Aron Ralston non ha nulla dell’eroismo esistenziale di Christopher McCandless, asceta solitario del bellissimo Into the Wild (Penn, 2007), ma piuttosto ricorda alcuni snow/skateboarder, anche nostrani, obnubilati dalla superficialità glamour dello “sport estremo” quale ultima frontiera per viziatelli dai bragoni tanto larghi quanto costosi, per i quali la natura si riduce a semplice scenografia di un individualismo adrenalinico ed irritante. Così come l’astutissimo Danny Boyle nulla condivide con Rodrigo Cortés, regista dell’altra pellicola claustrofobica dell’anno passato, Buried. Se, infatti, l’autore spagnolo sceglie ed utilizza coerentamente le restrizioni visive imposte dalla trappola filmica, al contrario Boyle evade per movimentare, inventa per intrattenere, vola per non cadere. A cominciare dall’incipit “disco”, ritmato dalle potenti percussioni “world” del già sperimentato Rahman, e reso ipercinetico dalla generosa profusione dell’intero armamentario visivo disponibile: split screen a manetta, accelerazioni, decelerazioni, fotografia ipersatura, giochetti e trucchetti.
Boyle vuole ingannare la storia, sfuggire alla staticità, forse poco sicuro di se stesso e della propria capacità di affabulazione o della pregnanza della vicenda, sposta il macigno narrativo con artifici e trovate “surrealiste” che non sempre convincono: se all’inizio è musica assordante e folla travolgente, poi ci aspetteremmo silenzio assoluto e solitudine straniante. Immerso in scenari mozzafiato e inseguito da una sfiga veramente notevole, l’ottimo James Franco finalmente approda ad un ruolo che ne esalta le doti interpretative, e sotto i nostri occhi deperisce, dorme, sogna, sopravvive e pubblicizza una nota bevanda energetica. Definire Boyle eclettico sarà pure una banalità, ma tant’è, e si dimostra davvero abile nel mantenere altissima la tensione per un’ora e mezza di one-man-show in cui l’immobilità fisica diviene l’altra faccia di una velocità narrativa a volte convulsa, affollata di flashback e visioni, siparietti ed astuzie spettacolari.
127 Ore funziona ed appassiona grazie a tutto l’ottimo cast tecnico, alla dolorosa bravura di Franco ed ai guizzi di Boyle che furbescamente lascia lo spettatore in fremente attesa del noto epilogo splatter, bramato, temuto, ed esibito con compiaciuta ferocia. Alla fine però, guardando il vero Ralston scalare montagne con una protesi/picozza “Transfomers-style”, ci si chiede se il buon ragazzone a stelle e strisce non se le vada un po’ a cercare.
© CultFrame 02/2011
TRAMA
Canyoland National Park, Utah: l’esperto scalatore Aaron Ralston è vittima di un incidente e per cinque giorni resta incastrato in un crepaccio. La disavventura diventerà per lui l’occasione di rivedere la sua vita e ripensare alle persone a lui più care fino a quando, con la forza della disperazione e a costo di un grande sacrificio, Aaron troverà il modo per liberarsi.
CREDITI
Titolo originale: 127 Hours / Regìa: Danny Boyle / Sceneggiatura: Danny Boyle, Simon Beaufoy dal libro “Between a Rock and a Hard Place” di Aron Ralston / Fotografia: Anthony Dod Mantle, Enrique Chediak / Montaggio: Jon Harris / Scenografia: Suttirat Anne Larlarb / Musica: A. R. Rahman / Interpreti principali: James Franco, Amber Tamblyn, Kate Mara / Produzione: Cloud Eight Films, Everest Entertainment, Pathé / Distribuzione: 20th Century Fox Italia / Paese: U.S.A., 2010 / Durata: 94 minuti
LINK
Sito ufficiale del film 127 Hours di Danny Boyle
Sito italiano del film 127 ore di Danny Boyle
Filmografia di Danny Boyle
20th Century Fox Italia