FIELD. Mostra di Ulrich Gebert, Mishka Henner e Jackie Nickerson. FOTOGRAFIA – Festival Internazionale di Roma. XI Edizione

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis
Ulrich Gebert. Amerika, dalla serie Part II, 2007

Se facciamo riferimento al significato della parola documento (e basta consultare in tal senso un buon dizionario della lingua italiana),possiamo comprendere come il senso dell’azione documentaristica (in chiave creativa) sia molto più ampio di quanto si possa immaginare.
Un documento è “tutto ciò che serve a dimostrare, confermare la realtà, la verità di un fatto” (Dizionario Gabrielli) ma vuol dire anche “insegnamento”. Inoltre, basta verificare l’etimologia della parola in questione per vedere come questo termine sia accostato al verbo “informare”. La pratica documentaria è, quindi, una procedura di grande complessità, che attraversa anche i territori della didattica e dell’etica comunicativa, e dunque anche quello della relazione culturale tra soggetti interessati alla stessa materia.
A utilizzare a trecentosessanta gradi lo spirito dell’atto di documentazione è senza dubbio il cinema, disciplina nell’ambito della quale un discorso documentaristico può essere effettuato in modi differenti, perfino in chiave poetico-filosofica. Ancor di più: il concetto di documentazione in ambito cinematografico non è per forza separato da quello di finzione, proprio perché la ricostruzione di eventi, attraverso procedimenti non realistici, può consentire di “insegnare/informare”, appunto.
In campo fotografico si fatica ad accettare questa impostazione e si considera ancora oggi fondamentale il presunto rapporto (diretto) tra immagine e verità di un fatto.

Ebbene, tale argomento ci condurrebbe inevitabilmente lungo sentieri estremamente stimolanti, anche sotto il profilo teorico, ma ciò che vorremmo fare nello spazio di questo articolo è fornire un esempio(recente) di complessità documentaria in ambito fotografico. A tal proposito, ci sembra significativa la mostra intitolata Field (curatore Paul Wombell) inserita nell’edizione 2012 di FotoGrafia – Festival Internazionale di Roma.
Si tratta di un’operazione espositiva basata sull’accostamento di tre diversi lavori firmati da Ulrich Gebert, Mishka Henner e Jackie Nickerson. Il tema affrontato dagli autori in questione riguarda la cosiddetta “vita rurale”, vista attraverso gli individui che affrontano ogni giorno questo tipo di esistenza.

Ulrich Gebert. Amerika, dalla serie part 1_9, 2007. Digital c-print 55 x 70 cm. Courtesy l’artista e Klemm’s Berlin

Gebert prende spunto dal romanzo di Franz Kafka Amerika nel tentativo di occuparsi in maniera non convenzionale degli immigrati africani che in alcuni paesi europei lavorano nel campo della raccolta delle arance.
Il fotografo cerca, con tutta evidenza, una strada espressiva non usuale. Piccole immagini basate su riprese dall’alto ci mostrano nel buio di una città occidentale la pratica quotidiana della partenza verso gli agrumenti. Furgoni anonimi raccolgono uomini che sembrano fantasmi e li conducono nelle aree rurali dove dovranno faticare per un’intera giornata. In una sezione più ampia, l’autore dirige l’obiettivo della macchina fotografica sugli alberi e sui frutti componendo un flusso visivo caratterizzato da inquadrature strette e da una sorta di astrazione (anche cromatica) che toglie dal campo visivo la figura umana. Solo in alcuni scatti “il corpo del lavoratore” si intravede tra il verde delle foglie. Sono apparizioni oniriche, quasi invisivibili, che paradossalmente illustrano in maniera perfetta il dramma di individui divenuti solo “braccia da lavoro”, soggetti totalmente anonimi di cui, purtroppo, nessuno si cura.

Henner effettua, invece, un tipo di percorso nel quale l’atto di fabbricazione artistica è tutto concettuale. L’autore, infatti, preleva da internet (google street wiew) immagini di luoghi isolati dove lavorano alcune prostitute. Vediamo cosi spazi insensati, sentieri che conducono verso il nulla, sedie di plastica apparentemente abbandonate, ombrelloni, aree caratterizzate da un senso di vuoto straniante che mette in comunicazione il fruitore con la solitudine di donne anche loro ridotte a pure evocazioni fantasmatiche.

Jackie Nickerson. Chipo, Farm, 1997. Digital C-print 150 x 120 cm. Courtesy the artist and Brancolini Grimaldi

Infine, Nickerson ci mostra lavoratori di campi coltivati in alcuni paesi del sud dell’Africa. Sono immagini (figure intere, piani americani… ma non solo) che isolano il corpo del lavoratore nel contesto ambientale. Soggetti umani impiantati nel terreno come fossere alberi, come fossero parte integrante dei luoghi. Allo stesso tempo, però, si avverte una sorta di lontananza, di distacco, di isolamento dal mondo che rende i loro corpi praticamente inanimati. I loro sguardi sono privi di una reale prospettiva e la fierezza scultorea della loro postura finisce solo per produrre un senso di spaesamento che meglio di ogni altro fattore è in grado di “documentare” la loro condizione esistenziale.

Field è, dunque, un progetto basato su una ricerca comunicativa non granitica. Il curatore, infatti, non ha cercato una strada unitaria. Ha in sostanza edificato un impianto espositivo basato su un intreccio di stili e di poetiche che ha determinato un “sistema documentario” in grado di colpire profondamente il fruitore.

In Field non c’è solo ricerca della verità (per fortuna) quanto piuttosto una volontà di divulgazione e di “insegnamento” che intende raccontare la vita degli ultimi al di là dei luoghi comuni, delle ovvietà e delle banalità che spesso caratterizzano non solo la fotografia di oggi ma anche l’intero sistema dei mass media e dell’informazione.

© CultFrame 09/2012

INFORMAZIONI
Field – Ulrich Gebert, Mishka Henner e Jackie Nickerson / A cura di Paul Wombell / FotoGrafia – Festival Internazionale di Roma
Dal 21 settembre al 28 ottobre 2012
Macro Testaccio / Piazza Orazio Giustiniani 4, Roma
Orario: martedì – domenica 16.00 – 22.00 / chiuso lunedì
INFO: 06.671070400

SUL WEB
Il sito di Mishka Henner
Il sito di Jackie Nickerson
FOTOGRAFIA – Festival Internazionale di Roma – Il sito 

 

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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