L’unica pellicola italiana nel Concorso principale dell’ultimo Torino Film Festival (riservato alle opere prime, seconde e terze) è questo Henry che Alessandro Piva ha tratto dal romanzo omonimo di Giovanni Mastrangelo (2006), scrittore fotoreporter giramondo già autore di quel Piccolo Budda (1992) che ispirò il noto film di Bernardo Bertolucci.
La scrittura e la pre-produzione di Henry non sono state facilissime, come ha raccontato lo stesso Piva, anche per la peculiarità del romanzo che è costruito su di un “doppio registro” “fatto di dilatate esplorazioni interiori e brusche impennate di azioni”. In pratica, nel libro l’azione è intervallata da veri e propri monologhi dei personaggi principali, che durante tutto il corso del film si rivolgono direttamente alla macchina da presa, un espediente non sempre gradito a critici e spettatori, benché (e perché ) giustificato dalla matrice letteraria della pellicola.
Nelle sue note di regia, Piva definisce il proprio terzo lungometraggio “incosciente e piratesco, dal punto di vista artistico come da quello produttivo”: in effetti, oltre al lavoro di adattamento, Piva è produttore, montatore e regista del film e forse anche a questo si devono qualche squilibrio e una certa trascuratezza della messa in scena (talvolta troppo curata, talvolta troppo poco).
Nel complesso, l’impressione di fronte a questo prodotto (che comunque non risulterà sgradevole agli spettatori appassionati di serie televisive e noir all’italiana) è quella di un compromesso non perfettamente riuscito tra la poetica dell’autore pugliese e quella del romanzo: Piva offre infatti un ritratto di una Roma multietnica – dalla via di Acqua Bullicante (se non erro a Toripignattara) al villaggio olimpico – e di un gruppo di drogati dall’eterogeneo passato, ma non ha il respiro sufficiente per approfondire né l’uno né l’altro come invece aveva saputo fare con le “comunità” raccontate nelle sue prime opere.
Allo stesso modo, il regista non ha voluto spingere troppo sul pedale dell’ironia, ma verso la fine della storia fa comunque entrare in scena un buffo e trucido personaggio di killer pugliese interpretato da Dino Abbrescia che non si amalgama del tutto con l’atmosfera che il film aveva saputo creare sino a quel momento. Ciò detto, sono sicuramente da lodare in Henry un cast di livello, anche e soprattutto nei comprimari, e una colonna sonora originale apprezzabile e molto funzionale su cui il film in più punti si sorregge.
© CultFrame 12/2010
TRAMA
A Roma, l’omicidio di un pusher che faceva il doppio gioco acquistando la droga (detta “Henry”) sia da un clan di Civitavecchia sia da una nuova banda di africani scatena una guerra tra spacciatori su cui indagano due poliziotti… e in cui i malavitosi italiani, e i loro tossici clienti, sono decisamente i più pericolosi…
CREDITI
Titolo: Henry / Regia: Alessandro Piva / Sceneggiatura: Alessandro Piva dal romanzo omonimo di Giovanni Mastrangelo / Interpreti: Claudio Gioé, Carolina Crescentini, Michele Riondino, Eriq Ebouaney, Paolo Sassanelli, Michele Riondino, Dino Abbrescia, Alfonso Santagata, Pietro De Silva / Fotografia: Lorenzo Adorisio / Montaggio: Alessandro Piva / Musica: Andrea Farri / Scenografia: Marianna Sciveres / Produzione: Alessandro Piva per Seminal Film / Italia 2010 / Durata: 94 minuti