La trilogia di film sul “Paradiso” concepita dal regista austriaco Ulrich Seidl ha per protagoniste tre donne (due sorelle e la figlia di una di loro) e si è aperta con la pellicola presentata all’ultimo festival di Cannes e dedicata alla ricerca dell’“Amore” dell’inquieta Teresa, che diviene una turista sessuale per le spiagge del Kenya. Il secondo capitolo del progetto, presentato invece a Venezia, esplora la “Fede” di Anna Maria, ma si tratta sempre di mancanze e di eccessi d’amore.
Anna Maria vive infatti una vera e propria ossessione amorosa, ottimamente portata sullo schermo da Maria Hofstatter, sodale del regista fin da quel Canicola (2001) che fu il primo lungometraggio di Seidl e che vinse il Gran Premio della Giuria a Venezia. Tra le preghiere del gruppo cattolico che la donna fa riunire nella sua casa non manca mai il motto: “l’Austria tornerà cattolica!”. E infatti Anna Maria trascorre le sue giornate bussando di porta in porta con la statua di una Madonna pellegrina (per la precisione una “Madonna Rosa Mystica”) e cercando in particolare di entrare negli appartamenti di immigrati e derelitti, “per farli stare meglio in Austria”.
Tra le scene più riuscite del film vi sono proprio questi incontri e alcuni duetti frutto di improvvisazione con non professionisti, un metodo che Seidl segue da tempo. È ben interpretato da un esordiente anche il marito di Anna Maria, l’egiziano Nabil, un musulmano incline all’alcool e ridotto su di una sedia a rotelle in seguito a un incidente, che dopo due anni di assenza ricompare nella sua vita.
L’uomo ingaggia con la moglie una vera e propria guerra, per riprendersi il posto che in casa e nel suo cuore è stato ormai occupato dalla religione. Si comprende così che la donna si è votata a Gesù per riempire il vuoto lasciato dal marito, e insiste nella sua fede per un tentativo di emanciparsi da lui e dal suo carattere possessivo.
Come raccontano peraltro anche le monache francescane intervistate da Liliana Cavani nel suo ultimo corto documentario, Clarisse (2012), il film di Seidl mostra bene come l’incontro con Gesù possa dar vita a un rapporto con una persona dai caratteri umani. Nel fatto che una donna sola delusa dall’amore instauri con Gesù e i suoi simboli una relazione in definitiva anche carnale non dovrebbe far scandalo né essere oggetto di accuse di blasfemia.
È innegabile che il film miri anche a suscitare nel pubblico sprazzi di ilarità, riuscendoci. Ma seppure con minor rigore di un regista quale Haneke, con cui talvolta viene paragonato, Seidl riesce sempre a cogliere nei suoi lavori il cuore di un personaggio e di un fenomeno. E si tratta di opere narrativamente e fotograficamente molto ben costruite.
© CultFrame 08/2012
TRAMA
Anna Maria, che di professione è tecnico radiologo in una clinica austriaca, trascorre tutto il suo tempo libero e le vacanze in preghiera o cercando di evangelizzare poveracci e prostitute. Un giorno però torna a casa il marito, ridotto in carrozzina da un incidente, che mette a dura prova la fede della donna.
CREDITI
Titolo: Paradise: Faith / Titolo originale: PARADIES: Glaube / Regia: Urich Seidl / Sceneggiatura: Ulrich Seidl, Veronika Franz / Fotografia: Wolfgang Thaler, Ed Lachman / Montaggio: Christof Schertenleib / Scenografia: Renate Martin, Andreas Donhauser / Interpreti: Maria Hofstaetter, Nabil Saleh / Produzione: Ulrich Seidl Film Produktion / Distribuzione: Archibald Film / Paese: Austria, Germania, Francia 2012 / Durata: 113′
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Filmografia di Ulrich Seidl
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – Il sito