Lo scorso 12 settembre si è inaugurata, presso il Museo Hendrick Christian Andersen, la mostra personale dell’artista cinese Liu Bolin, a cura di Raffaele Gavarro, con il patrocinio della Fondazione Italia Cina e in collaborazione con la Galleria Boxart di Verona.
La mostra, dal titolo A Secret Tour, documenta, attraverso una serie di venti fotografie di medio e grande formato, il viaggio compiuto dall’artista in Italia, in alcuni dei luoghi simbolo dell’immenso patrimonio artistico del nostro paese: dal Teatro della Scala al Duomo di Milano, dal ponte di Castel Sant’Angelo alla Galleria Borghese, da Piazza San Marco all’Arena di Verona.
Liu Bolin nasce nel 1973 a Shandong, la provincia situata lungo la regione più orientale della Repubblica Popolare Cinese. Si diploma in scultura presso l’Accademia Centrale delle Belle Arti di Pechino. Qui inizia a frequentare l’ormai celeberrimo Distretto 798, un vecchio complesso industriale di epoca maoista caduto in disuso negli anni ’80 e trasformatosi nel decennio successivo in una sorta di Village cinese, grazie alla coraggiosa iniziativa dell’Accademia delle Belle Arti che decide di affittare una delle sue fabbriche per farne un laboratorio di scultura. Lentamente un numero sempre maggiore di artisti vi si trasferisce, a vivere e a lavorare, tentando di sfuggire alle pressanti esigenze di un governo centrale restrittivo e censorio. Così, questa immensa area di oltre 500.000 mq alla periferia di Pechino diventa il centro di raccolta di un’intera generazione di artisti accomunata da un uso libero e spregiudicato dei linguaggi e delle pratiche artistiche, dalla scultura alla fotografia, dal video alla pittura, alla performance Art e da un intento energicamente dissacratorio con cui si vuole investigare sulle vertiginose trasformazioni, economiche e politiche, in atto nel proprio paese.
Nel 2001, Robert Bernell, ex direttore della Motorola a Pechino, crea nella vecchia mensa operaia una libreria d’arte; da qui in poi, un numero sempre crescente di galleristi e imprenditori, anche occidentali, si interessa alla zona, tanto che nel 2004 si apre, all’interno del Distretto, il primo festival internazionale dedicato interamente all’arte contemporanea, il DIAF.
Oggi l’area si è trasformata in una combinazione di gallerie d’arte alla moda – due sono italiane: la Primo Marella Gallery di Milano e la Galleria Continua di San Gimignano – società di progettazione, negozi di abbigliamento costosi, confortevoli caffetterie, tanto che i suoi primi “inquilini” rimpiangono l’atmosfera che vi si respirava nei primi anni ’90. Tra questi anche Liu Bolin che nel Distretto 798 realizza, ancora giovane, le sue prime sculture-installazioni, tra cui il famoso pugno chiuso in bronzo che sta a simboleggiare, secondo il dichiarato intento dell’artista, il carattere oppressivo del Potere sull’individuo.
Proprio sugli abusi del Potere e i suoi numerosi effetti collaterali Liu Bolin continua a riflettere ormai da anni, non ultimo anche nella serie fotografica Hiding in the City che lo ha reso celebre in tutto il mondo. Come abbia realizzato le foto della serie è ormai noto ai più: Liu Bolin – ricorrendo a una riuscita sintesi di Body Art, performance, pittura e fotografia – si fa truccare, o meglio dipingere corpo e volto con gli stessi colori e toni del luogo ove si farà fotografare in modo da mimetizzarsi completamente con esso, anzi quasi scomparendo in esso.
Da notare che l’artista indossa invariabilmente un’anonima divisa da operaio. Questa pratica, che, come detto sopra, scavalca le tradizionali divisioni in generi, è funzionale a far riflettere lo spettatore sul cogente problema della perdita d’identità dell’individuo in una società, quella cinese, ove le esigenze della collettività – conformemente allo spirito confuciano che innerva da secoli la mentalità di questo popolo – sono sempre più importanti di quelle del singolo; ma il tema è evidentemente universale, giacché anche in Occidente i valori, apparentemente imprescindibili, della libertà e della democrazia sono non di rado messi in pericolo sia pur in maniera subdola e non manifesta.
Le opere fotografiche esposte nell’evocativo spazio del Museo Andersen nascono con lo stesso preciso intento. Tuttavia non si può non tener conto di un ulteriore aspetto: il fatto che in esse compaiano alcuni dei luoghi culturali più importanti del nostra penisola.
Quello di Liu Bolin con l’Italia è un rapporto che risale al 2006, anno in cui l’artista visita per la prima volta il nostro paese. Ed è stato subito amore a prima vista, come dichiara lo stesso artista nel documentario presentato al pubblico per l’occasione. Egli infatti afferma di ammirare senza riserve il patrimonio artistico italiano al punto da dedicargli, come ha fatto, un’intera serie di fotografie. È partito da Verona, nel 2008, per poi proseguire a Venezia e Milano nel 2010, per giungere infine a Roma e Pompei. Così l’artista diventa parte integrante di una parete dipinta di una casa di Pompei, della Paolina Borghese, del Ponte di Rialto e così via…
In questo modo Liu Bolin presenta per la prima volta a Roma la sua duplice personalissima riflessione sul rapporto dell’uomo con l’ambiente circostante, nonché sui fondamenti della cultura occidentale; in quanto quella italiana è, come afferma egli stesso, “alla base della cultura europea”. Dunque non deve stupirci se davanti alle immagini di A Secret Tour il pensiero preponderante sia, inaspettatamente, che il nostro passato può aiutarci a capire meglio chi siamo oggi, tanto più che questo nostro presente ci appare pieno di aspirazioni deboli e confuse.
© CultFrame 10/2012
IMMAGINI
1 © Liu Bolin. Teatro alla Scala n°1, Milano, 2010
2 © Liu Bolin. Ponte di Castelvecchio, 2008
3 © Liu Bolin. Via della Fortuna, Pompei, 2012
INFORMAZIONI
Liu Bolin. A Secret Tour / A cura di Raffaele Gavarro
Dal 13 settembre all’11 novembre 2012
Museo Hendrick Christian Andersen della Galleria Nazionale d’Arte Moderna / Via Pasquale Stanislao Mancini 20, Roma / Telefono: 06.3219089
Orario: martedì – venerdì 09.30 – 18.30 / sabato e domenica 09.30 – 19.30 / chiuso lunedì / Ingresso libero
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Museo Andersen, Roma