione per Marino Pacileo, l’avvizzito contabile del carcere napoletano di Poggio Reale interpretato da un avvincente Toni Servillo nell’ultimo film, il settimo, di Stefano Incerti. È intorno a questo protagonista rassegnato e insieme inquieto che ruota una storia lineare ma dall’esito tarantiniano, insolita nel panorama del cinema italiano.
Servillo domina ogni scena, perfettamente calato nel personaggio impettito e sudicio fuori quanto goffo e –si scoprirà- pulito dentro che maneggia banconote con distacco e disinvoltura, guardandole appena con la coda dell’occhio e il volto annoiato. Denaro che genera denaro, passando dalla cassa del carcere al tappetino verde del tavolo da gioco. Denaro che Gorbaciof si guadagna illegalmente, ma non per questo con facilità, e che sembra inizialmente non servirgli ad altro che ad alimentare il suo vizio segreto. Ma Gorbaciof si rivela essere un ladro-gentiluomo, una sorta di Robin Hood partenopeo che agisce sotto l’impulso di valori e sentimenti candidi che intorno a lui si sono invece sgretolati. E come un bambino con una mitragliatrice vera in mano, il Nostro resterà incastrato nel suo stesso gioco.
I tempi lunghissimi, suggeriti da un montaggio flemmatico e da movimenti di macchina intorpiditi, lungi dal lasciare spazio alla noia si risolvono in questo film nell’esaltazione dei dettagli, che vengono elevati a eloquenti sostituti dei pressoché assenti dialoghi. Il livello della comunicazione è ridotto all’essenza, come basato sull’essenziale è lo scambio di informazioni tra il protagonista e l’eterea ragazza cinese di cui si innamora, interpretata dall’attrice Mi Yang. Silenzi che spiazzano richiamando una dimensione surreale, e che contribuiscono a fare di Gorbaciof un lavoro che si distacca dalla tradizione cinematografica italiana. I bassifondi angusti e criminali di una Napoli fin troppo nota, scolpita nell’immaginario comune dalla cronaca prima ancora che dal grande schermo e dalla fiction, vengono scandagliati con una prospettiva nuova, complice una regia che strizza l’occhio al cinema orientale nella grammatica di base e al gangster movie americano nella caratterizzazione dei personaggi. Attraverso i campi strettissimi che dominano le inquadrature, Incerti si dimostra in grado di offrire una visione totale e incisiva della realtà che vuole raccontare. Sono i particolari visivi e i loro raccordi a veicolare il significato del tutto. Ed è Gorbaciof-Servillo a incarnare come una maschera, emblema della tradizione napoletana, le caratteristiche reiette e al contempo profondamente umane della piccola malavita e di chi ci si trova coinvolto un po’ per circostanza. Il personaggio è studiato alla perfezione, senza che questa ennesima prova d’attore di Servillo si risolva in un mero esercizio di stile. Nessun intento autocelebrativo del protagonista disturba la visione; ogni scelta nella recitazione, dalla postura, ai gesti, all’imbruttimento della fisionomia ottenuto con il trucco, costituisce un tassello fondamentale della narrazione durante la quale Servillo non si concede imperfezioni. E neppure l’abbigliamento sciatto e grossolano, con tanto di capigliatura –o quel che ne resta- unta e allungata, scivola mai nel rischio di essere percepito come un elemento caricaturale. Altra caratteristica insolita e audace, questa, nel cinema italiano che ancora fatica a sganciarsi dai retaggi stilistici del Neorealismo.
Naturalmente, dato l’impianto quasi totalmente visivo, un posto di rilievo è occupato dal lavoro svolto dal direttore della fotografia, Pasquale Mari, che con grande equilibrio è riuscito a conferire alle immagini le tinte ingrigite dello squallore e della miseria, non rinunciando a richiamare l’assetto visuale dei già elencati generi cinematografici da cui il film prende spunto. Appropriata anche la scelta dei commenti musicali, grazie a un’azzeccata colonna sonora che rompe i lunghi silenzi a sottolineare i rari ma fondamentali momenti in cui il protagonista vive la magia per lui insolita dei sentimenti. Un posto di rilievo spetta poi ai rumori, necessari alla descrizione vista la scarsità di dialoghi.
Incerti ci consegna un film di rara coerenza, spiazzante in ogni sua fase e meticolosamente costruito in ogni suo elemento. Un film equilibrato, che non intende stupire anche se si appoggia quasi completamente sull’abilità nella recitazione di un artista magnetico e pirotecnico.
In Gorbaciof l’immaginazione si fa più vera del vero, e ci si sente realmente inghiottiti fino alla fine insieme al protagonista nel vortice di una realtà criminale che ormai anche la cronaca racconta come se si trattasse di fiction.
© CultFrame 10/2010
TRAMA
Il cassiere del carcere di Poggio Reale, soprannominato Gorbaciof per una macchia sulla fronte simile a quella del politico russo, conduce una vita complessivamente insulsa, animata dal solo vizio del gioco d’azzardo. Attratto dalla giovane cinese Lila, figlia del proprietario della bisca clandestina che frequenta, sottrae dei soldi dalla cassa del carcere per salvarla dalla prospettiva della prostituzione. L’episodio lo conduce in una spirale di tangenti e rapine dalla quale non riuscirà a uscire.
CREDITI
Titolo: Gorbaciof / Regia: Stefano Incerti / Soggetto e sceneggiatura: Stefano Incerti, Diego De Silva / Fotografia: Pasquale Mari / Montaggio: Marco Spoletini / Scenografia: Lino Fiorito / Musiche: Teho Teardo / Interpreti: Toni Servillo, Mi Yang, Geppy Geijeses, Gaetano Bruno, Hal Yamanouchi, Antonio Buonomo / Produzione: Devon Cinematografica, Surf Film, Bottom Line, The, Teatri Uniti / Distribuzione: Lucky Red / Italia, 2010 / Durata: 85 minuti
LINK
Sito ufficiale del film Gorbaciof di Stefano Incerti
Filmografia di Stefano Incerti
Lucky Red