Melancholia. Un film di Lars von Trier

SCRITTO DA
Eleonora Saracino

Controverso e dibattuto, il cinema di Lars von Trier è in grado di suscitare grandi entusiasmi e feroci critiche. Genio o bluff? Autore ispirato o artista impostore? I pareri si dividono nettamente e stimolare tanto fervore nella disputa è, certamente, un pregio. Occorre stabilire, però, se alla base della discussione ci siano solo le plateali esternazioni del regista danese o se, realmente e concretamente, si riesca ad andare oltre le sterili polemiche per addentrarsi in un più stimolante dibattito artistico.
Non sembra facile orientarsi nel tortuoso percorso di questo regista poiché, per sua stessa volontà, la dicotomia tra persona e personaggio pare, praticamente, annullarsi. I suoi film fungono da propri, personali specchi ed ecco che gli umori e le depressioni diventano materia di racconto e di immagine. Melancholia riflette, stavolta, il suo sentimento apocalittico, la sua visione di un mondo e, soprattutto, di un’umanità che esplode. Il pianeta che si avvicina, gigantesco e inesorabile, è il mondo del malessere. Attraversato dalle perturbazioni dell’animo, esso entra in rotta di collisione con noi, ovvero con la nostra natura fallace e, proprio, per questo insalvabile. Le due sorelle, Justine e Claire, sembrano conciliare gli opposti della resa e della forza. Se la prima, incline ad un malinconico abbandono tenta, seppur blandamente, di contrastare la fine concedendosi alla “normalità” del rituale matrimoniale, la seconda, aggrappata alla vita con rabbiosa volontà, non vuole rassegnarsi ad un epilogo ormai prossimo.

La fine del mondo, intesa come vero e proprio incenerimento dell’essere, non è altro che l’ineluttabilità di quel destino che, fatalisti e non, ci segna dalle origini ed è qui, nell’indagare la disperazione profonda dell’uomo, che dovrebbe concentrarsi la disforia di von Trier. E’ il buio della depressione che si converte in luce dell’arte o è, ancora una volta, un “semplice” desiderio di protagonismo? Il cinema del regista di Copenaghen è costantemente attraversato dal dubbio che esso sia fondato su un’autentica, per quanto non universalmente condivisibile, azione disturbante della settima arte oppure si trasformi ogni volta, attraverso storie e immagini diverse, in un ennesimo sberleffo nei confronti di chi guarda.
Lars von Trier  sa, forse, interpretare meglio (e, ammettiamolo, più furbescamente) di ogni altro il cinema nella sua accezione di mera “finzione”. La possibilità di creare un mondo dove tutto è possibile e dove, nietzscheanamente, al di là del bene e le male si può parlare di diperazione e di depressione, di handicap e di religione… Ma è proprio tale “finzione” a costituirne il limite, a rendere fin troppo evidente il confine tra la sincerità e l’artificio. L’ouverture di Melancholia ne è il manifesto perfetto: un susseguirsi di immagini, pittoricamente iperrealiste, che raccontano la fine nell’inizio sul tema wagneriano di Tristano e Isotta.Quello che doveva essere il suo film più “romantico e gradevole” – come egli stesso ha dichiarato – rivela ben presto la mancanza di due elementi fondamentali della sincera espressione artistica: la grazia (laicamente intesa come fonte d’ispirazione) e l’umiltà. La camera a mano, che sta addosso ai protagonisti, e il suo uso ridondante creano soltanto l’illusione di quel reale, sul quale ama indugiare nel suo aspetto più nausebondo e urticante, mentre i dialoghi, talvolta feroci, tra le due sorelle sembrano sottolineare un’asprezza d’animo che qui si fa, inquietantemente, disprezzo.

Se Kirsten Dunst (per questo film premiata al Festival di Cannes come Migliore Attrice) si abbandona al regista-demiurgo che sembra plasmarla sulla propria, dichiarata, materia depressiva, Charlotte Gainsbourg, proprio come il personaggio che interpreta, sembra opporvisi in ogni modo, rendendo la sua Claire più umana, vulnerabile e, disperatamente, vera. Un soffio di credibilità su un’opera visibilmente (e visivamente) artificiosa che von Trier, abile ingannatore, saprà ammantare di estro e di “vocazione” per chi vorrà credervi. In ogni illusione non c’è condanna, né assoluzione ma in ogni poetica ci sono idee, pensiero, illuminazione e, soprattutto, l’umiltà del donarsi. Come scriveva Sartre, “affinché l’avvenimento più comune divenga un’avventura è necessario e sufficiente che ci si metta a raccontarlo. E’ questo che trae in inganno la gente”. Anche se non sempre…

© CultFrame 10/2011

 

TRAMA
Justine sposa Michael nella lussuosa residenza di sua sorella Claire. Proprio in quei giorni il gigantesco pianeta Melacholia si sta avvicinando alla Terra e sta per schiantarvisi contro. Mentre Justine cerca rifugio nella certezza del matrimonio per sfuggire al terrore della fine, Claire non si rassegna all’ineluttabilità della morte…


CREDITI

Titolo: Melancholia / Titolo originale: Id. / Regia: Lars von Trier / Sceneggiatura: Lars von Trier / Fotografia: Manuel Alberto Claro / Montaggio: Morten Højbjerg, Molly Marlene Stensgaard / Interpreti: Kirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland, Alexander Skarsgård, Stellan Skarsgård, Charlotte Rampling, John Hurt,Udo Kier / Produzione: Zentropa / Distribuzione: Bim / Paese: Danimarca 2011 / Durata: 130 minuti

LINK
CULTFRAME. Antichrist. Un film di Lars von Trier
CULTFRAME. Il grande capo. Un film di Lars von Trier
CULTFRAME. Dogville. Un film di Lars von Trier
Sito ufficiale del film Melancholia di Lars von Trier
Filmografia di Lars von Trier
BIM

 

 

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Eleonora Saracino

Eleonora Saracino, giornalista, critico cinematografico e membro del Sindacato Critici Cinematografici Italiani (SNCCI), si è laureata in Storia e Critica del cinema con una tesi sul rapporto Letteratura & Cinema. Ha collaborato con Cinema.it e, attualmente, fa parte della redazione di CulfFrame Arti Visive e di CineCriticaWeb. Ha lavorato nell’industria cinematografica presso la Columbia Tri Star Pictures ed è stata caporedattore del mensile Matrix e della rivista Vox Roma. Autrice di saggi sul linguaggio cinematografico ha pubblicato, insieme a Daniel Montigiani, il libro “American Horror Story. Mitologia moderna dell'immaginario deforme” (Viola Editrice).

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