Come Pietra Paziente rappresenta il perfetto prodotto d’essai, perfino banale nel suo essere alternativo alla cinematografia mainstream, fino ad insinuare un sospetto di astuzia ricattatoria. Tratto dal romanzo del regista Rahimi, il film è sceneggiato dallo stesso autore/regista e dall’ubiquo Carrière, da anni ormai garanzia di “qualità intellettuale” e di tocco francese per decine di opere.
Ambientato in Afghanistan, interpretato da una star locale assurta agli onori delle cronache per alcune foto osé che le sono costate l’ostracismo in patria, Come Pietra Paziente lambisce appena il tema della guerra civile per concentrarsi sulla condizione femminile. I cliché sono quindi tutti presenti: ambientazione bellico/terzomondista, origine letteraria, condizione femminile nell’Islam più retrivo, protagonista iconica per i feticisti d’essai e noia d’ordinanza. L’aspetto che più colpisce è l’elemento comune alle due più diffuse religioni monoteiste, il disprezzo per le donne, il terrore del corpo femminile e della sessualità, l’ansia maschile di controllo e dominio, la perversa ostinazione di preti e mullah nel pretendere di regolamentare istinti naturali rappresentati invece come indegni e blasfemi.
Viene da chiedersi come mai cattolicesimo ed islamismo, condividano la medesima perversione, la stessa visione morbosa del sesso, l’ossessione del corpo femminile che deve venire coperto, nascosto, “purificato” dall’astinenza indicata come unico baluardo contro l’anarchia sessuale da capi religiosi sempre uomini, sempre vecchi, sempre quelli.
Così la scoperta della propria femminilità della protagonista per “mano” di un soldato che la crede una prostituta non coinvolge più che tanto lo spettatore smaliziato e già aduso a tali tematiche, mentre i monologhi smozzicati al capezzale del marito/padrone in coma mettono a dura prova l’attenzione e la pazienza di coloro che speravano di assistere ad un film sulla complessa situazione afghana, la cui fioca eco si avverte appena in lontananza senza che riesca ad entrare nella cameretta del morente, angusto teatro di un dramma intimo ed inconcludente.
© CultFrame 04/2013
TRAMA
Ai piedi delle montagne attorno a Kabul, una giovane moglie accudisce il marito, eroe di guerra in coma. La guerra fratricida lacera la città, i combattenti sono alla loro porta. Costretta all’amore da un giovane soldato, contro ogni aspettativa la donna si apre, prende coscienza del suo corpo, libera la sua parola per confidare al marito ricordi e segreti inconfessabili. A poco a poco in un fiume liberatorio tutti i suoi pensieri diventano voce: incanta, prega, grida e infine ritrova se stessa. L’uomo privo di conoscenza al suo fianco diventa dunque, suo malgrado, la sua “syngué sabour”, la sua pietra paziente, la pietra magica che poniamo davanti a noi stessi per sussurrarle tutti i nostri segreti, le nostre sofferenze.
CREDITI
Titolo: Come pietra paziente / Titolo originale: Syngué Sabour / Regìa: Atiq Rahimi / Sceneggiatura: Jean-Claude Carrière e Atiq Rahimi dal suo romanzo “Pietra di pazienza” / Fotografia: Thierry Arbogast/ Montaggio: Hervé de Luze / Scenografia: Erwin Prib/ Musica: Max Richter / Interpreti principali: Golshifteh Farahani, Hamidreza Djavdan, Massi Mrowat, Hassina Burqan / Produzione: The Film, Studio 37, Razor Film, Corniche, Arte France Cinéma / Distribuzione: Parthénos / Paese: Francia, Germania, Afghanistan, 2012 / Durata: 103 minuti