Brevi note sul numero 45 dell’inserto culturale de Il Corriere della Sera: La Lettura. Domenica 23 settembre 2012 sono state pubblicate ben due pagine (22 – 23) sulla questione etica nell’ambito del fotogiornalismo contemporaneo.
Il grande pezzo centrale firmato da Gianluigi Colin presentava il seguente titolo/sottotitolo: L’autocensura della fotografia – Orrore e guerra: dove deve fermarsi l’informazione. A fianco interventi di Alice Gabrinier (photo editor del National Geographic Magazine), Joan Fontcuberta (artista e fotografo) e Carlo Bavagnoli (fotoreporter per Life).
Dalla lettura di questi articoli siamo rimasti prima sorpresi e poi piacevolmente colpiti. Finalmente su un grande organo di informazione italiano come Il Corriere della Sera si rifletteva in maniera approfondita e non prevedibile su questioni riguardanti l’etica del fotogiornalismo, la spettacolarizzazione dell’orrore, la pornografia del disagio e del sangue. Ancor di più, ci ha interessato il fatto che a parlare di questa importante tematica non fossero stati chiamati solo professionisti del settore ma anche (seppur attraverso brevi dichiarazioni) filosofi e psicoanalisti.
E’ stato un valido tentativo di mettere in discussione il sistema del fotogiornalismo che vede il suo vertice negativo proprio nelle sue forme più celebrative e pompose, vedi l’inutile World Press Photo.
Per quel che riguarda le nostre convinzioni si tratta dell’inizio di un’apertura verso un dibattito vero che fino ad ora il mondo del fotogiornalismo ha cercato di rifiutare, nascondendosi abilmente dietro la cosiddetta “necessità dell’informazione”. Su CultFrame – Arti Visive abbiamo pubblicato molti articoli sul tema. L’abbiamo fatto sempre con convinzione sapendo di dire cose scomode per il granitico star-system del fotogiornalismo contemporaneo tutto concentrato sulla costruzione di una spettacolarizzazione del dolore che nulla portava alla diffusione delle storie e delle notizie. Proprio un fotogiornalista come Franco Pagetti afferma (nel pezzo di Gianluigi Colin):
“…non bisogna raccontare gli orrori: bisogna raccontare la storia”.
Aggiunge Fontcuberta nel suo articolo intitolato Il racconto della realtà non può diventare pornografia (pag.23):
“…per quanto pretendano di essere obiettive e neutrali, le fotografie di atrocità sono tutt’altro che innocenti, in ogni fotografo con pretese informative c’è una dose di propaganda…”.
Ed ancora (Fontcuberta):
“La mise en forme, requisito affinché l’immagine sia immagine, […] , comporta un pericolo, l’effetto estetizzante”.
Ebbene, siamo confortati dal fatto che ne La Lettura del Corriere della Sera sia stata data voce a un autore come Fontcuberta che ha avuto il coraggio di dire sul fotogiornalismo delle verità.
Lo psicoanalista Luigi Zoja interpellato da Colin per il suo pezzo L’autocensura della fotografia sostiene (pag.22):
” …mentre il diritto all’informazione nella nostra società non è messo in discussione, quello dei sentimenti a difesa dei diritti privati appare sempre più pericolosamente a rischio”.
Anche Massimo Cacciari ha apportato il suo contributo. Afferma il filosofo (pag.22):
“tutto si gioca sull’effetto trauma; si usano immagini choccanti invece di spiegare le ragioni che portano a determinati conflitti e sulle possibilità di risolverli”.
Ebbene, le dichiarazioni che abbiamo tratto dalla positiva iniziativa giornalistica inserita ne il n.45 de La Lettura sono per la nostra rivista e la nostra Associazione “pane quotidiano”. Non possiamo fare altro che sottoscriverle ed essere finalmente soddisfatti per aver letto un approfondimento giornalistico su questa materia degno di questo nome (che vi invitiamo a recuperare).
Restano altri temi però da analizzare senza timori: il divismo (deleterio) in campo fotogiornalistico che fa male soprattutto alle giovani leve (che inseguono modelli sbagliati), quello che potremmo definire il “turismo fotogiornalistico” che porta masse di fotografi in alcuni luoghi facili da raggiungere mentre altri conflitti, meno glamour a livello politico, risultano totalmente ignorati, la tragica questione (a livello culturale) dei premi internazionali, la discutibile politica comunicativa degli organi di informazione (a dire il vero affrontata da Carlo Bavagnoli nel suo articolo La lezione di “Life ” – Pag. 23), e infine il problema dell’insegnamento del fotogiornalismo nelle scuole di fotografia.
Si tratta a nostro avviso di fattori di estrema importanza. Sono gli ultimi muri da abbattere se si vuole riportare il fotogiornalismo alla sua dimensione più alta, quella che la vede come disciplina (significativa) utile per far conoscere il mondo con correttezza e senso etico a chi il mondo non lo può vedere direttamente.
© CultFrame – Punto di Svista 09/2012