Muffa ⋅ Un film di Ali Aydin

SCRITTO DA
Giovanni Romani

L’opera prima del regista e sceneggiatore turco Ali Aydin, Muffa, pone il critico di fronte ad un rovello di carattere metodologico: come approcciarsi a un film di questo tipo? Come comunicare i suoi elementi costitutivi? Sono tutte veritiere, infatti, le osservazioni di quella parte di critica che parla di “ineluttabilità del dolore”, di “echi dostojevskiani”, di “decomposizione della coscienza”, di “finalità morali”, ecc….

Vero, Muffa è un film cupo ed essenziale, politico ed etico (il riferimento è all’associazione Cumartesi Anneleri, le “madri del sabato” che ogni sabato davanti al liceo Galatasaray protestano per i propri cari scomparsi nelle carceri), universale nelle tematiche e profondamente sincero.

La mise en scéne neo-neorealistica, l’astrattezza dei luoghi, esterni limitati dalle rette parallele dei binari ed interni di raro squallore, la recitazione minimale degli interpreti, i dialoghi scabri che sottolineano l’emarginazione esistenziale del protagonista, rappresentano scelte formali coraggiose per un regista esordiente. Ma le stesse caratteristiche provocano altresì una noia abissale. Un’ora e mezza che si estende per tutta la lunghezza dei binari percorsi quotidianamente dal laconico baffone protagonista: pare non finire mai.

Il padre dolente interpretato da Ercan Kesal si aggira in un limbo di irresolutezza, ignaro della sorte del figlio, tetragono ai “consigli” delle autorità, trascina la propria esistenza reiterando gesti e sofferenza, immerso in un solitudine muta e disperata interrotta soltanto dalla riconsegna delle spoglie filiali. Il regista Aydin, incurante dell’incolumità dello spettatore medio, dilata tempi e silenzi, ricorrendo incessantemente all’irritante vezzo di indugiare sull’inquadratura anche dopo l’uscita di scena dei personaggi: la m.d.p. continua ad inquadrare una scrivania ormai vuota, financo una stanza buia dopo che il protagonista è uscito spegnendo la luce. Ovviamente, si potrebbe parlare di “permanenza dell’immagine”; chi scrive invece lo considera un abusato escamotage che reiterato ad ogni sequenza provoca un paradossale “effetto parodia”.

Muffa infatti, a cominciare dal titolo, pare la caricatura sarcastica dei film d’essai dei tempi andati, silenzi interminabili, dialoghi inframmezzati da pause estenuanti, azione statica, camera “fississima”, sconforto dilagante, coscienze a pezzi. Consigliato ai veri feticisti del cinema punitivo.

© CultFrame 05/2013

TRAMA
Il 55enne Basri lavora duramente come guardiano delle ferrovie e quotidianamente controlla a piedi chilometri di binari. Tuttavia, il suo pensiero fisso è il ritrovamento del figlio Seyfi, scomparso misteriosamente diciotto anni prima, quando studiava all’università di Istanbul e venne fermato dalla polizia per le sue opinioni politiche.

CREDITI
Titolo: Muffa / Titolo originale: Küf / Regìa: Ali Aydin / Sceneggiatura: Ali Aydin / Fotografia: Murat Tuncel / Montaggio: Ahmet Boyacioglu, Ayhan Erqürsel/ Scenografia: Meral Efe / Interpreti principali: Ercan Kesal, Muhammet Uzuner, Tansu Biçer / Produzione: Motiva Film, Yeni Sinemacilar, Beleza Film / Distribuzione: Sacher / Paese: Turchia, 2012 / Durata: 94 minuti

SUL WEB
Filmografia di Ali Aydin
Sacher Distribuzione

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Giovanni Romani

Nato a Udine, arraffo un diploma di maturità classica. Mi diplomo a Firenze alla Bottega Teatrale di Vittorio Gassmann. Me ne vado a Roma a far teatro, in seguito cinema con Gianni Amelio. Scippo una mediocre laurea in giurisprudenza alla Statale di Milano e nel contempo inizio a scrivere recensioni per il Messaggero Veneto. Abbandono la carta per la rete, prima con Cinema.it, per poi approdare a CultFrame - Arti Visive. Attualmente: avvocato tatuato cinefilo cinofilo.

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