People Mountain People Sea. Un film di Cai Shangjun. Leone d’Argento per la migliore regia alla 68a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

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Un omicidio efferato e assurdo. Un senso insopprimbile di vendetta. Un viaggio nello straniamento. People Mountain People Sea (Ren shan ren hai) è un’opera che si evolve lungo una linea narrativa che sembra dover portare a una risoluzione chiara ma che invece trasforma il racconto in un labirinto ossessionante e senza uscita.
Il personaggio centrale desidera con tutte le sue forze prendere con le sue mani il vile assassino del fratello minore. Compie, così, una sorta di tragitto nell’alienazione e nella solitudine durante il quale vivrà vicissitudini deliranti. Anche il protagonista non è proprio uno stinco di santo, anzi si muove nel suo ambiente con una determinazione quasi animalesca e a volte usando la violenza. Ma tale comportamento è perfettamente in armonia con ciò che avviene intorno a lui.
La Cina contemporanea appare un gigantesco, informe e paradossale palcoscenico che ospita accadimenti di raro squallore, fino a che un evento inaspettato arriverà sorprendentemente a chiudere il cerchio, forse.

Cai Shangjun elabora un’architettura narrativa densa di angoscia esistenziale e caratterizzata da una vena di insidiosa follia. Ogni evento, anche il più feroce, si svolge in un contesto di freddezza totale, in una realtà che potremmo definire “lunare”, senza emozioni. Il valore della vita è totalmente inesistente, la sopraffazione usata comunemente, la povertà assoluta, l’assenza dei diritti civili la norma.
Questo viaggio nel disagio e nella realtà contorta di una Cina “senza tetto né legge” (in cui sembra resistere, a volte, il concetto di schiavitù nell’ambito del lavoro) è orchestrata dal regista puntando tutto sugli aspetti visuali e formali. Per quel che riguarda la struttura del racconto i problemi sono innumerevoli così come i fatti esposti rimangono quasi sempre poco chiari, indecifrabili.

Ma ritorniamo agli aspetti espressivi. Cai Shangjun possiede con tutta evidenza una vasta cultura visuale che va dalla fotografia, alla videoarte, fino a tutto il cinema cinese e orientale. Lo sguardo da “reportage”, che emerge nella lunga scena della ricerca dell’omicida del fratello, è girata in una mostruosa baraccopoli.  Tale lungo e tortuoso brano filmico fornisce all’opera un senso di realismo attuale (fin troppo), mentre quando il dispositivo ottico è puntato verso il paesaggio, sia naturalistico che urbano, si avverte il contatto (non sappiamo quanto consapevole) con la fotografia contemporanea di questa prima parte di terzo millennio.
Il senso profondo di People Mountain People Sea è rintracciabile, dunque, esclusivamente nel suo tessuto visivo, nella complessità delle sfumature cromatiche, nell’uso della luce e delle oscurità, nella modernità della raffigurazione del mondo e nell’algida relazione tra sfera registica e parte drammaturgica.
Sullo sfondo si percepisce un pessimismo cosmico: la solitudine degli esseri umani è infatti spaventosa. La Cina si configura, così, come uno sterminato contenitore di tragica alienazione.

© CultFrame 09/2011


TRAMA

Lao Tie vive un’esistenza non proprio bella. E’ pieno di debiti e il suo fratello minore viene vigliaccamente ucciso da un pregiudicato di un villaggio vicino. L’assassino fugge per non farsi arrestare nel disinteresse della Polizia. Lao Tie decide così di farsi vendetta da solo. Cercherà di rintracciare il delinquente in questione ma alla fine il suo viaggio assumerà delle connotazioni deliranti.

CREDITI
Titolo: People Mountain People Sea / Titolo originale: Ren Shan Ren Hai / Regia: Cai Shangjun / Sceneggiatura: Gu Xiaobai, Cai Shangjun, Gu Zheng / Fotografia: Dong Jinsong / Montaggio: Yang Hongyu / Scenografia: Jia Lisha / Musica: Dong Wei, Zhou Jiaojiao / Interpreti: Chen Jianbin, Tao Hong, Wu Xiubo, Li Hucheng, Zhang Xin, Wang Xu, Bao Zhenjiang, Hou Xiang, Tian Xinyu / Produzione: Li Xudong / Paese: Cina, 2011 / Durata: 90 minuti

LINK
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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