Celestial Wives of Meadow Mari. Un film di Alexey Fedorchenko. Festival Internazionale del Film di Roma 2012. Concorso

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

La Federazione Russa è uno Stato vastissimo in grado di attraversare con il suo sconfinato territorio numerosi fusi orari e di ospitare oltre centocinquanta diversi gruppi etnici. Un paese di queste proporzioni non può che rappresentare per l’umanità un immenso bacino di culture e lingue, tutte di straordinaria importanza e tutte, ovviamente, da non perdere.
Uno dei popoli più interessanti della Russia di oggi è quello denominato: Mari. Vivono nella zona del Volga e degli Urali e attualmente dovrebbero appartenere a questa etnia circa 500.000 persone. I Mari sono finnici e dunque la loro antica lingua (oggi parlata solo nelle zone rurali) non è il russo ma un sistema di origine ugro-finnica. La loro religione è pagana, collegata a una visione divina della natura, in particolar modo dei boschi e degli alberi.
Purtroppo le tradizioni di questa popolazione misteriosa sono a rischio di estinzione e ciò rappresenterebbe una terribile perdita per l’umanità, come sempre accade quando muoiono lingue e tradizioni secolari.
Proprio per questo motivo Celestial Wives of the Meadow Mari è un film di assoluto interesse. Il suo autore è il regista russo Alexey Fedorcenko che abbiamo imparato a conoscere con un altro significativo lungometraggio come Silent Souls (2010).

La struttura dell’opera è anticonvenzionale e acuta nella sua totale semplicità. Si tratta di ventitré brevi e brevissimi racconti visuali basati su altrettante figure femminili che fanno parte del popolo Mari. Fedorcenko costruisce in questo modo un affresco rigoroso e allo stesso tempo lirico che trasporta lo spettatore in una dimensione arcaica, spirituale, magica e fantastica.
Ventitré donne, ventitré volti. Storie che si sommano una all’altra e che descrivono la vita enigmatica di una popolazione che appare ancora legata a rituali antichissimi e che vive in maniera simbiotica e intensa con l’elemento naturale.

Il tono narrativo è sospeso e toccante e la poesia contenuta in remote credenze si trasforma grazie allo sguardo visionario di Fedorcenko in una forma di lirismo di notevole spessore creativo. L’autore evoca attraverso i paesaggi la profonda ed enigmatica “anima” del popolo Mari e dunque ogni inquadratura rappresenta una sorta di viaggio visuale attraverso i secoli e i territori abitati da sempre da questa etnia.
Alla fine, i visi delle ventitré protagoniste scorrono sul grande schermo. I volti di queste figure femminili più che raffigurare delle psicologie individuali finiscono, trasformandosi in autentici paesaggi, per narrare la sostanza, i segreti e la memoria di una popolazione che cerca, nonostante l’avanzare delle modernità e della globalizzazione mondiale, di mantenere la propria meravigliosa e arcana identità.

© CultFrame 11/2012

 

TRAMA
Ventitré donne dell’etnia ugro-finnica dei Mari (stanziata da secoli in Russia) sono protagoniste di altrettante vicende misteriose legate alle tradizioni secolari della loro cultura.

CREDITI
Titolo: Celestial Wives of Meadow Mari / Titolo originale: Nebesnye zeny lugovykh Mari / Regia: Alexey Fedorchenko / Sceneggiatura: Denis Osokin / Fotografia: Shandor Berkeshy / Montaggio: Roman Vazhenin / Scenografia: Zorikto Dorzhiev, Artem Habibulin / Musica: Andrey Karasev / Produzione: The 29th February Film Company / Paese: Russia, 2012 / Durata: 106′

LINK
CULTFRAME. Silent Souls. Un film di Alexey Fedorchenko di Maurizio G. De Bonis
CULTFRAME. Silent Souls. Intervista al regista Alexey Fedorchenko di Nikola Roumeliotis
Filmografia di Alexey Fedorchenko
Festival Internazionale del Film di Roma – Il sito

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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