E’ stato sottolineato più volte come la fotografia abbia la capacità di evocare simultaneamente realtà e passato, in special modo un passato che non ritorna, ma continua ad essere riattuato e rinnovato nella sua immanenza dalla ripetizione dello sguardo.
Al Victoria & Albert Museum cinque pionieri della fotografia senza obiettivo dimostrano, attraverso 75 immagini, come oggetti, corpi ed esperienze possano restare con il visitatore, anche quando non esistono più, perché passati, fluiti, trasformati, dal passare del tempo che di per sé è impossibile visualizzare. Le tecniche utilizzate dagli artisti in mostra spaziano dal Cibachrome al Chimigramma, ma tutto, che sia ombra, luce manipolata o procedimento chimico, avviene direttamente sulla carta fotografica.
Floris Neusüs ha dedicato gran parte della sua carriera allo studio e alla pratica del fotogramma. Spesso i lavori sono in grande formato, e si concentrano sull’essenza del corpo umano. Si tratta di immagini eseguite posizionando il modello sulla carta fotografica e utilizzando una luce dall’alto, in modo da creare una dicotomia tra presenza e assenza, chiaro e scuro.
In mostra e commissionata dallo stesso V&A, c’è anche la creazione per contatto di quella stessa finestra che Henry Fox Talbot, nel lontano 1835, immortalò a Lacock Abbey, utilizzando una camera oscura.
Le immagini della Neusüss conservano una qualità onirica, e le impronte di elementi ormai estrapolati dal proprio contesto materiale, intrattengono il visitatore in un racconto immaginario, separato dal tempo e dallo spazio.
Il fluire del tempo è invece protagonista della ricerca artistica di Garry Fabian Miller. Molti dei suoi lavori testimoniano il formarsi delle immagini secondo più o meno lunghe esposizioni alla luce, ed esplorano cicli e stagioni attraverso un singolo motivo o la gamma di un colore. Spesso sono fili d’erba o foglie ad essere translati direttamente sulla carta fotografica, a testimonianza di fenomeni naturali. Altre volte si tratta invece di elementi astratti, liquidi o in forme ritagliate, che prendono vita nella camera oscura, e rimandano a visioni più contemplative e personali.
La trascendenza di un momento o di un’esperienza è il cardine dei lavori di Adam Fuss. La sua ricerca si concentra soprattutto sulla scoperta di un’esperienza spazio-temporale di cui resta un’impronta di energia emblematica sul fotogramma. Il corpo di un neonato in una bacinella d’acqua, la trama di una veste battesimale, le linee sinuose e vibranti di un serpente.
Lo stesso senso di meraviglia e contemplazione degli oggetti del quotidiano che si può ritrovare nelle creazioni di Susan Derges. Famosa per i suoi fotogrammi dedicati all’acqua, per eseguire i quali, larghi fogli di carta fotografica venivano disposti sul letto di fiumi e ruscelli, spesso utilizzando la luce naturale della luna o quella artificiale del flash, l’artista esamina con curiosità scientifica e spirito immaginativo, i segreti della natura e il mistero della metamorfosi. Le immagini, dalle uova che diventano girini e si trasformano in ranocchi nello spazio limitato di un vaso di vetro, ai corsi d’acqua, alle fasi lunari, divengono atti alchemici al confine tra spirito e materia.
Più giocoso invece l’approccio di Pierre Cordier, creatore del Chimigramma, tecnica alla quale si è dedicato con accuratezza e meticolosità quasi scientifiche. A metà tra pittura e fotografia, la tecnica implica l’utilizzo di materiali di vario genere (olii, smalti, cere, prodotti organici) applicati direttamente sulla carta fotografica e poi manipolati mediante l’intervento di fissanti o incisioni, fino a creare motivi grafico-pittorici o testi scritti. Qui non si tratta tanto di procedimento fotografico, infatti non c’è né ingranditore né camera oscura, quanto di pura iconografia, in cui forme astratte e sperimentalismi danno vita a nuove dimensioni creative.
La mostra, curata da Martin Barnes ed accompagnata da un esaustivo catalogo, sottolinea come, rimuovendo l’apparecchio fotografico, gli artisti si avvicinino maggiormente alla fonte dell’immagine, esplorando forze primigenie, come la luce, il tempo, l’energia o l’effimero. Si perde quindi il valore documentario per acquisire invece una dimensione interiore, fatta di sogni, memorie e segni.
© CultFrame 11/2010
IMMAGINI
1 Susan Degres. Arch 4 (summer), 2007/08. © Courtesy of Susan Derges/V&A images
2 Pierre Cordier. Chemigram 25/1/66 V, 1966. © Pierre Cordier
INFORMAZIONI
Shadow Catchers: Camer-less Photography / A cura di Martin Barnes
Dal 13 ottobre 2010 al 20 febbraio 2011
Victoria and Albert Museum / Cromwell Road, London / Telefono: +44(0)2079422000
Orario: 10.00 – 17.30 / Venerdì 10.00 – 21.30
Ingresso: £5.00