L’autunno si inaugura alla Photographers’ Gallery con Shoot! Existential Photography, mostra ideata da Clément Chéroux, curatore del Centro Pompidou di Parigi. Lo spunto è dato da un passatempo ormai caduto nel dimenticatoio, eppure molto popolare nelle fiere e nei luna park, dagli anni ’20 al dopoguerra: il tiro a segno fotografico. Non si tratta qui di un mero tributo ad un procedimento desueto, ma viene posto l’accento sulle valenze metaforiche e sulle affinità significative del gesto: lo sparo e lo scatto, che in inglese si traducono entrambi con shot.
Nel tiro fotografico, quando il proiettile centra il bersaglio, invece del solito premio, si guadagna una foto ritratto. Già Susan Sontag aveva notato gli aspetti predatori dello scatto, e come la macchina fotografica fosse una sublimazione della pistola, ma nel tir photographique i due oggetti, la cui pratica spesso utilizza il medesimo vocabolario, si ritrovano in un bizzarro faccia a faccia.
Chéroux introduce il visitatore in una collezione di scatti anonimi, vinti da tiratori di mezza Europa. Oltre alla fisionomia di chi spara, solitamente colto in uno sforzo di concentazione, un occhio chiuso e l’altro fisso sul mirino, è interessante cogliere i volti delle persone sullo sfondo e la moda che cambia nel tempo. Sorrisi, sguardi offuscati, attese mozzafiato o pose serene, in attesa dello scatto vincente. Il fotografo di eccezione equivale ad un cecchino, il bersaglio tondo ricorda il cerchio dell’obiettivo, l’occhio si chiude per inquadrare e mirare. Questo passatempo è stato condiviso anche da personaggi famosi, tra cui Man Ray, Lee Miller, Jean Cocteau, Simone de Beauvoir e Jean-Paul Sartre, e la fascinazione per il meccanismo spesso si confonde alle disquisizioni filosofiche e al surrealismo.
Una sala è dedicata a sessanta immagini di Ria Van Dijk, una donna olandese appassionata di tiro fotografico, che ha continuato a sparare e farsi immortalare, da quando era adolescente fino alla soglia degli ottanta anni, trascinando nell’inquadratura mode, espressioni e tecnologie. Le stesse idee e concetti che sottendono l’attività ludica del foto tiro, si ritrovano in una nuova generazione di artisti. Emilie Pitoiset ristampa vecchie foto di tiro e, per ricreare la traiettoria del proiettile, le taglia, in tanti frammenti obliqui, come in uno specchio. Per Rudolf Steiner e Jean-François Lecourt la macchina fotografica è, invece, l’obiettivo; così l’autoritratto è perforato dal proiettile e, spesso, l’apparecchio viene distrutto, nel drammatico duello con se stessi. La mostra è corredata anche da filmati e installazioni. In Tir à volonté (1972), Niki de Saint Phalle realizza dipinti sparando con un fucile ad un palloncino pieno di colore, che riversa spruzzi di vernice sulla tela. Per l’artista, sparare equivale a vedere il dipinto sanguinare e morire, un rituale in cui l’opera viene uccisa, per rinascere a nuova vita. Crossfire (2007) di Christian Marclay, è invece un montaggio, su quattro schermi, di estratti holliwoodiani: primi piani di attori, che rivolgono l’arma contro l’audience. Ne risulta un drammatico tiro incrociato, visivo ed aurale, in cui gli spari creano una colonna sonora potententemente ritmica ed incisiva. La mostra si chiude con la ricostruzione di un tiro a segno fotografico, in cui i visitatori potranno cimentarsi, nella speranza di fare centro e guadagnare il proprio autoritratto.
© CultFrame 10/2012
IMMAGINI
1 Ria van Dijk. Photo-shot, Oosterhout, Netherlands, 1978 © Erik Kessels
2 Simone de Beauvoir and Jean-Paul Sartre, Paris, Porte d’Orléans, juin 1929 ©Jazz Editions/Gamma/Eyedea
INFORMAZIONI
Shoot! Existential Photography / a cura di Clément Chéroux
Dal 12 ottobre 2012 al 6 gennaio 2013
The Photographers’ Gallery / 16 – 18 Ramillies Street, Londra / Telefono: +44(0)20.73368109
/ info@tpg.org.uk
Orario: lunedì – sabato 10.00 – 18.00 / giovedi 10.00 – 20.00 / domenica 11.30 – 18.00 / Ingresso: £5
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Photographers’ Gallery, Londra