Gli elementi significativi che caratterizzano A Dangerous Method, opera più recente di David Cronenberg appartengono a tre ordini di categoria: lo stile registico, la drammaturgia e le motivazioni profonde che hanno spinto l’autore a realizzarlo.
Gli aspetti visivi del film appaiono graniticamente chiari, nitidi, di raro equilibrio. Non esiste in questo lungometraggio una sola inquadratura inutile e compiaciuta. Anche quando sembra che Cronenberg stia debordando nel territorio della sterile estetizzazione e del formalismo si avverte l’esigenza del regista di costruire un’architettura visuale funzionale all’espressione della dimensione psicologica e drammaturgica dei personaggi e del racconto. E tale impostazione è possibile solo se dietro la macchina da presa è posto un cineasta in grado di articolare il linguaggio cinematografico con la misura e la razionalità necessaria, potremmo dire anche con eleganza e acutezza intellettuale.
La stessa misura è riscontrabile nella struttura del racconto e nei dialoghi. In questo caso, il merito va allo sceneggiatore e autore teatrale Christopher Hampton che aveva elaborato il copione già da diversi anni. Lo sguardo severo e algido di David Cronenberg e l’ossessione di Hampton di evitare ogni tipo di eccesso nella sostanza delle scene e nei dialoghi sono i fattori che hanno consentito a A Dangerous Method di divenire un’opera che potrebbe segnare una svolta nel rapporto tra cinema e psicoanalisi, sempre (purtroppo) a rischio. Il ridicolo, il grottesco e il ridondante sono, infatti, costantemente dietro l’angolo e hanno prodotto in passato molti danni.
Questo lavoro possiede qualcosa di più, un aspetto che lo salva da un possibile disastro: la forza espressiva, gelida e lucida, di un cineasta come David Cronenberg, che mai si era inoltrato così tanto non solo nella materia che forse maggiormente lo affascina ma anche in quel meccanismo di pensiero e di analisi della storia del XX secolo su cui evidentemente sentiva il bisogno di riflettere in chiave creativa e in prima persona. Un po’ come L’uomo che non c’era e A Serious Man per Joel e Ethan Coen, A Dangerous Method sembra essere il film della vita di David Cronenberg. Magari per qualcuno non il suo migliore (anche se per noi è così), ma certamente il suo più profondo, sentito, sconvolgente, intimo.
Il groviglio relazionale tra Gustav Jung, Sigmund Freud e Sabina Spilrein è organizzato attraverso procedimenti raffinati di connessione emotiva. Le implicazioni intellettuali sono fuse a quelle erotiche, l’amicizia al sentimento, la fisicità alla speculazione mentale.
Cronenberg, grazie anche al prezioso apporto di Hampton, ha reso questi personaggi “storici” più umani e veri di quanto abbiano fatto innumerevoli cronache storicistiche, biografie letterarie e altri, imbarazzanti, lungometraggi. Il regista canadese ha lavorato sulle umane fragilità, sulle sofferenze individuali, sulle tragedie personali più o meno mascherate. Ma non si è limitato a costruire dei personaggi, li ha contestualizzati all’interno di una processo storico-sociale che annunciava l’arrivo in Europa dell’orrore e dell’indicibile: il bagno di sangue della Prima Guerra Mondiale e in seguito l’immane tragedia della Shoah e dello sterminio del popolo ebraico.
Probabilmente David Croneberg non lo dirà mai, ma appare evidente come in questa sua opera venga fuori qualcosa di interiore che riguarda i suoi personali sentimenti legati all’appartenenza e al drammatico destino del popolo ebraico. La figura di Freud sembra il cardine di questo processo personale, quella di Jung la finestra aperta verso l’immaginazione, la libertà, ma anche verso l’angoscia della morte, mentre Sabina Spilrein rappresenta l’impulso alla conoscenza (fuori dagli schemi), alla verità e alla ribellione.
Per questi motivi, A Dangerous Method può essere considerato il film più personale, sofferto e autentico di David Cronenberg, regista che, comunque, di opera in opera continua a riservarci delle sorprese, sintomo di vitalità intellettuale e di freschezza creativa come raramente è possibile riscontrare nella cinematografia contemporanea.
Una doverosa citazione nei riguardi dei tre interpreti: Michael Fassbender (Jung), misurato ed efficace, Viggo Mortensen (Freud), maturo, raffinato e ricco di sfumature interpretative, Keira Knightley (Spilrein), attrice chiamata da David Cronenberg alla sua prova più difficile e commovente.
© CultFrame 09/2011
TRAMA
Gustav Jung è un giovane medico affascinato dalle nuove teorie di Sigmund Freud. Nella clinica in cui lavora un giorno è costretto ad affrontare un caso molto difficile, quello di Sabine Spilrein, una giovane donna devastata psichicamente da un terribile rapporto con la figura paterna. Tra i due si stabilirà un rapporto prima professionale, poi sentimentale. Allo stesso tempo Jung inizia a relazionarsi con Freud, verso il quale ha una profonda ammirazione, al punto di considerare il medico viennese come una sorta di secondo padre. Tra i tre i rapporti si faranno sempre più complessi e difficili fino a quando ognuno prenderà la sua strada.
CREDITI
Titolo: A Dangerous Method / Regia: David Cronenberg / Sceneggiatura: Christopher Hampton, tratto dal testo teatrale The Talking Cure di Christopher Hampton, ispirato al libro A Most Dangerous Method di John Kerr / Fotografia: Peter Suschitzky / Montaggio: Roald Sanders / Scenografie: James McAteer / Musica: Howard Shore / Interpreti: Keira Knightley, Viggo Mortensen, Michael Fassbender, Vincent Cassel / Produzione: Record Picture Company / Distribuzione: BIM / Paese: USA, 2011 / 99 minuti
LINK
CULTFRAME. A Dangerous Method. Intervista al regista David Cronenberg
CULTFRAME. La promessa dell’assassino. Un film di David Cronenberg
CULTFRAME. A History of Violence. Un film di David Cronenberg
CULTFRAME. Il demone sotto la pelle. Il film di David Cronenberg in Dvd
Sito ufficiale del film A Dangerous Method di David Cronenberg
Filmografia di David Cronenberg
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia