Il bianco e nero bluastro e glaciale che imprime la pellicola di Kill Me Please non poteva essere veicolo fotografico migliore per esprimere l’umorismo dark e insieme il senso diffuso di vacuità e smarrimento con cui Olias Barco ha scelto di raccontare in forma di commedia un tema delicato come quello della morte assistita. Perfetta a tale scopo anche la scelta di evitare di aggiungere qualsiasi colonna sonora a commento delle immagini, che fluttuano pertanto in un’atmosfera ovattata e soffocante.
È uno sguardo beffardo ma sempre distaccato quello che il regista francese volge ai protagonisti del suo film: l’ambiguo dottor Kruger, che si fa dispensatore di morte per quanti non hanno il coraggio di darsela da soli, i suoi stravaganti pazienti che anelano al suicidio -chi in cerca della vita eterna, chi soltanto della cessazione della presente- e il contesto sociale con cui tutti loro sono costretti in ogni caso a fare i conti.
La morte, però, è soltanto uno dei fuochi di questa commedia spietata in cui si alternano lucidità e delirio, neutralità e passione. La morte che la società contemporanea ha voluto fuori dalle proprie case e ha relegato all’asetticità degli ospedali, la morte che nel terzo millennio fa ancora paura, ma che per alcuni potrebbe essere l’unica soluzione. All’altro fuoco –perché in geometria il tentativo di incanalare e controllare il destino potrebbe corrispondere più a un’ellisse che non a un circolo perfetto- c’è invece ovviamente l’amore. È un amore soprattutto carnale quello che vivono i protagonisti del film, dal momento che, laddove si sceglie un decesso a contratto, pulito e controllato, laddove si fa distinzione tra chi sceglie di andarsene seduto su una latrina coi polsi tagliati e chi preferisce invece mandare giù qualche goccia di veleno da un bicchiere elegante, be’, lì nasce l’urgenza che almeno l’amore sia sporco e malato.
In questa condizione liminare delle azioni e dei sentimenti, Olias Barco dimostra di sapersi muovere in perfetto equilibrio, dispensandosi da ogni forma di giudizio, e lasciando invece emergere la doppiezza inesorabile con cui ci si ritrova a gettare lo sguardo su situazioni di questo genere. Così, anche il montaggio si fa incalzante, sbaragliando i punti di vista e accompagnando lo spettatore passo passo verso lo smarrimento, mostrando una logica –che è la più simile a quella della realtà- in cui ha senso tutto e il contrario di tutto. E i giustizieri si fanno giustiziati, i suicidi bramano la vita, i benefattori si rivelano sfruttatori senza che si possano distinguere i buoni dai cattivi.
Stranianti e mordaci anche dialoghi, in cui dal pianto si passa al riso, provocando esplosioni di divertimento in situazioni che dovrebbero far scattare le lacrime e lambendo la tristezza su quanto sono grotteschi certi aspetti della comicità. A decretare l’efficacia dell’ottimo lavoro degli sceneggiatori, tra cui lo stesso regista e Virgile Bramly, che nel film è anche uno dei protagonisti, sono inoltre gli attori del cast, interpreti impeccabili di quel carico di narcisismo misto a un sostrato di annichilimento che sempre più di frequente scatenano mali psichici e depressioni in una società opulenta e sterile. Alla corte dell’asettico e vanaglorioso Aurélien Recoing nei panni del dottor Krueger, si alternano con la loro aspirazione al controllo della propria vita personaggi di ogni genere e età che danno corpo alla commedia, dal comico famoso gravemente malato, all’uomo depresso perché ha perso tutto, moglie inculsa, al gioco d’azzardo. In certi casi, la brama di morire dei protagonisti risulta condivisibile, in altri assomiglia più a un insulso capriccio. Spicca, tra tutti, l’interpretazione della carismatica Zazie de Paris nel ruolo della signora Zaza, alla quale una malattia alla gola impedisce le sue aspirazioni di cantante che vedrà soddisfatte in un estasiante e paradossale finale.
E se è sostanzialmente impossibile uscire dalla sala con qualche certezza sull’argomento, si sarà comunque visto uno dei film più interessanti degli ultimi tempi, sicuramente destinato a essere elevato a cult. Con un budget bassissimo, tre sole settimane di ripresa, ma una giusta dose di intelligenza, abilità tecnica e qualità artistiche Olias Barco ha meritato ampiamente il riconoscimento del Marc’Aurelio d’Oro all’ultimo Festival di Roma.
© CultFrame 01/2011
TRAMA
In una clinica isolata tra le montagne e i boschi del Belgio, della cui attività i pazienti vengono a conoscenza tramite internet, il dottor Kruger somministra il suicidio assistito a chi lo richiede. Il business dello psichiatra e i bizzarri aspiranti suicidi sono tuttavia mal visti dagli abitanti della zona, i quali mettono in atto la loro protesta innescando una spirale di violenza che non lascerà scampo a nessuno.
CREDITI
Titolo: Kill Me Please / Regia: Olias Barco / Soggetto e sceneggiatura: Olias Barco, Virgile Bramly, Stéphan Malandrin / Fotografia: Frédéric Noirhomme / Montaggio: Ewin Rickaert / Scenografia: Vincent Tavier / Interpreti: Aurélien Recoing, Benoît Poelvoorde, Muriel Bersy, Nicolas Buysse, Nouli Lanners, Saul Rubinek, Zazie de Paris / Produzione: La Parti (Belgio), OXB Productions (Francia), Les Armateurs (Francia), in co-produzione con RTBF (Belgio)/ Distribuzione: Archibald / Paese: Belgio, Francia, 2010 / Durata: 96 minuti
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Filmografia di Olias Barco
Sito ufficiale del film Kill Me Please di Olias Barco
Archibald