Il rumore secco di una pallina da tennis che impatta sul piatto corde di una racchetta. Il prato verde, la rete, le righe che delimitano il campo, la sedia del giudice. Il suono di un rituale, quello del gioco del tennis, riempie l’aria e amplifica l’assenza del corpo, della ragione, del senso.
Quella appena descritta è l’installazione collocata nel grande cortile interno del Palazzo dei Diamanti a Ferrara. Si tratta dell’area di passaggio tra i due spazi espositivi che compongono la mostra intitolata Lo sguardo di Michelangelo. Antonioni e le arti, un evento dedicato al centenario della nascita del regista ferrarese, curato da Dominique Païni e organizzato dalla Fondazione Ferrara Arte, dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea, in collaborazione con la Fondazione Cineteca di Bologna
La struttura dell’installazione allude ovviamente alla scena finale di Blow-up (1966) e alle tematiche centrali della poetica antonioniana: il rapporto tra sguardo e realtà, il senso delle azioni umane, la relazione tra spazio e corpo, l’incomunicabilità, il vuoto e l’assenza. Si tratta, con tutta evidenza, di un’area di decantazione tra i due corpi fondamentali di un’esposizione che nell’arco del suo percorso propone un viaggio nel cinema di Antonioni, nella storia dei suoi rapporti personali con intellettuali e altri cineasti e nelle connessioni tra il suo universo espressivo e le altre arti visivo/figurative. Sequenze di film e dipinti (oltre agli altri apparati) consentono al visitatore di ricomporre il quadro della compenetrazione profonda tra il cinema di Michelangelo Antonioni e, in primo luogo, la pittura: da Jackson Pollock a Mark Rothko, da Filippo De Pisis a Giorgio Morandi, fino a Giorgio de Chirico.
Certamente, quella messa in atto da Dominique Païni è un’operazione corretta sotto il profilo critico, chiara e ordinata sotto quello curatoriale e perfettamente condivisibile in chiave generale. Eppure, a un’attenta analisi della mostra è possibile comprendere come l’intera operazione culturale sia stata realizzata prendendo in considerazione elementi di approfondimento sulla materia già ampiamente consolidati. Intendiamo dire che percorrendo le sale del Palazzo dei Diamanti, lo sguardo non è mai colpito da fattori che possano far pensare a un lavoro di ricerca innovativo e fuori da canoni sicuri.
La relazione profonda tra la sfera visiva del cinema di Antonioni e la fotografia del XX secolo, ad esempio, è del tutto assente. In particolare, la fotografia (come disciplina artistica) vien fuori solo in occasione delle immagini di scena (pur molto significative) realizzate da Bruce Davidson e in altre rare occasioni. In tal senso, non è stata presa in considerazione una fitta rete di collegamenti (fuori dal tempo e non diretti) che Antonioni ha avuto con importanti fotografi del Novecento. Appare, infatti, palese come il regista de L’eclisse (1962) possa essere collocato in una linea espressiva che si nutre di temi visuali ampiamente affrontati precedentemente alla sua opera (da autori come Atget). Così, come è lampante il fatto che lo stesso Antonioni abbia anticipato alcune elaborazioni fotografiche poi divenute famose nelle opere di artisti come Ed Ruscha, Stephen Shore e Joel Sternfeld (solo per citare alcuni nomi). E che dire dell’influenza che ha esercitato su un cineasta/fotografo di notevole spessore come Wim Wenders e delle consonanze estetiche che è possibile percepire in determinate opere di Elina Brotherus e in alcuni lavori sulla raffigurazione della metropoli del giapponese Keizo Kitajima?
Insomma, molto si sarebbe potuto fare in occasione di una mostra che intendeva celebrare il centenario di uno dei più significativi artisti visivi del XX secolo, un autore che, senza alcun dubbio, può essere collocato fuori dalla gabbia linguistica del cinema e che meriterebbe degli studi critici innovativi.
A parte l’installazione del campo da tennis, un’altra “deviazione” interessante verso l’arte contemporanea è fornita dal video realizzato da Alain Fleischer, intitolato Omaggio a Lucia Bosè (2013). Si tratta di un’opera basata su un sapiente montaggio dedicato a una delle icone femminili del cinema di Antonioni, presente in lungometraggi come Cronaca di un amore (1950) e La signora senza camelie (1953). Da notare anche l’ampia sezione (Le montagne incantate) dedicata alle opere pittoriche del regista di Zabriskie Point (1970) e infine, nella parte finale della mostra, la presenza di lavori di Giacomo Balla e Alberto Burri.
In conclusione, possiamo affermare come Lo sguardo di Michelangelo. Antonioni e le arti sia una sorta di puntuale ricognizione effettuata in quel territorio di studio già conosciuto e che giustamente doveva essere proposto al pubblico di non addetti ai lavori e ai cittadini ferraresi. Forse quella al Palazzo dei Diamanti può essere considerata la prima tappa di un percorso analitico che sia in grado di far emergere innumerevoli altri fattori ancora non del tutto esplorati e che potrebbero riservare agli appassionati del cinema di Antonioni grandi sorprese.
Noi siamo convinti che la figura di Michelangelo Antonioni sia centrale nella storia delle arti visive, soprattutto per la capacità di questo autore di essere lungimirante riguardo lo sviluppo della tecnologia e le possibilità di utilizzazione estetico/poetica generate dai nuovi dispositivi (tanto che in alcune sue dichiarazioni è quasi prefigurata la nascita del digitale). Non a caso, Antonioni sperimentò tra i primi in Italia l’elettronica ne Il mistero di Oberwald (1981) e non disdegnò di cimentarsi nell’elaborazione di spot (Renault 9 – 1983) e videoclip musicali (Fotoromanza – 1984).
Anche per questo motivo la sua opera è stata moderna e anticipatrice, sostanzialmente fuori dal tempo e dalla storia.
© CultFrame – Punto di Svista 05/2013
INFORMAZIONI
Lo sguardo di MICHELANGELO. ANTONIONI e le arti / A cura di Dominique Paini
Dal 10 marzo al 9 giugno 2013
Palazzo dei Diamanti / Corso Ercole I d’Este 21, Ferrara / Telefono: 0532.244949
Orario: martedì – domenica 10.00 – 19.00 / lunedì 14.00 – 19.00
Biglietto: intero 10 euro / ridotto 8,50 euro
SUL WEB
Palazzo dei Diamanti, Ferrara