Intervistato da Leone Piccioni alla radio nel 1950 Cesare Pavese afferma: “Il maggior narratore contemporaneo è Thomas Mann, e, tra gli italiani, Vittorio De Sica”. Che il celebre scrittore avesse riconosciuto nell’autore de I Buddenbrook (1901) e de La montagna incantata (1924) un sommo maestro dell’ars narrandi, non stupisce affatto, meraviglia invece che al romanziere tedesco, premio Nobel per la letteratura nel 1929, Pavese affiancasse un uomo di cinema. Tuttavia questa affermazione, che sulle prime può sembrare azzardata, risulta essere quanto mai indovinata. Vittorio De Sica, non è soltanto una delle figure più significative della cultura italiana del Novecento ma del cinema mondiale di sempre, basti pensare che resta a tutt’oggi il regista più premiato a Hollywood per il migliore film straniero.
Con i suoi oltre 30 film realizzati come regista e le sue oltre 140 interpretazioni in altrettante pellicole (a tal proposito ci sembra doveroso citare alcuni dei film più famosi nei quali ha recitato da attore: Processo di Frine di Blasetti, Cuore di Duilio Coletti o il Generale della Rovere di Rossellini su un soggetto di Indro Montanelli), egli ha saputo creare una memorabile galleria di “caratteri” che è entrata di prepotenza nel nostro immaginario e nel nostro patrimonio culturale, e così facendo egli si è imposto immediatamente come uno dei padri del Neorealismo, movimento eterogeneo nato in Italia nell’immediato secondo dopoguerra noto per aver rivoluzionato le tecniche e il linguaggio narrativo che allora andavano per la meglio nel genere comico-sentimentale che è passato alla storia con il nome di “telefoni bianchi”.
A questo maestro del cinema nostrano è dedicata una mostra dal titolo Tutti De Sica attualmente in corso presso il Museo dell’Ara Pacis (Roma). La mostra, voluta dalla Sovrintendenza capitolina di Roma Capitale con il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e prodotta dalla Fondazione Cineteca di Bologna, non sarebbe stata possibile senza il generoso contributo dei tre figli Emi, Manuel e Christian, che hanno svelato l’archivio personale di Giuditta Rissone, prima moglie di De Sica, e della figlia Emi, nonché senza la disponibilità di molti archivi pubblici e privati italiani che hanno fornito molto del materiale in esposizione: oltre 600 fotografie, più di 300 lettere, documenti personali e manifesti, di cui più di venti originali e inoltre costumi, oggetti di culto, registrazioni sonore e cinematografiche. Dunque una mostra multimediale che, snodandosi in un itinerario di quattro sale e dodici sezioni, presenta il grande merito di offrire allo spettatore un ritratto a tutto tondo del De Sica uomo di spettacolo, attore di rivista, cantante, attore di prosa, attore cinematografico, regista e uomo privato. La mostra si apre con i primi successi di De Sica attore teatrale – affianco di Mario Mattoli e la sua impresa di spettacoli Za Bum – e cantante; tra le sue incisioni discografiche più popolari una è sicuramente: Parlami d’amore, Mariù.
Nel 1932 trionfa alla prima Mostra di Venezia con Gli uomini, che mascalzoni… Con questo film ha inizio il sodalizio tra l’attore e il regista Mario Camerini. La mostra prosegue illustrando i suoi ruoli giovanili, nonché, a partire dalla fine degli anni ’40, la realizzazione da parte di De Sica regista di quattro capolavori del Neorealismo: Sciuscià (1946), Ladri di biciclette (1948), Miracolo a Milano (1950) e Umberto D. (1952). Una sezione della mostra celebra il lungo e ininterrotto sodalizio tra De Sica e Cesare Zavattini, altra anima indiscussa del Neorealismo; insieme, per trent’anni, daranno vita a una riserva inesauribile di storie e personaggi mai uguali, attinti direttamente dalla realtà.
Negli anni ’50 De Sica si impone come una delle figure più rilevanti della cosiddetta Commedia all’italiana. Sono gli anni delle maggiorate, tra queste quella che raggiungerà la maggiore popolarità è senza dubbio Sophia Loren. Assieme al marito, il produttore cinematografico Carlo Ponti, De Sica sarà colui che riuscirà a esaltare le doti attoriali, ampie e duttili dell’attrice partenopea. La loro collaborazione culmina con il trionfale successo de La ciociara, coronato dal Premio Oscar (1960) e che varrà all’attrice anche il premio come migliore attrice al Festival di Cannes. Gli anni ’50 vedono anche il successo di Pane amore e fantasia, i cui due successivi film della serie rappresentano anche i primordi delle carriere di Luigi Comencini e Dino Risi e la realizzazione di film come L’oro di Napoli (1954) e Il tetto (1955), col quale De Sica fa il tentativo di ritornare ai principi del Neorealismo e alle indagini zavattiniane. Naturalmente la mostra non manca di ricordare con foto di scena e altro materiale cinematografico Il giardino dei Finzi Contini (1970) col quale De Sica vince il suo quarto Oscar. Rimarrà invece incompiuto un progetto a lungo corteggiato, quello di realizzare un film tratto dal romanzo Un cuore semplice di Flaubert, in quanto colto da una morte improvvisa il 13 novembre 1974.
Di lui il critico Mario Verdone ha scritto: “(…) La personalità di Vittorio De Sica è di una ricchezza che nel nostro cinema non ha precedenti. Vi predominano l’elemento gioioso e vitale, ma anche, in pari misura, l’elemento amaro, il senso dell’incertezza e della delusione”. Forse proprio queste due caratteristiche contrastanti, ben delineate da Verdone, sono all’origine di un’affermazione del critico francese André Bazin, il quale negli anni ’50 scrive a buon ragione: “ Nessuno oggi, può, più di De Sica, pretendere all’eredità di Chaplin”.
Nell’ultima sala ha luogo una riflessione sull’enorme eredità lasciata da De Sica: egli ha saputo tradurre meglio di chiunque altro l’italianità e fa specie che negli ultimi decenni la critica nostrana, fatta eccezione per gli interventi di Orio Caldiron (1975), Lino Miccichè (1992) e Giancarlo Governi (1993), non gli abbia tributato, come avrebbe dovuto, il giusto ruolo all’interno della storia del cinema, così come colpisce il recupero solo occasionale e soprattutto televisivo dei suoi capolavori e delle sue interpretazioni più celebri.
© CultFrame 02/2013
IMMAGINI
Vittorio de Sica a Londra, anni Cinquanta
INFORMAZIONI
Tutti De Sica
Museo dell’Ara Pacis / Lungotevere in Augusta (angolo via Tomacelli), Roma
Dall’8 febbraio al 28 aprile 2013
Orario: martedì – domenica 9.00 – 19.00 / Chiuso lunedì
Biglietto: Museo + Mostra Intero € 11,00 / Ridotto € 9,00
Info: 060608 tutti i giorni dalle 9.00 alle 21.00
LINK
Filmografia di Vittorio De Sica
Museo dell’Ara Pacis, Roma