È davvero un ingresso nel vuoto, come suggerisce il titolo, quest’ultimo film di Gaspar Noé. 154 minuti in cui il regista fa coagulare una serie di temi in visioni psichedeliche a cui lo spettatore si abbandona ogni volta, salvo subire ciclicamente l’urto con la realtà senza soluzione di continuità ma, soprattutto, di oggettività. Quello che inizialmente potrebbe sembrare un lungo piano sequenza eseguito dal personaggio, di cui si sente la voce, è in realtà una lunga soggettiva che si muove sconnessamente in uno spazio angusto e domestico. Si è subito immessi in un’ottica di rivelazione nell’ambito della quale l’entrata in campo di entrambe le mani dal basso dell’inquadratura chiarisce, una volta per tutte, che non si tratta di una ripresa fatta da Oscar, il protagonista, ma che stiamo vedendo con i suoi occhi.
All’inizio ingannano perfino quei “tagli” sul nero di qualche frazione di secondo a intervalli regolari che rappresentano il naturale battito delle palpebre, ma potrebbero sembrare salti ellittici portati all’estremo delle possibilità cinematografiche.
La rivelazione prosegue verso luoghi reali, scorci sulla città di Tokyo con le insegne al neon, le luci della movida notturna, verso figure umane, come quella della sorella Linda, fino a raggiungere spazi visionari evocati dalle droghe assunte che innescano un lungo trip per tutta la durata del film. Lo spettatore è chiamato a condividere col protagonista uno stato di eccitazione ultrasensoriale grazie a soluzioni grafiche che ricreano le allucinazioni; appaiono così motivi mutanti che esplodono nella loro pienezza cromatica come fuochi d’artificio, si ramificano e si ricompongono in forme neuronali.
Ma questo è solo il prologo di un viaggio ancora più estremo, ancora più perturbante.
Già, perché il protagonista muore ma è da lì che la storia inizia e ogni luce che inonda lo schermo è una porta che conduce a un grado più alto dell’esistenza o, per meglio dire, dell’essenza.
Tutta la seconda parte del film è la traduzione visiva dei contenuti del libro tibetano della morte di cui all’inizio il protagonista parla con l’amico Alex. Così nell’esperienza extra corporea e post mortem, Oscar continua a scrutare il presente con uno sguardo dall’alto e inquadrature meno malferme non più scandite dal battito delle palpebre; soprattutto, si vede rivivere da bambino, vede – e noi con lui- le spallucce strette e la nuca in primo piano.
Il tempo del racconto oscilla da un evento all’altro. È come se il protagonista morisse e rinascesse in forme tra loro raccordate e ripercorresse la propria infanzia, la morte dei genitori, il rapporto col seno materno e l’ “invida” per il padre di freudiana memoria.
Il film adotta un punto di vista di genere dove la donna e il suo corpo, con tutto quello che rappresenta per la psicanalisi, attiva per il maschio un piacere visivo che ha contraccolpi nel proprio rimosso.
Il regista pianifica un sublime itinerario dall’alfa all’omega senza consequenzialità, ma secondo un flusso di coscienza nella sua declinazione psichedelica, che continuamente si rigenera secondo reincarnazioni, forme simili e cangianti che partono e ritornano sul passato atroce. In quest’ottica trova spiegazione il presente di Oscar -fino al momento della morte- e il futuro con al centro il personaggio di Linda.
Enter the void attraversa in maniera sublime gli abissi della coscienza, colpisce con immagini crude e un andamento narrativo che s’impenna fino allo scontro agghiacciante tra ricordi; un’orgia di immagini, non solo per l’esplicita presenza del sesso, ma per la fusione, per la sospensione di ogni forma e di ogni distanza; un film dove i lati oscuri dell’esistenza restano intrappolati in un vortice senza fine che custodisce l’eterno ritorno della morte e della possibile reincarnazione dove, al di là di ogni sostanza stupefacente, la distorsione percettiva comincia già col mistero della nascita.
© CultFrame 12/2011
TRAMA
Il giovane Oscar vive a Tokyo insieme a sua sorella che lo ha raggiunto dopo molti anni di distanza. La loro separazione risale a quando, in seguito alla morte dei genitori, la bambina è stata adottata da un’altra famiglia. Diventati grandi, i due si ricongiungono. Lei trova lavoro in un night, lui si barcamena spacciando droga di cui è anche dipendente. Una sera, ancora sotto l’effetto del Dmt, Oscar esce per portare la “roba” a un suo giovane cliente ma rimane vittima di una retata della polizia. La sua anima inizia così a vagare, osservando quello che succede ai suoi cari dall’alto ma soprattutto confrontandosi costantemente con lo shock del proprio passato…
CREDITI
Titolo: Enter the Void / Titolo originale: id. 6 Regia: Gaspar Noé/ Sceneggiatura: Gaspar Noé / Fotografia: Benoit Debie / Montaggio: Gaspar Noé, Marc Boucrot, Jerome Pesnel / Scenografia: Kikuo Ohta, Jean Carrière / Interpreti: Nathaniel Brown, Paz de la Huerta, Cyril Roy, Olly Alexander, Masato Tanno/ Produzione: Fidelitè Films, Wild Bunch, Buf Compagne, Les Cinemas de la zone, Essential Filmproduktion/ Distribuzione: Bim / Origine: Francia, Germania, Italia, Canada / Anno: 2009 / Durata: 154 minuti
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Sito ufficiale del film Enter the Void di Gaspar Noé
Filmografia di Gaspar Noé
BIM