La Photographers’ Gallery ha finalmente riaperto al pubblico, dopo una pausa di diciotto mesi, in cui, l’edificio che la ospitava, è stato ristrutturato, innalzato di altri due piani e dotato di spazi diversificati: due grandi sale espositive, una galleria climatizzata per ospitare materiali antichi e fragili, un laboratorio per attività didattiche, una camera oscura, un grande schermo nella hall per mostrare opere d’arte digitale, la caffetteria ed un negozio per la vendita di stampe, libri e macchine fotografiche vintage.
Le nuove sale, ai piani superiori, ospitano la personale del fotografo canadese Edward Burtynsky. “Oil” è un viaggio affascinante e, al contempo, inquietante, attraverso i continenti, seguendo la scia della manifattura, consumo e rimozione del petrolio e dei macchinari che ne fanno uso. Trenta immagini di largo formato costituiscono solo una porzione di questo viaggio, durato dodici anni, e ci mostrano raffinerie, raduni immensi di motociclette, autostrade e raccordi che si intrecciano, come nastri, ad avvolgere periferie omologate, sabbie annerite dal bitume, scheletri di navi ed aerei, acque inquinate, pozzi petroliferi in disuso.
Il largo formato e i colori saturi, trasportano il visitatore in luoghi che non avrebbe mai altrimenti sperimentato: infinite cataste di contenitori di latta schiacciati o canyon di pneumatici abbandonati, assumono nella ripetitività di forme ed elementi, una qualità estetica accattivante e strana, in cui bellezza e orrore restano impossibili da disgiungere. Se il disegno intricato dei tubi di una raffineria ha le stesse valenze di un’opera futurista, d’altra parte, le acque lucide e oleose di spiagge bituminose, disseminate di strutture dal metallo arrugginito, rivelano la stessa grandiosità di una pittura di paesaggio, seppur modificato drammaticamente dall’intervento umano. La catastrofe, la violazione e la perdita, sono insite in ogni immagine, come un memento mori. L’oceano nero in cui ci si affanna ad estinguere fiamme, ha già la pesantezza di un manto di catrame, la velocità dei mezzi di trasporto che sfrecciano per mare, cielo e terra, si scontrerà inevitabilmente con il tempo e l’usura, che ne farà vuote carcasse, da smantellare e, se possibile, reinpiegare, magari in un paese del terzo mondo.
La forza degli scatti di Burtynsky risiede non solo nella bellezza compositiva, ma nella risposta emotiva, e, in un secondo tempo, intellettuale, che essi sanno suscitare. Sarebbe troppo semplicistico imputare a questi lavori un messaggio ambientalista, che comunque è impossibile da ignorare. Quello che ha interessato l’artista nella sua pluridecennale ricerca, è stato ripercorrere la storia stessa del petrolio, le culture e subculture fiorite intorno ad esso, le sue implicazioni come fonte di energia primaria nella società contemporanea, gli sprechi di risorse naturali per estrarlo o depurarlo, la fragilità di sistemi naturali continuamente minacciati dal progresso. Se da un lato le immagini non vanno al di là di quello che mostrano, omettendo di raccontare in profondità le storie umane e disumane che si celano dietro nomi di autostrade, raffinerie e discariche di residui anneriti e arrugginiti, dall’altro, eleganza ed emozioni riempiono spazi mancanti. Raccontando un’avventura scevra da giudizi ed implicazioni, basata essenzialmente sul documento visivo, Burtynsky cattura panoramiche sublimi e terribili, fissa momenti lirici, come le impronte di piedi nudi in un arena riempita di liquido nero e viscoso, teorizza, infine, la dicotomia tra estetica e distruzione.
© CultFrame 05/2012
INFORMAZIONI
Mostra: Burtynsky: OIL
Dal 19 maggio all’1 luglio 2012
The Photographers’ Gallery / (Ultimo piano & Barbara Lloyd Galleries) / 16 – 18 Ramillies Street, Londra / Telefono: +44(0)20.73368109
Orario: lunedi – sabato 10.00 – 18.00 / giovedi 10.00 – 20.00 / domenica 11.30 – 18.00 7 info@tpg.org.uk
SUL WEB
Il sito di Edward Burtynsky
The Photographers’ Gallery, Londra