Re della terra selvaggia. Un film di Benh Zeitlin

SCRITTO DA
Eleonora Saracino

Forse nulla al mondo è più potente, dirompente, spiazzante della fantasia dei bambini. La forza della loro immaginazione li porta a spingersi oltre i confini – angusti – del mondo degli adulti e permette loro di ampliare lo sguardo e la profondità della visione. Uno sguardo al quale il cinema si è spesso affidato (e, in molti casi, con successo) lasciando che la visionarietà tipicamente infantile divenisse il telaio narrativo sul quale tessere una storia.
Benh Zeitlin, con questo esordio nel lungometraggio (tratto dalla pièce teatrale di Lucy Alibar, Juicy and Delicious), ha concentrato la forza della visione nello sguardo profondo della sua piccola, straordinaria, protagonista. Immersa, quasi letteralmente, nella natura selvaggia della “Grande Vasca” la giovanissima Hushpuppy è un’eroina non tanto primitiva, quanto primigenia. Mutuando molte componenti dal suo precedente (del 2008) suggestivo corto, Glory at Sea, Zeitlin lascia che, anche qui, siano gli elementi della Natura ad emergere oltre i confini o il significato della storia. Aria, acqua, terra e fuoco si muovono liberi in ogni inquadratura e gli umani, in sintonia con loro, sembrano armonizzarsi alle reazioni, seppur violente, di ogni elemento come eseguendo una danza ancestrale, i cui passi sono eredità dell’istinto.

In un bayou inventato nella Louisiana del Sud, la “Grande Vasca” è un microcosmo che pare alla deriva dal resto del mondo ma che, in realtà, ha in nuce tutte le trasformazioni dell’universo il cui equilibrio può alterarsi solo spostandone un tassello. Nel suo mondo libero e selvaggio Hushpuppy cresce seguendo gli impulsi naturali, stabilisce con il suo ambiente un legame privo di filtri dove il rapporto con gli animali, così come con tutto ciò che la circonda, è puro e originario. La stessa famiglia non è che un nucleo atavico in cui si alternano la fantasia del ricordo di una madre che si “allontanò nuotando” e la concreta presenza di un padre che, cosciente di una fine ormai prossima, educa la piccola alla sopravvivenza.

Tra fiaba e apocalisse, Re della terra selvaggia si muove tra il realismo di un disastro naturale e l’immaginifico avvento di creature primordiali e affida alla piccola protagonista il compito di traghettarci non in un mondo altro quanto in quello, vero, da proteggere e preservare. Tuttavia la vera energia naturale del film è proprio la piccola Quvenzhanè Wallis, la cui espressività possiede una forza drammatica addirittura ipnotica. Quasi dotata di potere incantatorio la giovanissima protagonista permea di magico il paesaggio, la brutalità degli elementi e financo la furia della lotta: contro ogni forma di limitazione, sia umana sia naturale.
Zeitllin lascia che Hushpuppy, come in un brano per voce sola, “canti” il suo e il nostro mondo, attraverso un voice over che si fa melodia di accompagnamento e, in particolar modo nella prima parte del film, la suggestione panteista del racconto si diluisce in una forma narrativa più pura e primitiva come una favola dell’origine o, ancor più, della fine. Ed è quanto di più riuscito perchè ogni inquadratura trasmette quella vitalità che il regista vuole che palpiti attraverso la terra e l’acqua e il cui vigore, invece, pare attenuarsi verso un finale che, nel virare all’astratto ne penalizza il senso nel vago.

La regia si adatta alla materia naturale, come in direzione del suo corso, seguendone i percorsi tortuosi delle acque, rovinosi di una slavina, deflagranti dei ghiacci che si rompono e rivela uno stile che, sebbene necessiti di maturare, possiede una propria personalità e il gusto dell’autentico. Come attingendo da un’ancestrale memoria forse anche Zeitllin ha fatto fuoriuscire dal guscio “fossile” le impressioni herzoghiane della Natura tra caos e conflitto o quelle più spirituali e incorporee di Maya Deren perseguendo, però, un peculiare obiettivo.
Un’impresa coraggiosa e meritevole che, al di là dei numerosi premi ottenuti e i trionfalismi da Oscar (il film ha ottenuto 4 nomination tra cui quella a Quvenzhanè Wallis, la più giovane attrice candidata alla statuetta di tutti tempi), rivela la freschezza dell’esordio e la capacità di affabulazione seppur nell’ardito gioco tra emozione e commozione.

© CultFrame 02/2013

 

TRAMA
Hushpuppy è una bimba di sei anni che vive con il padre, Wink, nella Grande Vasca, una comunità nella zona paludosa di un delta del Sud americano. Wink è malato e sa che gli resta poco da vivere e vuole insegnare a sua figlia a sopravvivere e ad essere preparata per quando non ci sarà più lui a prendersi cura di lei. La Grande Vasca sta, inoltre, per essere centrata da una catastrofe naturale dovuta agli equilibri alterati della natura e che provocano, con lo scioglimento dei ghiacci, l’arrivo degli Aurochs, misteriose creature preistoriche. Ad Hushpuppy non resta che imparare questa lezione di vita e affrontare la crescita contando solo sulle proprie forze e sulla capacità di seguire i ritmi ancestrali della Natura.


CREDITI

Titolo: Re della terra selvaggia / Titolo originale: Beasts of the Southern Wild/Regia: Benh Zeitlin / Sceneggiatura: Lucy Alibar, Benh Zeitlin tratto dall’opera teatrale di Lucy Alibar / Fotografia: Ben Richardson / Montaggio: Crockett Doob, Affonso Goncalves / Scenografia: Alex Digerlando / Interpreti: Quvenzhanè Wallis, Dwight Henry, Levy Easterly, Lowell Landes / Produzione: Dan Janvey & Josh Penn / Usa, 2012 / Distribuzione: Satine Film, Bolero Film / Durata: 92’

LINK
Sito ufficiale del film Beasts of the  Southern Wild (Re della terra selvaggia) di Benh Zeitlin
Filmografia di Benh Zeitlin
Satine Film
Bolero Film

 

 

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Eleonora Saracino

Eleonora Saracino, giornalista, critico cinematografico e membro del Sindacato Critici Cinematografici Italiani (SNCCI), si è laureata in Storia e Critica del cinema con una tesi sul rapporto Letteratura & Cinema. Ha collaborato con Cinema.it e, attualmente, fa parte della redazione di CulfFrame Arti Visive e di CineCriticaWeb. Ha lavorato nell’industria cinematografica presso la Columbia Tri Star Pictures ed è stata caporedattore del mensile Matrix e della rivista Vox Roma. Autrice di saggi sul linguaggio cinematografico ha pubblicato, insieme a Daniel Montigiani, il libro “American Horror Story. Mitologia moderna dell'immaginario deforme” (Viola Editrice).

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