La mostra inaugurata alla fsmgallery di Firenze il 17 febbraio 2011, dopo l’esordio a Lisbona, offre un’occasione di riflessione sulla fotografia africana postcoloniale. Il progetto nasce dalla collaborazione tra il Dipartimento di Studi Africani della New York University, la New York University La Pietra Policy Dialogues e la Fondazione Studio Marangoni. Trentasei artisti provenienti da quattordici paesi (dal Marocco alla Nigeria, agli USA, all’India, al Portogallo) sono stati selezionati per riflettere sulla rappresentazione dell’identità contemporanea dell’Africa. L’interesse di Awam Amkpa, curatore della rassegna assieme a Madala Hilaire, è di raccontare tramite questa mostra “la storia della fotografia africana e la sua influenza sull’immaginario non africano dell’Africa, nonché la diaspora africana in tutte le sue diversità”. I fotografi africani sono infatti chiamati a immaginare, dal punto di vista della loro soggettività, come vedere se stessi e soprattutto come desiderano essere visti dagli altri. La questione nasce chiaramente in rapporto alla riappropriazione di una soggettività per la prima volta espressa dagli artisti africani nel momento in cui hanno scelto come posare per le loro stesse fotografie, in contrasto con il paradigma della rappresentazione oggettivizzata alla quale erano costretti dalla narrazione degli archetipi coloniali. Awam Amkpa dice chiaramente che le fotografie: “criticano le patologie dell’Africa post-coloniale e neocoloniale rappresentando le comunità del continente che si liberano da stati repressivi”.
I nuclei tematici nei quali viene articolata la mostra sono tre. L’esposizione si apre con un gruppo di fotografie di Meissa Gaye, Seydou Keita, Ricardo Rangel, Malick Sidibé, rappresentanti ritratti di africani in bianco e nero che pongono in causa un forte rapporto di corrispondenza identitaria tra fotografo e soggetto fotografato. Nelle opere di Angèle Etoundi Essamba, Nii Obadai, Cedric Nunn, il tema viene sviluppato in coinvolgenti primi piani e soprattutto attraverso una disanima dello spazio abitato dalle comunità africane nelle varie zone del continente. In particolare, l’artista marocchina Hassan Hajjaj espone la fotografia di un’odalisca che ricorda la disinibita posa di quella dipinta da Manet, dimostrando grande pregnanza nella rielaborazione in chiave ironica e dunque dissacratoria di un preciso immaginario occidentale. Il nigeriano George Osodi descrive invece con un linguaggio cromatico e compositivo di deciso impatto visivo la reale condizione di vita della popolazione in Nigeria, una zona sfruttata e devastata dalle compagnie petrolifere dei paesi più industrializzati.
Un secondo gruppo tematico riguarda i modelli di rappresentazione fotografica creati dal linguaggio coloniale. Si tratta di ritratti etnografici, che documentavano lo sguardo del mondo civilizzato sull’Africa, rappresentata nell’immaginario occidentale, in bilico tra sdegno e attrazione, come luogo dell’altro, del primitivo.
Il terzo nucleo di fotografie comprende la rappresentazione dell’immaginario attuale della società africana nella coscienza visiva di fotografi non africani – Marco Ambrosi, Patrizia Guerresi, Aldo Sodoma, Paulina Pimento, Alfredo Munoz Oliveira – che condividono solo in parte una relazione dialogica con gli artisti africani. Questi ultimi, attraverso le loro modalità di auto rappresentazione, hanno proposto nuovi modelli di riferimento per fotografare l’Africa. Le fotografie dell’italiano Daniele Tamagni, tra il reportage sociale e la moda, sono molto rappresentative del modo di vedere occidentale, che se da una parte è attento a osservare da vicino la terra africana, dall’altra preferisce cercare in quel continente ciò che risulta più tangente alla propria sensibilità. Non è casuale infatti la scelta da parte di Tamagni di ritrarre la comunità africana dei Sapeurs, dandy raffinati che, trasformando l’eleganza in arte, avrebbero indubbiamente riscosso l’ammirazione di Oscar Wilde.
Certo è che nella rappresentazione dell’Africa, nonostante l’evidente influenza globale della fotografia africana, persiste una differenza di sensibilità tra artisti africani e occidentali. Da una parte esiste l’interesse tutto africano per una rappresentazione descrittiva autentica e spesso politica della condizione reale del continente; dall’altra persiste in forme diverse una ricerca e un’attrazione tutta occidentale per l’altro, per l’esotico, tradotti in una chiave concettuale.
© CultFrame 02/2011
IMMAGINI
1 Angèle Etoundi Essamba, Attente 3, 2007, Cameroon.
2 Cedric Nunn, From the Then and Now Series.
3 Zak Ové, Attillah. Transfiguras Series, 2006, Trinidad, Courtesy of Carnival Community of Trinidad.
INFORMAZIONI
Africa: see you, see me / A cura della fsmgallery, Awam Amkpa, Madala Hilaire
Dal 17 febbraio 2011 al 22 aprile 2011
Fsmgallery / Via San Zanobi 19r, Firenze / Telefono: 055.280368
Orario: dal lunedì al sabato dalle 15 alle 19 o su appuntamento / Ingresso libero
LINK
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Fsmgallery, Firenze