Dans un jardin je suis entré ⋅ Un film di Avi Mograbi

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

Ci siamo occupati molte volte delle modalità attraverso le quali le diverse espressioni artistiche, in particolare cinema, fotografia e videoarte, si sono occupate negli anni del conflitto israelo-palestinese ed abbiamo affrontato anche la questione della auto-raffigurazione della società di Israele all’interno delle tensioni del Medio Oriente. Si tratta di una materia delicata, spesso trattata dai mass media in maniera superficiale, che chiama in gioco molti elementi significativi: l’identità individuale e collettiva, il territorio, le vicende storiche del passato, le idee politiche, i temi della convivenza civile e del rispetto reciproco. Occuparsi di certi argomenti per alcuni autori è, dunque, una sorta di missione esistenziale che trova una sua applicazione proprio grazie ai linguaggi espressivi che sono in grado di utilizzare.

Ben sappiamo come il cinema israeliano negli ultimi tempi, con figure come Amos Gitai, Ari Folman, Joseph Cedar, Eran Riklis e Samuel Maoz, abbia tentato di comporre un quadro analitico della situazione il più delle volte caratterizzato da una tendenza evidente a una sorta di autocritica catartica necessaria per scardinare il muro della diffidenza verso l’altro.
Uno dei cineasti israeliani più attivi in questo campo è senza dubbio Avi Mograbi, documentarista già noto a livello internazionale per lavori come Happy Birthday Mr. Mograbi, Avenge But One of My Two Eyes e Z32. La sua più recente opera si intitola: Dans un jardin je suis entré e si configura come una prova d’autore totalmente matura.

Il cuore della narrazione è caratterizzato dal rapporto di amicizia tra lo stesso Mograbi e il suo insegnante di arabo (Ali Al-Azhari), un palestinese della Galilea, giunto a Tel Aviv nel 1969, sposato con una donna ebrea. Vediamo i due “protagonisti” discutere per lungo tempo a casa di Ali, andare in macchina nella zone della Galilea dove l’insegnante di arabo nacque, mangiare, farsi delle confidenze private seduti davanti al mare. Due sono le videocamere sempre puntate su di loro, strumenti di testimonianza di un rapporto profondo e vero che permettono allo spettatore di comprendere come sia realmente possibile la costruzione di un sentimento di affetto e di rispetto tra due “nemici”.

Le immagini che compongono questo film sono componenti linguistiche che consentono l’emersione di un tabù alimentato a sua volta da un luogo comune devastante: l’amicizia (im)possibile tra un israeliano e un palestinese. Avi e Ali dimostrano come ciò sia concepibile, ed anche auspicabile, grazie alla semplicità di due individui che preferiscono conoscersi senza pregiudizi, parlarsi, guardarsi negli occhi e cercare di attivare il circuito della condivisione piuttosto che quello della separazione.
Lo stile registico adottato da Mograbi è, a tal proposito, incredibilmente efficace ed è basato su un meccanismo comunicativo diretto, adatto a veicolare i pensieri dei due protagonisti senza filtri o sovrastrutture. La memoria viene fuori come fattore fondamentale di trasmissione delle idee tra Avi e Ali, i quali evocano le loro rispettive radici identitarie non come mezzi di affermazione soggettiva e di chiusura nei riguardi dell’altro ma come validi fattori in grado di avvicinare e accomunare.

Nel film è presente anche Yasmine, la figlia di Ali avuta con la moglie israeliana-ebrea. Proprio la bambina riesce ad esprimere, con la sua delicatezza e la sua cristallina intelligenza, una reale speranza nei riguardi di un futuro pacifico contro il quale, purtroppo, molti remano contro.

© CultFrame 11/2012

Film presentato al Festival Internazionale del Film di Roma 2012. CinemaXXI

TRAMA
Avi Mograbi prende lezioni di arabo dal suo insegnate Ali.  I due diventano molto amici e iniziano a progettare un film insieme che viene costruito senza progetto preciso. I due parleranno molto, si confronteranno, si addentreranno con rispetto nelle rispettive memorie in un dialogo continuo e ricco di sentimenti.

CREDITI
Titolo: Dans un jardin je suis entré / Titolo originale: NIchnast pa’ am lagan / Regia: Avi Mograbi / Sceneggiatura: Avi Mograbi, Noam Enbar / Fotografia: Philippe  Bellaïche / Montaggio: Rainer Trinkler, Avi Mograbi / Musica: Noam Enbar / Interpreti: Avi Mograbi, Ali Al-Azhari, Yasmine Al-Azhari, Philippe     Bellaïche Produzione: Serge Lalou, Avi Mograbi / Origine: Francia, Israele, Svizzera / Anno: 2012 / Durata: 102’

SUL WEB
Filmografia di Avi Mograbi
Festival Internazionale del Film di Roma – Il sito

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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