Warriors of the Rainbow: Seediq Bale. Un film Wei Te-Sheng. 68a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Concorso

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

wei_te_sheng-warriors_rainbowNon c’è alcun dubbio che tra eserciti colonialisti e popoli autoctoni, ogni persona sensibile alla questione dei diritti civili scelga di schierarsi con i secondi, così come è ovvio che gli invasori  compiono sempre un’azione spregevole che nuoce profondamente al sistema esistenziale di popolazioni che giustamente non hanno alcuna intenzione di essere dominate. La violenza finsce per generare violenza, per innescare conflitti che non possono che concludersi in un bagno di sangue. E tali eventi fanno scaturire odio per generazioni e generazioni, fino a quando la memoria farà il suo corso.

Il cineasta taiwanese Wei Te-Sheng ha provato a raccontare con Warriors of the Rainbow: Seediq Bale proprio una storia di questo tipo. I cattivissimi e orrendi (umanamente) giapponesi prendono possesso di Taiwan dopo un trattato politico del 1895 e provano ingenuamente a dominare gli isolani aborigeni, pensando semplicemente di essere superiori e quindi di poterli schiacciare con estrema facilità.  Ma la realtà sarà ben più complessa e la forza d’animo, l’orgoglio e l’attaccamento alle tradizioni dei Seediq Bale diventeranno fattori indistruttibili.

Warriors of the Rainbow: Seediq Bale è tutto qui. Niente di più. Si tratta di un’opera di assoluta prevedibilità che si basa esclusivamente sullo schema della contrapposizione tra “buoni” e “malvagi”, tra idealizzazione della “civilità ancestrale” e disprezzo per la presunta “cultura della modernità e della ricchezza”.
Il problema è che il film ha la durata di centocinquanta minuti e che tutta la parabola narrativa è caratterizzata da feroci combattimenti, scene d’azione nella giungla, sparatorie e sgozzamenti. Nell’arco di due ore e mezza, lo spettatore viene inutilmente sopraffatto da schizzi di sangue e teste che volano, suicidi di massa, massacri con bombe al gas.

Per portare alla luce la tragica vicenda dei Seediq Bale non c’era certo il bisogno di sottoporre il fuitore a cento cinquanta minuti di carneficina insensata. Il regista ha pensato di percorrere la strada più banale e tragicamente spettacolare. Tra una riflessione alta sulla vergognosa “banalità del male” e sul colonialismo e una “macelleria filmica”, certamente è più semplice (e forse più vantaggioso al livello di riscontri economici) costruire un gigantesco baraccone sanguinolento piuttosto che tediare gli spettatori con un ragionamento filsofico sullo sfruttamento e la sopraffazione dell’uomo sull’uomo.

La regia è prevedibile. Mai un guizzo, un’invenzione, un tratto visuale anticonvenzionale. Solo corse spericolate nella natura rigogliosa, urla, corpi sventrati, cannonate, giugulari recise, agguati, massacri, vendette e omicidi efferati. Gli inserti digitali, poi, sono decisamente poco significativi. Addirittura, non proprio eccelsi sotto il profilo tecnico.
Alla fine, la retorica della salvaguardia dell’armonia dei popoli che vivono in sintonia con la natura (e che sono fortemente legati alle loro regole ancestrali) diviene così enfatica e ingombrante che i motivi pregevoli che hanno portato alla realizzazione di quest’opera finiscono per perdere la loro indubitabile forza.

Quella di Wei Te-Sheng è senza dubbio un’occasione persa. Il suo lavoro probabilmente non verrà ricordato perché ha fatto riemergere dall’abisso della Storia il drammatico destino dei Seediq Bale ma solo a causa di scontate scene di battaglia e degli spettacolari trucchi usati dagli aborigeni per uccidere i soldati giapponesi.
Insomma, il cinema non sempre fa un buon servizio alle vicende storiche e alle disgrazie dei popoli. Ma questo è un altro discorso.

@ CultFrame 08/2011


TRAMA

1895. Dopo il trattao di Shimonoseki, il Giappone prende possesso di Taiwan. Dopo brevi combattimenti, i giapponesi attuano il loro dominio su tutto il territorio, a parte una zona montuosa abitata dal fiero popolo dei Seediq Bale che dono alcuni anni di sottomissione decidere di liberarsi dagli invasori. Guidati da leader Mouna Rudo, gli aborigeni metteranno in seria difficoltà l’esercito giapponese, non abituato a combattere nella giungla e a percorrere impervi sentieri. Alla fine tutto si concluderà con uno spaventoso bagno di sangue.


CREDITI

Titolo: Warriors of the Rainbow: Seediq Bale / Regia: Wei Te-Sheng / Sceneggiatura: Wei Te-Sheng / Fotografia: Chin Ting-Chang / Montaggio: Po-Wen, Chen, Milk Su / Musica: Ricky Ho / Interpreti: Ching-Tai Lin, Umin Boya, Masanobu Ando, Landy Wen, yakau Kuhon, Shih-Chia Lee, Bokeh Kosang / Produzione: ARS Film Production,  Central Motion Picture Corporation / Paese: Taiwan, 2011 / Durata: 150 minuti

LINK
Filmografia di Wei Te-Sheng
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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