Fare cinema non significa solo avere delle idee, più o meno significative ed efficaci. E non significa solo mettere una dietro l’altra queste idee come se fosse possibile collocarle in sequenza solo perché le ha generate lo stesso cervello. Dal punto di vista visuale, poi, realizzare un film, che abbia una sua armonia interna, non è cosa di poco conto. Insomma, riuscire a portare a termine un’opera filmica totalmente compiuta è un lavoro complesso che, a volte, non riesce neanche a registi maturi e a sceneggiatori, direttori della fotografia, scenografi e montatori ultra sperimentati. La questione è riuscire a trovare quel mix perfetto di autorialità, professionalità, abilità tecnica, tensione stilistica e narrativa in grado di sostenere un’architettura espressiva stabile (e possibilmente non prevedibile).
Ebbene, l’impressione che abbiamo avuto durante la proiezione de La Kryptonite nella borsa di Ivan Cotroneo è stata quella di assistere allo svolgimento di un flusso di idee non sempre perfettamente connesse tra loro. Il problema è che tutta questa operazione filmica sembra incentrata sul collegamento di episodi paradossali, spesso non esattamente contestualizzati nell’economia della vicenda (e ci riferiamo ad esempio ad alcuni brani in cui l’uso della musica prevale palesemente sul fluire logico del racconto). A ciò si aggiunge una tendenza visiva a calcare troppo la mano sul presunto kitsch (nell’abbigliamento, ad esempio) degli anni settanta senza per altro fornire alla storia una connotazione ambientale precisa (a parte Napoli), anche per quel che riguarda il periodo storico-politico (relativo ai primi anni settanta). L’accenno (troppo semplicistico) al femminismo si riduce, infatti, solo a una “macchietta” fine a se stessa che non giova al film. Certamente, l’intenzione non era quella di confezionare un lavoro dal sapore realistico, ma anche nella dilatazione espressiva bisogna saper individuare i punti di equilibrio che possano consentire a un’opera di reggersi sulle proprie gambe.
Detto ciò, appare doveroso affermare anche che La Kryptonite nella borsa è un lungometraggio che segna il passaggio (sempre delicato e insidioso) dietro la macchina da presa di uno sceneggiatore come Ivan Cotroneo che ha già lavorato con autori come Ferzan Ozpetek e Luca Guadagnino. Ebbene, questo lavoro sulla scrittura cinematografica ha rappresentato certamente un periodo importante per la vita artistica di Cotroneo, ma ciò non lo ha messo purtroppo al riparo dai pericoli che si corrono quando si fa il salto dalla parola scritta alla costruzione dell’immagine filmica.
Diciamo ciò, perché nonostante le problematiche che abbiamo fin qui evidenziato, Cotroneo sembra possedere tutti gli strumenti giusti per poter portare a termine regie di discreto livello (se non addirittura ottime). Occorre, in tal senso, cercare la via dell’autonomia estetica e della misura espressiva, fattori questi che realmente possono rendere un cineasta un autore.
© CultFrame 11/2011
TRAMA
Peppino è un bambino di nove anni. Vive a Napoli con i genitori e la famiglia della madre. Il ragazzino ha una grande fantasia e quando un suo cugino un po’ problematico (che crede di essere superman) muore in un incidente continua ad avere con il defunto un rapporto immaginario molto intenso. Nel frattempo, la sua famiglia vive una crisi profonda. La madre, infatti, entra in depressione a causa dei tradimenti del marito. Non rimane per la mamma di Peppino altro da fare se non rivolgersi a uno psicologo.
CREDITI
Titolo: La kriptonite nella borsa / Regia: Ivan Cotroneo / Sceneggiatura: Ivan Cotroneo, Monica Rametta, Ludovica Rampoldi / Fotografia: Luca Bigazzi / Montaggio: giogiò Franchini / Scenografia: Lino Fiorito / Musiche: Pasquale Catalano / Interpreti: Valeria Golino, Luca Zingaretti, Cristiana Capotondi, Libero De Rienzo, Luigi Cattani / Produzione: Indigo Film, Rai Cinema / Distribuzione: Lucky Red / Paese: Italia / anno: 2011 / Durata: 98 minuti
LINK
Filmografia di Ivan Cotroneo
Festival Internazionale del Film di Roma
Lucky Red