Quale differenza passa tra un film ispirato alle atmosfere espressive di un autore e un altro che si limita a riproporre stilemi e contenuti di altre opere in maniera scientifica e programmatica? Cosa mette su livelli differenti la citazione cinematografica “alta” e la clonazione di elementi formali e contenutistici?
Per riuscire a darsi le risposte a queste domande basta vedere e analizzare con attenzione il film di Jaffe Zinn: Magic Valley.
Fin dalla prima inquadratura si avverte la sensazione netta, e un po’ spiacevole specie per chi fa critica, del già visto, del già detto, del già fatto. Le prime impressioni si rafforzano poi in maniera imbarazzante man mano che la vicenda si evolve. In conclusione, lo spettatore (critico) non riesce più a capire se abbia assistito alla proiezione di un film di Jaffe Zinn oppure a un pregevole esercizio di stile basato su una replica fredda e meccanica delle poetiche visuali (e non) di alcuni registi molto conosciuti.
Cerchiamo di elencare tutti questi ingombranti fattori. Non possiamo evitare di deviare il nostro pensiero, dopo aver visto Magic Valley, verso Twin Peaks di David Lynch (la ragazza di provincia uccisa e abbandonata nei campi), così come è imbarazzante (per chi è costretto a farlo dal punto di vista analitico) l’inevitabile parallelo tra questo lungometraggio di Zinn e Elephant e Paranoid Park di Gus Van Sant. Questi ultimi due riferimenti sono poi così macroscopici (le continue inquadrature da dietro di uno dei protagonisti, gli ambienti giovanili e l’uso dello skateboard) che si ha l’impressione di essere passati dalla citazione alla clonazione. Potremmo ancora tirar fuori i nomi di Joel e Ethan Coen, di Robert Altman, finanche di Quentin Tarantino. E potremmo continuare a lungo.
Ebbene, la questione non è di poco conto. Il problema fondamentale è capire che la creatività cinematografica non consiste solo nel saper girare, montare, dirigere gli attori correttamente. È necessario trovare un proprio stile e una poetica autonoma per poter affermare di fare del cinema, e ancora di più del cinema d’autore. Per riuscire a passare dall’esercizio stilistico/scolastico alla confezione di un film personale c’è un lunghissimo e complesso percorso da effettuare. E fare del citazionismo il solo elemento cardine di un lungometraggio è una scelta sbagliata e controproducente. In tal senso, appare doveroso affermare come i danni maggiori negli ultimi anni li abbia provocati il cinema di Quentin Tarantino, autore di notevole intelligenza commerciale e sapienza comunicativa ma molto meno talentuoso di quanto si sia portati a credere.
Magic Valley è, dunque, un lungometraggio che da un punto di vista strettamente professionale non è attaccabile. È infatti correttamente girato, fotografato, montato, ma a ben guardare è un lavoro di pura superficie, una splendida e puntuale esercitazione che esaurisce il suo senso nella sua stessa prevedibilità.
© CultFrame 10/2011
TRAMA
La cittadina di Buhl è attorniata dalla campagna, da coltivazioni e allevamenti salmoni. Un giorno la placida vita del villaggio viene inquinata da ritrovamento del cadavere di una ragazza minorenne, la nipote dello sceriffo. A scoprire il corpo della ragazza sono due bambini molto piccoli, i quali inizialmene non si rendono conto della gravità della situazione
CREDITI
Titolo: Magic Valley / Sceneggiatura: Jaffe Zinn / Fotografia: Sean Kirby / Montaggio: Jaffe Zinn / Scenografia: Elizabeth J. Jones / Musica: Steve Damstra – Mads Heldtberg / Interpreti: Scott Glenn Kyle Gallner Alison Elliott Matthew Gray Gubler Brad William Henke Will Estes / Produzione: Besito Films; Appaloosa Pictures / Paese: USA, 2011 / Durata: 80 minuti
LINK
Filmografia di Jaffe Zinn
Festival Internazionale del Film di Roma