L’identità non è questione da poco in Israele, terra meravigliosa ma dilaniata da un annoso conflitto, attraversata da muri divisori, costellata di check point, dove l’appartenenza religiosa, la cultura, il ceto sociale e in definitiva il destino di ciascuno sono fortemente segnati dalla porzione di terra in cui capita di nascere.
Chi sei, da dove vieni, dove sei nato, qual è il tuo nome, la tua religione: è possibile pensarsi come singole persone con le proprie peculiarità individuali al di là di rigide e deterministiche divisioni identitarie? È verso l’orizzonte di questo e di altri interrogativi (i figli sono di chi li fa o di chi li cresce?) che guarda Il figlio dell’altra.
Concepito tra Francia e Israele, il film sembra domandarsi se sia possibile applicare una logica post identitaria al Medio Oriente per pensare un futuro di mescolanze, di scambi, di dialogo e di pace. La pellicola cala nel contesto israelo-palestinese la storia di due bébé scambiati alla nascita, situazione solitamente utilizzata al cinema per raccontare i conflitti di classe sociale, come ne La vita è un lungo fiume tranquillo (1988) di Étienne Chatiliez, film che all’epoca della sua uscita ebbe qualche premio e un certo successo, in cui uno dei due bambini era l’allora dodicenne Benoît Magimel al suo esordio.
Data l’ambientazione, la dinamica che mette in gioco l’alterità costitutiva di ognuno e l’arbitrarietà delle divisioni identitarie ha qui più drammatici risvolti politici. A incontrarsi e scontrarsi non sono solo due individui e le rispettive famiglie ma anche due popoli, gli uni di fronte agli altri come specchi rovesciati. Nell’affrontare un tema classico e ambizioso, non mancano alcune ingenuità (“io sono il nemico di me stesso”, dice ieratico uno dei ragazzi a un certo punto) e schematismi genetici tipici del genere (i due ragazzi hanno passioni e aspirazioni molto simili a quelle dei genitori biologici). Prevale però un tono molto composto, con alcuni elementi affascinanti (il parallelismo con Isacco e Ismaele) e la capacità di raccontare la dialettica tra identificazione e separazione dalla famiglia d’origine con cui crescendo ci si trova a fare i conti. Infatti i due protagonisti, alla soglia della maggiore età, sono diversamente proiettati verso la vita adulta: l’uno, ebreo benestante con il sogno del rock, sembra ancora immaturo e imprigionato nella condizione di “figlio”, mentre l’altro, il palestinese, pragmatico e aspirante medico, vive a Parigi lontano dalla modesta famiglia determinato a riscattarne le sofferenze e le umiliazioni.
Presentato al Torino Film festival 2012 nella sezione Festa mobile, Il figlio dell’altra è un film che va (ri)visto con attenzione perché tra le pieghe di una storia sentimentale che fa apparentemente molte concessioni alla speranza e alla conciliazione si nascondono abilmente alcune insidie che lasciano spazio per un finale aperto carico di interrogativi e apprensione per ciò che sarà.
© CultFrame 03/2013
TRAMA
A quasi diciotto anni, l’israeliano Joseph affronta le visite mediche che preludono al servizio di leva. Da un’anomalia nelle sue analisi del sangue si viene a scoprire che la notte in cui fu partorito ad Haifa il bambino fu scambiato in culla con un altro neonato, il palestinese Yacine. Dall’incontro tra le due famiglie si aprono insperate possibilità affettive: saranno sufficienti a trascendere il peso storico e sociale del conflitto in Medio Oriente?
CREDITI
Titolo: Il figlio dell’altra / Titolo originale: Le fils de l’Autre / Regia: Lorraine Levy / Sceneggiatura: Lorraine Levy, Noam Fitoussi, Nathalie Saugeon / Fotografia: Emmanuel Soyer / Montaggio: Sylvie Gadmer / Scenografia: Miguel Markin / Musica: Dhafer Youssef / Interpreti: Emmanuelle Devos, Pascal Elbé, Jules Sitruk, Mehdi Dehbi, Areen Omari, Khalifa Natour, Mahmud Shalaby/ Produzione: Rapsodie Production, Cité Films, France 3 Cinéma, Madeleine Films, Solo Films / Distribuzione: Teodora Film / Paese: Francia / Anno: 2012 / Durata: 105 minuti