Non ci stancheremo mai di affermare che l’utilizzazione di contenuti di grande spessore umano e sociale non garantisce agli autori cinematografici di realizzare opere degne di nota. Ma diciamo di più. Non sempre trattare temi dal forte impatto civile permette di portare a termine lavori che siano di giovamento alle cause di cui si occupano. Infatti, c’è di mezzo il linguaggio. Non importa tanto cosa si dice, quanto piuttosto come si espone in un discorso espressivo un argomento.
Questo preambolo è necessario per spiegare con puntualità la nostra posizione in merito al film di Italo Spinelli intitolato Gangor.
L’autore ha voluto raccontare con sentita partecipazione emotiva una storia di sopraffazione e violenza sulle donne. Il tutto in India. Gangor, infatti, è la protagonista della vicenda: una giovane appartenente a una popolazione che vive in aree tribali, la quale finisce, suo malgrado, per divenire prostituta, dopo essere stata stuprata e picchiata selvaggiamente.
Come già detto, si comprendono gli intenti nobili di Italo Spinelli, eppure fin dalle prime sequenze si viene presi da un disagio facilmente giustificabile.
In primo luogo, concentriamoci sulla figura del co-protagonista: un fotoreporter indiano che con i suoi scatti mette nei guai la povera Gangor. Ebbene, per essere chiari, si tratta della rappresentazione ormai insopportabile dello stereotipo del fotografo stile Magnum: una specie di tarantolato dell’obiettivo fotografico che arriva in un luogo e in preda a una inutile isteria creativa inizia a fotografare qualsiasi cosa. Il nostro timore è che l’autore del film non abbia voluto dipingere un simile soggetto per stigmatizzare il suo comportamento quanto piuttosto per raccontare, in modo fin troppo emotivo, il lavoro di fotografi (che forse in qualche caso hanno dei residui di scrupolo) dall’atteggiamento rapace/colonialista, capaci di raffigurare sempre e comunque il disagio delle popolazioni povere senza porsi problemi di carattere etico.
In secodo luogo, non possiamo non evidenziare la superficialità del racconto, decisamente prevedibile e costruito a tavolino solo per esprimere una tesi (assolutamente condivisibile, certo) che lo spettatore però è in grado di riconoscere già fin dalla prima inquadratura.
Se lo scopo era quello di sollevare il problema della condizione femminile in alcune classi sociali dell’India non sarebbe stato meglio girare un documentario televisivo? Certamente, avrebbero potuto vederlo molte più persone rispetto al sonnacchioso e probabilmente scarso pubblico cinematografico che si avvicinerà a questa pellicola, visto che in Italia a fare grandi incassi sono solo (o quasi) film in stile Zalone.
© CultFrame 10/2010 – 03/2011
TRAMA
Upin è un noto fotorepoter indiano che si reca in un’area tribale del suo paese per documentare la condizione delle donne. Mentre svolge il suo lavoro entra in contatto con la bella Gangor. Decide di fotografarla e di pubblicare l’immagine sul giornale per il quale lavora. Sarà proprio questa fotografia, giudicata scandalosa, a mettere nei guai Gangor.
CREDITI
Titolo: Gangor / Regia: Italo Spinelli / Sceneggiatura: Italo Spinelli, Antonio Falduto / Fotografia: Marco Onorato / Montaggio: Jacopo Quadri / Scenografia: Gautam Basu / Musiche: Iqbal Darbar / Interpreti: Adil Hussain, Samrat Chakrabarti, Priyanka Bose / Produzione: Angelo Barbagallo, Vinod Kumar, Isabella Spinelli / Distribuzione: Istituto Luce / Paese: Italia, India / Anno: 2010 / Durata: 92 minuti
LINK
Filmografia di Italo Spinelli
Festival Internazionale del Film di Roma
Istituto Luce