Nella collana Philosophie et cinéma dell’editore parigino Vrin, è da poco uscito un volumetto che potrebbe sembrare insolito perché fa il punto su un genere che, salvo alcune eccezioni, è spesso trascurato dalla critica colta, i teen movies. Si tratta di uno studio rigoroso in cui le due autrici, che lavorano presso l’Institut de recherche en cinéma et audiovisuel, si addentrano in un territorio “illegittimo e multiforme” della produzione cinematrografica ricostruendone criticamente la storia e i caratteri complessi.
Esperte di cinema americano contemporaneo, Adrienne Boutang e Célia Sauvage si concentrano maggiormente sulle produzioni USA rintracciando le origini dei teen movies nel fenomeno commerciale della teensploitation degli anni ’50 e ’60, pellicole concepite per attrarre un pubblico di adolescenti e per lo più destinate a proiezioni nei drive in. Si trattava di film ambientati in un universo di giovani distinto rispetto alla società adulta e alle sue regole, uno schema che case di produzione e distribuzione come la AIP (American International Pictures) riproponevano attraverso una pletora di sottogeneri: juvenile delinquent flicks, rock’n roll flicks con Elvis protagonista assoluto, motorcycle gang films, carsploitation, teen horror flicks, beach party films. Benché si trattasse tendenzialmente di pellicole non memorabili, alcune di esse sono entrate di diritto nella storia del cinema: basti pensare a Il seme della violenza (1955) o Gioventù bruciata (1955), che hanno consacrato l’immagine archetipica del giovane ribelle.
Il genere teen si è poi consolidato negli anni ’70-’80 attraverso pellicole come American Graffiti (1973), Carrie, lo sguardo di Satana (1976), Halloween (1978), Animal House (1978) che hanno fornito una prima matrice ai principali filoni teen ovvero gli horror, con la loro variante slasher cioè il film di mostri o vampiri, e le commedie romantiche o a sfondo sessuale (teen sex comedies). Per definire univocamente una categoria tanto eterogenea, Boutang e Sauvage rilevano alcuni elementi ricorrenti:
1) i luoghi di ambientazione: i giovani protagonisti vivono per lo più in quartieri residenziali e periferici, la scuola è piuttosto un luogo consacrato alla socialità che all’apprendimento e la cameretta è l’ambito in cui si sviluppa l’individualità e la sfera intima;
2) i caratteri e le tipologie di personaggi: il ribelle, la reginetta, il nerd, l’atleta (detto jock) etc.;
3) l’assenza o la poca importanza delle figure parentali e adulte in generale, cosa che vale soprattutto per i film statunitensi e molto meno per gli europei;
4) la ribellione sociale che si esprime attraverso comportamenti violenti, criminali, devianti, trasgressivi in generale e infine
5) lo stretto legame tra il racconto di formazione e la rappresentazione della sessualità.
Come dimostra questo saggio, la sessualità è uno se non il tema esplicitamente o implicitamente dominante di questo filone cinematografico. Le autrici sottolineano che al di là delle differenze tra drammi e commedie e tra film d’autore e film commerciali, i teen movies si caratterizzano trasversalmente per la volontà di elaborare una rappresentazione quanto più autentica e “interna” possibile dei rapporti tra adolescenti. Quest’aspirazione si trova però a fare i conti con l’onnipresenza dello sguardo adulto e retrospettivo del regista con esiti che variano dalla sublimazione confettosa e romanticizzante delle commedie di John Hugues (Breakfast club, Sixteen candles, Bella in rosa), all’ipersessualizzazione operata senza filtri da Larry Clark (Kids, Bully, Ken Park), passando per la morale conservatrice che si cela dietro la maggior parte degli horror e delle commedie sexy per teenagers.
Il volume è un invito a tener presente che la sessualità e le identità di genere offerte al pubblico adolescente attraverso questi film non sono dei riflessi puramente descrittivi della realtà bensì delle vere e proprie costruzioni che tendono a proporre, se non letteralmente a imporre, una norma sessuale e di genere. La maggior parte delle produzioni, e non solo quelle mainstream, seguono una logica di segmentazione del pubblico basata sulla differenza maschi/femmine che contribuisce ad attribuire a questa differenza tutta una serie di significati culturali.
Per esempio, secondo tale immaginario, il solo desiderio sessuale legittimo è quello maschile mentre quello femminile è solitamente trasformato in ninfomania o punito in un bagno di sangue come accade nella gran parte dei teenage horrors. A una differenziazione sessuale binaria che tende a escludere realtà come il transgenderismo o l’intersessualità, si associa una logica eterosessista e normativa rispetto a ciò che costituisce una sessualità “normale” e un rapporto affettivo o sessuale “appropriati”. Prendendo a esempio la rappresentazione dell’omosessualità, le autrici sottolineano come dalle produzioni mainstream emerga infatti una rappresentazione per lo più macchiettistica o marginale dei gay.
Al contrario, le sessualità e le identità di genere meno convezionali sono più presenti nel cinema indipendente che però tende ad adottare in proposito toni plumbei (si vedano ad esempio Boys don’t cry o l’intera produzione di Gregg Araki). Quest’osservazione è difficilmente suscettibile di contraddizione se riferita a film usciti in sala, che costituiscono il corpus filmico preso in esame. Ma ampliando lo spettro di osservazione al circuito dei festival, si potrebbero trovare significativi contro-esempi.
Attualmente, infatti, anche tra i lavori che circolano esclusivamente nei festival di cinema GLBT, se ne vedono alcuni che adottano tutti i possibili codici stilistici e narrativi dei teen movies più commerciali. Ne sono esempio Another gay movie (2006) e relativo sequel a firma Todd Stephens, perché declinano in versione homo il linguaggio di commedie per il grande pubblico come la saga American Pie (dal 1999), con tutta la sua caratteristica panoplia di grevità assortite.
Un’altra questione che emerge dal libro pertiene alla natura della stessa adolescenza che più che un preciso intervallo anagrafico è diventato ormai uno stato mentale che trascende i vaghi argini dei 13-19 anni. Le ricadute in ambito cinematografico sono da una parte le commedie demenziali come quelle di Judd Apatow (40 anni vergine, Molto incinta) che mettono in scena figure di “adultescenti”, di eterni Peter Pan. Dall’altra parte, i teen movies attirano un pubblico sempre più ampio che si identifica con quanto accade sullo schermo e con una visione del futuro come fenomeno virtuale, perennemente di là da venire, allo stesso tempo minaccia e promessa di qualcosa che sempre “sarà” e mai “è”. Anche alla luce di tale consenso sempre più ampio, Boutang e Sauvage definiscono i teen movies un genere “dialettico”, il cui successo deriva dall’ambivalenza dell’adolescenza stessa: crocchio di ansie e disagi ma anche fonte di piaceri e gioie che fanno di questo periodo della vita e di tutto ciò che vi è legato, un oggetto del desiderio.
© CultFrame 11/2011
CREDITI
Titolo: Les teen movies / Autore: Adrienne Boutang, Célia Sauvage / Editore: Vrin, 2011 / 135 Pagine / Prezzo: 9,80 euro / ISBN: 9782711623969
INDICE
Introduction
Bienvenue dans l’âge ingrat: introduction à l’univers du teen movie
Sexe et autres complications
Petits arrangements entre adultes
Conclusion