Nel caso di Mario Monicelli sentiamo il dovere di dire la nostra e di analizzare brevemente ciò che sta succedendo dopo il suo atto definitivo. Tutti, improvvisamente si sono ricordati di lui, tutti adesso lo celebrano come un grande maestro del nostro cinema, tutti sono pronti a inondare tv, giornali, siti web, social network di valanghe di retorica che rappresentano l’esatto contrario di ciò che era Monicelli, cioè un regista lucido, che detestava la retorica, che diceva sempre quello che pensava (e quello che pensava spesso era fastidioso per molti). Era, Monicelli, un uomo retto nella pulizia delle sue idee, nella franchezza delle sue opinioni, nella chiarezza delle sue posizioni.
Negli ultimi anni gli avevano dato spazio e possibilità di dire ciò che pensava su tante cose, tra gli altri, Michele Santoro, nell’ambito di Rai per una notte, ed Enrico Lucci, intervistandolo per Le iene. Ecco i link che possono aiutarvi a comprendere perché questo regista di cinema, ora osannato, in verità poteva irritare molti a causa delle cose scomode che diceva: Rai per una notte e Le iene
In particolar modo, Monicelli colpiva per la sua sincerità e per la sua assoluta lucidità. A una domanda di Enrico Lucci su quanti dei suoi 65 film fossero venuti male, rispose con precisione: 60. In tal senso, Monicelli è stato il migliore e più severo critico del suo cinema. Ciò lo rende realmente un grande cineasta, ciò gli fa onore, come gli fa onore la perfezione con la quale nell’intervista realizzata per Rai per una notte ha descritto gli italiani.
Non ci dilungheremo qui nel rievocare in maniera scontata tutta la sua carriera, perché siamo sicuri del fatto che ricadremmo anche noi nell’esaltazione gratuita di tutto il suo percorso di autore di cinema. Certo, ad alcuni film ci sentiamo particolarlemte legati: Padri e figli (1957), I soliti ignoti (1958), La grande guerra (1959), Risate di gioia (1962), I compagni (1963).
Ma ora non ha importanza tanto celebrarlo come cineasta quanto piuttosto far capire che si trattava di un uomo che ragionava con la sua testa e che non aveva timore di dire quello che pensava. Oggi, si leggono nelle dichiarazioni di circostanza dei politici parole di una vacuità impressionante, pensate furbamente solo per l’occasione, calibrate per non farsi trovare impreparati di fronte all’emozione generalizzata che ha sucitato la sua morte. Chissà cosa penserebbe Mario Monicelli di questo fiume di parole, dei servizi televisivi, delle dichiarazioni di quei potenti che di certo lui non amava. Paradossalmente da parte di molti sarebbe stato più appropriato un silenzio rispettoso nei riguardi di una figura così piena di dignità che amava con forza la sincerità.
Noi, invece, vogliamo ricordarlo così come era, con una delle sue dichiarazioni rilasciate per Rai per una notte dedicate agli italiani:
“…nessuno si dimette, tutti pronti a chinare il capo, pur di mantenere il posto, di guardagnare… a sopraffarci, a intrallazzare… uno la prima cosa che fa è mettersi d’accordo con un altro per superare le difficoltà, non c’è nessuna dignità da nessuna parte… la speranza è una trappola, è una brutta parola, non si deve usare, la speranza è una trappola inventata dai padroni…”.
Grazie, Monicelli, per queste parole amare e vere.
© CultFrame – Punto di Svista 11/2010