Nella New York colpita dalla dura recessione degli anni ’70, negli spazi desolati di capannoni industriali e loft abbandonati, a sud di Houston Street, nel deserto economico e istituzionale, segnato da crimine, disoccupazione e calo dei servizi, un gruppo di giovani artisti decise di stabilirsi e lavorare nella Downtown e riempire quel vuoto, trasformarlo in un’opportunità creativa, giocando un ruolo importante nella comunità.
Nel gruppo di artisti multidisciplinari che diedero vita a questa avventura, si segnalano i lavori di Laurie Anderson, musicista e artista performativa, Trisha Brown, coreografa e danzatrice postmoderna, e Gordon Matta Clark, architetto non convenzionale e deconstruzionista.
A questo singolare terzetto, la Barbican Art Gallery dedica un’interessante mostra, curata da Lydia Yee e organizzata in quattro sezioni tematiche, con la documentazione, i video, i manufatti e le opere effimere al piano superiore, e le strutture interattive e le performance dal vivo, al piano sottostante.
Nella Downtown newyorkese, gli artisti concorrono a rafforzare l’idea di comunità e interagiscono con i residenti, mediante performances – famose quelle di Trisha Brown sui tetti e sugli edifici abbandonati della zona – ristrutturazioni di loft e l’istituzione di un ristorante autogestito, Food, per ovviare alla mancanza di spazi aggregativi e ricreativi. Nel frattempo, una giovanissima Laurie Anderson, si dedica alla celebre serie di esperimenti performativi, dal titolo Institutional Dream Series.
Dormire in luoghi pubblici per analizzare l’effetto che gli spazi hanno sui sogni, e documentare il tutto con foto e testi, di forte impatto evocativo. E questo è solo l’inizio di una parabola artistica in cui musica, interazione e performance divengono protagonisti. I disegni e gli schizzi dell’artista documentano, assieme alle foto, gli esperimenti successivi, il violino suonato in maniera concettuale, spesso scatola di sorprese ed espedienti, o le strutture più complesse, come The Handphone Table o The Electrical Chair. Anche Brown e Matta-Clark ricorrono al disegno per progettare coreografie o suggerire proposte. A volte influenzandosi vicendevolmente. Alcuni disegni, specialmente la serie di alberi tracciati da Matta-Clark rivelano potenzialità coreografiche che saranno poi tradotte in performance, con l’aiuto della stessa Brown.
Ci sono poi gli interventi urbani, a volte visionari e interattivi. Gordon Matta-Clark aveva studiato architettura, e anche trascorso un anno a Parigi, dove era entrato in contatto con i fermenti del ’68 e le teorie filosofiche del deconstruzionismo e del situazionismo. I suoi lavori più audaci sono sicuramente i “tagli d’edificio”, in cui l’artista si introduce illegalmente in case abbandonate del Bronx per sezionarle, dissezionarle, estrapolarne elementi come pavimenti di linoleum, tegole, carte da parati, mantenendone le strutture in bilico, creando delle fratture spaziali che il visitatore può attraversare.
Le discussioni teoriche sullo spazio, inteso come vuoto metaforico, avanzo, luogo da svlluppare, porteranno Matta-Clark, assieme a Brown, Anderson ed altri artisti, a formulare il concetto di “Anarchitettura” e dare vita ad una mostra anonima, composta principalmente da foto e disegni, ed ospitata a Greene Street, nel marzo del 1974. Le discussioni collettive si interruppero a seguito dell’esposizione, ma Matta-Clark proseguì nella ricerca e nello sviluppo dei temi formulati dal gruppo. Gli artisti vivevano e lavoravano in enormi loft, che si trasformavano via via in spazio performativo, sala prove, galleria d’arte, studio fotografico. Lavorare e vivere in comunità rendeva i confini tra diverse discipline artistiche molto fluidi.
La performance viene intesa dunque in modo diverso. Matta-Clark la applica a scultura ed architettura. La mostra al Barbican ripropone al piano inferiore Open House, un container trasformato in surreale spazio abitativo e palcoscenico, mediante l’intersezione di pareti e porte, in cui il visitatore è libero di entrare ed esplorare. Laurie Anderson inizialmente si esibisce in strada, per poi trasferirsi nelle gallerie d’arte. La sua attenzione si focalizza sul suono e sulla costruzione di strumenti musicali e scultorei, che obbligano lo spettatore ad un’intervento tattile e partecipativo. Trisha Brown utilizza invece muri, funi, reti e altri materiali per delle performances di tipo ‘aereo’, in cui i ballerini sono costretti a mantenere un precario equilibrio, staccandosi dal pavimento, e in cui la percezione del pubblico slitta dalla superficie ai corpi, nel mutare di scale ed illusioni.
Le performance della Brown, Planes, Floor of the Forest e Walking on the Wall, sono riproposte al pubblico londinese, ogni giorno, assieme ad un fitto corollario di eventi e conferenze.
© CultFrame 05/2011
IMMAGINI
1 Gordon Matta-Clark. Splitting 9, 1977. Gelatin silver print. Courtesy Museu d’Art Contemporani de Barcelona Collection. Fundacio Museu d’art Contemporani de Barcelona. Long-term loan of Harold Berg. © 2011 Estate of Gordon Matta-Clark / Artists Rights Society (ARS), New York, DACS London
2 Laurie Anderson. Coney Island, 14 January 1973, 4-6pm from Institutional Dream series, 1972-73. Black-and-white photograph. Photograph: Geraldine Pontius. Courtesy the artist and Sean Kelly Gallery, New York. © Laurie Anderson
3 Trisha Brown. Roof Piece, 1973. Gelatin silver print. Courtesy Broadway 1602, New York. © Babette Mangolte
INFORMAZIONI
Laurie Anderson, Trisha Brown, Gordon Matta-Clark: Pioneers of the Downtown Scene, New York 1970s / A cura di Lydia Yee
Dal 3 marzo al 22 maggio 2011
Barbican Art Gallery / Barbican Centre / Silk Street / Telefono: +44 (0) 207638 8891
Orario: 11.00 – 20.00 / mercoledì 11.00 – 18.00
Biglietto: £10.00