A proposito di Strade Perdute, Slavoj Žižek individuava in Lynch un effetto di straniamento dovuto alla scomposizione del rapporto verticale tra Regno del Reale e Regno del Fantasma. Quel particolare effetto, cifra e atmosfera audiovisiva nell’universo artistico lynchano, caratterizza il ciclo di film/esperimento – tematico e materico, nel progressivo passaggio al digitale – che da Lost Highway porta a Inland Empire, passando per Mulholland Drive. Lo stesso ciclo che ha portato parte della critica e degli spettatori a ricercare nella chiusura del senso un rassicurante approccio alla problematica sollevata dalle immagini. Il videoclip diretto da Lynch, Crazy Clown Time, rimanda sicuramente a caratteri precisi di quel percorso visivo. Immagini, per dirla con Žižek, sublimemente ridicole.
La canzone, Crazy Clown Time, è la title track dell’album da solista di David Lynch, uscito nello scorso inverno e ancora inedito in Italia. Un ritmo trascinato e ripetitivo tessuto da chitarra elettrica e batteria su cui si appoggia l’esile e nasale falsetto di Lynch, che racconta di un party avvenuto in un qualunque ‘giardino sul retro’ americano. Il racconto è una serie di azioni che i personaggi della festa compiono: togliersi la maglietta, rovesciare la birra, urlare, correre, dare fuoco ai capelli. Tutto è raccontato come una giostra di eventi bizzarri. La voce narrante, nel ricordare, sembra muoversi come un obiettivo senza soluzione di continuità da un quadro all’altro. Esattamente quello che succede nelle immagini (e per un confronto, andare a ri-vedere i titoli di coda di Inland Empire). Un uomo seduto su un tavolo batte i pugni chiusi a ritmo con la musica; un ragazzo in tenuta da rugby corre frenetico sul posto; Suzy entra nell’inquadratura, si toglie la maglietta e si accovaccia a seno nudo in mezzo al prato, emanando gemiti di piacere ritmati; un uomo e una donna, sdraiati a terra (lui con comici baffi da domatore di leoni) riformulano le parole del testo con occhi spiritati; e poi altre persone battono il tempo con mani e piedi mentre un ragazzo tatuato versa la birra sopra il corpo di Sally. Tra un quadro e l’altro, vediamo Lynch stesso, occhiali scuri, suonare e cantare, riprodotto da una tv poggiata su un tavolino. Le parole del testo corrispondono a quello che noi vediamo, e il risultato evidente è una vuota e fredda meccanicità (paradossalmente legata a quel “real fun” ricordato dalla voce narrante). L’effetto giostra delle immagini (we all ran around the back yard) porta a un’inevitabile deflagrazione delle vibranti immagini che si fanno fantasmi bidimensionali di luce e fumo, per poi scomparire.
Il rapporto tra immagine e suono, in Lynch, è da sempre orizzontale (e osmotico). Per esempio, senza addentrarsi in un’analisi del panorama sonoro di Lynch e della sua produzione di senso all’interno dell’immagine – lavoro che richiederebbe molto più spazio –, si può affermare brevemente che ciò che accade nelle immagini (la “transustanziazione spirituale degli stereotipi”, sempre per Žižek) si riflette nel suono: segmenti rockabilly, melodici e pop che si perdono in una inquietante e plumbea deriva (da Twin Peaks e Velluto Blu in poi; nella collaborazione con Julee Cruise e Angelo Badalamenti). Il clown del titolo si mostra citando i tòpoi lynchiani: personaggi ai bordi dell’inquadratura prigionieri di azioni ossessive e ripetitive; uomini che a stento contengono la rabbia, la violenza: il fuoco che cammina con loro. Le immagini girano a vuoto, mostrano un certo ‘decadimento’: la festa, marcia e con gli occhi vacui, può finire soltanto attraverso un’implosione.
Noi spettatori subiamo l’effetto di straniamento a causa dell’utilizzo di clichè ri-modulati tramite un’alterazione: i movimenti da real fun dei personaggi sono in realtà meccanicamente algidi, si ha l’aderenza totale – e, aggiungiamo, orizzontale – tra parole del testo e immagini (come a rifiutare qualsiasi interpretazione/traduzione da parte dell’obiettivo a favore di una didascalica messinscena).
© CultFrame 04/2012
CREDITI
Brano: Crazy Clown Time / Inteprete e Regia: David Lynch / Etichetta: Sunday Best Recordings
LINK
YOUTUBE. Il video Good Day Today di David Lynch
CULTFRAME. Good Day Today. Videoclip di David Lynch diretto da Arnold de Pascau. Di Antonio Laudazi
CULTFRAME. I Know. Videoclip di David Lynch diretto da Tamar Drachli. Di Antonio Laudazi
CULTFRAME. Inland Empire. Un film di David Lynch. Di Nikola Roumeliotis
CULTFRAME. Playstation 2. Spot diretto da David Lynch. Di Maurizio G. De Bonis
Filmografia di David Lynch
David Lynch – Il sito
Sunday Best Recordings