L’autore ungherese Béla Tarr ha presentato The Turin Horse in concorso alla Berlinale 2011, meritandosi il Premio Speciale della Giuria, e dichiarando che si dovrebbe trattare della sua ultima pellicola. Quattro anni dopo L’uomo di Londra (2007), quando aveva scelto una storia di Georges Simenon e un’interprete d’eccezione come Tilda Swinton, il nuovo film del regista appare in effetti un’opera definitiva e quasi testamentaria, ancor più severa dei suoi precedenti lavori.
Il film nasce dall’interrogativo, che viene posto in apertura, su quale sia stato il destino del cavallo abbracciato da Nietszche nel giorno in cui il filosofo perse definitivamente il lume della ragione, alla fine del prolifico soggiorno torinese in cui scrisse Ecce Homo.
Un cavallo è infatti il protagonista della prima lunga scena dell’opera che in una trentina di piani sequenza mostra soprattutto sei giorni (gli ultimi?) della vita quotidiana di un maturo cocchiere e di sua figlia, e la miseria nella quale precipitano sempre più a fondo: il cavallo sembra essere il primo a capire che la fine è vicina, a rinunciare a muoversi, a rifiutare il cibo.
Il cinema-tempo che Tarr pratica, fieramente, da decenni, va contro ogni forma di narrazione (e di montaggio) manipolatoria e si affida a una messa in scena davvero impeccabile. Il crudo, ma a tratti visionario, realismo del bianco e nero di Fred Kelemen e il persistente intreccio di suoni (su tutti le folate del vento) e musica che accompagnano le immagini riescono ancora una volta a fare interrogare lo spettatore tanto sulla lingua del cinema quanto sulla decadenza di una civiltà inquadrata nei suoi più minimi dettagli.
Per Tarr, e in questo senso The Turin Horse è un film-manifesto, la vita è uno stato il cui eterno ritorno si muove però sempre verso un destino di morte. Non c’è speranza nel mondo, e tanto meno c’è da sperare nell’uomo, nato per soffrire, o in Dio, che nietzschianamente è morto da tempo. Ci sarà concesso sperare che questo non sia davvero l’ultimo capolavoro del regista?
© CultFrame 02/2011
TRAMA
Nell’incipit del film, una voce off su schermo nero riassume la vicenda da cui la pellicola prende il titolo: il 3 gennaio del 1889 Friedrich Nietszche risiedeva a Torino e uscendo dalla sua camera ammobiliata di via Carlo Alberto 6 rimase così scosso dalla crudeltà con cui un cocchiere frustava il suo cavallo da gettare le braccia al collo dell’animale e perdere da quel momento in modo definitivo l’uso della ragione. Cosa sarà successo a quel cavallo? Quale sarà stata la vita dei suoi padroni?
CREDITI
Titolo originale: A torinói ló – The Turin Horse / Regia: Béla Tarr, con la collaborazione di Agnes Hranitzky / Sceneggiatura: Béla Tarr, Laszlo Krasznahorkai / Interpreti: Volker Spengler, Janos Derzsi, Erika Bók, Mihály Kormos, Ricsi / Fotografia: Fred Kelemen / Montaggio: Agnes Hranitzky / Scenografia: Sandor Kallay / Musica: Mihaly Vig / Produzione: Gabor Teni, Marie-Pierre Macia, Juliette Lepoutre, Ruth Waldburger, Martin Hagemann / Distribuzione internazionale: Films Boutique / Ungheria, Francia, Svizzera, Germania, 2011 / Durata: 146 minuti