Ci sono pagliacci che non fanno ridere, sono quelli tristi, dal volto mesto, dalla maschera tragica che fa da contrappunto al clown giocoso che suscita le risate dei bambini ma l’opposto del sorriso, però, serve affinchè proprio quest’ultimo sopravviva per esorcizzare le lacrime e il dolore. Javier è cresciuto nel circo e ha visto suo padre fare il Pagliaccio Triste e diventare, suo malgrado, un assassino e un prigioniero. La guerra ha strappato al ragazzino la tenerezza dell’infanzia, l’amore della famiglia, l’allegria del gioco e quel che resta dell’eredità paterna è solo un desiderio, strisciante e sottopelle, di vendetta.
Alex de la Iglesia, attraverso quel senso del grottesco peculiare al suo cinema, racconta la storia tragica di un paese sottomesso alla violenza e usa il circo come metafora dell’umana follia che rivela, spesso, un atroce senso del ridicolo. La nera oppressione del regime e i colori sgargianti della pista dei clown si alternano in una vicenda rocambolesca che usa l’assurdo per rappresentare una realtà assai più concreta e riconoscibile. Il timido Javier, il pagliaccio delle lacrime, non è solo un giullare per il pubblico dei più piccoli ma diventa l’oggetto delle vessazioni del suo arrogante e crudele compagno di spettacolo. La vita sotto la tenda non è che il microcosmo dove si consumano quei drammi e quelle violenze che, fuori, si amplificano nel potere della dittatura e nella miseria dell’abuso.
Javier, interpretato da uno straordinario Carlos Areces, racchiude in sé tutta la follia dell’orrore e nel volto volontariamente sfigurato lascia su se stesso i solchi profondi e insanguinati di quella volontà – tremendamente umana – di dedicarsi al male. I personaggi dell’eccesso e i freak più variopinti, si danno convegno sotto il tendone di De La Iglesia che porta avanti un macabro e simbolico carrozzone, spingendolo fin sull’orlo del baratro per mostrare (e mostrarci) la profondità del buio della morte, civile e personale. Un gioco al massacro che, per questo regista, si svolge su un campo che gli è proprio, quello del grottesco più estremo, e che gli appartiene più di qualsiasi altro. A noi spetta la sfida di accettare o meno queste regole, condividendole o rifiutandole poiché nel cinema di De La Iglesia non si può stare nel mezzo e in Balada triste de trompeta si può decidere se entrare, oppure no, in questa bizzarra tenda di orrori assortiti. Una volta varcata la soglia può accadere (ed accade) di tutto, anche che un clown impugni un machete e la verità venga fuori sotto la forma bizzarra di una maschera, talmente perfetta da esserne, terribilmente, il volto.
© CultFrame 09/2010 – 11/2012
TRAMA
1937. Guerra civile spagnola. In un circo fa irruzione la milizia e mette in mano ad un pagliaccio un machete per difendersi. Inizia da qui l’avventura di Javier, figlio del PagliaccioTriste, che proseguirà l’arte del padre in modo assolutamente inaspettato. Una volta cresciuto, infatti,si aggrega ad una compagnia circense, nel 1973, e conosce Sergio, il pagliaccio più amato dello spettacolo e uomo violento e arrogante e la sua donna, l’acrobata Natalia, della quale si innamora perdutamente. Una passione malsana che, non solo unisce ambiguamente i due rivali ma porterà entrambi alla follia.
CREDITI
Titolo: Ballata dell’odio e dell’amore / Titolo originale: Ballada triste de trompeta / Regia: Alex de la Iglesia / Sceneggiatura: Alex de la Iglesia / Fotografia: Kiko de la Rica/Montaggio: Alejandro Làzaro / Scenografia: Eduardo Hidalgo/Musica: Roque Baños / Interpreti: Carlos Areces, Antonio De La Torre, Carolina Bang,Sancho Garcia / Produzione: Gerardo Herrero, Mariela Besuiviesky (Tornasol Films) / Distribuzione: Mikado / Spagna-Francia 2010 / Durata: 107 minuti
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Sito ufficiale del film Ballada triste de trompeta (Ballata dell’odio e dell’amore) di Alex de la Iglesia
Filmografia di Alex de la Iglesia
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia
Mikado