29° Torino Film Festival ⋅ I premi

SCRITTO DA
Silvia Nugara
Frame del film "Either Way" di Hafsteinn Gunnar Sigurdsson

Il 29° Torino Film Festival si è chiuso premiando come miglior film Á annan veg (Either Way) di Hafsteinn Gunnar Sigurdsson, che mette in scena due operai stradali persi nel paesaggio islandese e costretti a cercare una nuova direzione per le rispettive vite.
La giuria composta da Jerry Schatzberg, Michael Fitzgerald, Valeria Golino, Brillante Mendoza e Hubert Niogret ha poi attributo il premio speciale ex-aequo a 17 filles delle sorelle Coulin e al libanese Tayeb, koala, yalla (Ok, enough, goodbye) di Rania Attieh e Daniel Garcia.

In un’edizione che ha dato grande spazio a film basati su intensi drammi personali, famigliari e sociali, con un’attenzione speciale per la sofferenza fisica, il premio come migliore attrice è andato alla tedesca Ranate Krössner per Vergiss dein ende (Way home) di Andreas Kannengiesser che narra la vicenda di una donna che fugge dal marito malato per seguire un vicino di casa in un viaggio verso l’ignoto. Il film si è anche aggiudicato il premio “Gli occhiali di Gandhi” nato quest’anno in collaborazione con il Centro Studi Sereno Regis per una pellicola che meglio interpretasse la visione gandhiana del mondo. Il riconoscimento come migliore attore è invece andato a Martin Compston per il film britannico Ghosted di Craig Viveiros, in cui interpreta un giovane detenuto risucchiato dal fascino per una cricca di carcerati violenti.

Come miglior documentario è stato insignito Les éclats (Ma gueule, ma révolte, mon nom) del franco-americano Sylvain George, a cui il TFF quest’anno ha anche dedicato una piccola retrospettiva, mentre una menzione speciale se l’è conquistata il coreano The color of pain di Lee Kang-Hyun apprezzato dalla giuria per “l’intelligenza e l’ambizione della sua visione del mondo del lavoro”. E al mondo del lavoro il festival di Torino continua a dimostrarsi sempre molto attento, come testimonia il premio Cipputi creato proprio per un film incentrato su questo tema. Quest’anno, la giuria composta da Francesco Tullio Altan, Francesca Comencini e Riccardo Iacona ha attribuito il riconoscimento al canadese Le vendeur che inquadra l’esistenza di un venditore d’auto di mezz’età nell’attuale crisi del mercato automobilistico e della difficile riconversione del mondo produttivo e lavorativo a un’era post-industriale. Il film si è aggiudicato anche il Fipresci.

Tra i documenti italiani ha vinto L’orogenesi di Caldwell Lever mentre il premio speciale della giuria è andato a Il Castello di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti sull’aeroporto di Malpensa e una menzione speciale se l’è meritata Freakbeat di Luca Pastore (I dischi del sole), uno spassoso viaggio indietro nella memoria del beat italiano guidato da Roberto “Freak” Antoni.

È stata un’edizione particolarmente ricca di emozioni cinematografiche e di grande intensità, avviatasi con la première di Miracolo a Le Havre di Kaurismaki, proseguita con due importanti retrospettive (Robert Altman e Sion Sono), gli omaggi a Dorian Gray, Nino Rota e Ansano Giannarelli (tra i fondatori del Festival), la proiezione di Diario di un maestro organizzata per ricordare Vittorio De Seta nel giorno dopo la sua scomparsa e almeno una pellicola già indimenticabile ovvero il documentario George Harrison-Living in the material world di Martin Scorsese che nonostante le sue tre ore e venti circa di durata speriamo presto di poter rivedere in sala.

© CultFrame 12/2011

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Silvia Nugara

Silvia Nugara ha un dottorato di Linguistica Francese e i suoi interessi ruotano attorno alle relazioni tra il linguaggio e la costruzione della realtà sociale, con particolare riferimento agli immaginari e ai discorsi relativi alle soggettività di genere. Attualmente è redattrice di Punto di Svista e Cultframe - Arti visive.

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