Se dovessimo fare un esempio di libertà espressiva in ambito cinematografico non potremmo evitare di citare il giapponese Takashi Miike. Attivo dagli inizi degli anni novanta, ha attraversato vari generi e partecipato ai più grandi festival internazionali, creando una schiera di appassionati e fedelissimi che ne esaltano le qualità registiche, decisamente eclettiche.
Ebbene, tali qualità sono state confermate dalla sua ultima opera: The Mole Song – Undercover Agent Reiji. Ma nell’analisi possiamo spingerci ancora più in profondità. Quest’ultima prova dell’autore di 13 Assassini rappresenta una sorta di summa del suo evidente acume filmico, una sorta di esperimento espressivo plurilinguistico caratterizzato da uno stile che possiamo definire pirotecnico.
Takashi Miike ha realizzato con The Mole Song – Undercover Agent Reiji un lungometraggio (ispirato al manga di Noboru Takahashi) che farà storcere il naso agli amanti di un cinema più classico e snob ma che rappresenta di fatto una lezione di libera creatività. Ogni immagine deborda di senso ed è inserita in un tessuto formale, barocco, kitsch, iperbolico. Il tutto è sostenuto da un’impostazione visionaria che miscela cinema tradizionale e di animazione, nell’ambito di un gigantesco, pazzo, videoclip (della durata di 130 minuti) mai, però, banale e ripetitivo.
Il regista nipponico si concede ogni tipo di eccesso formale, ogni possibilità di delirio narrativo e nonostante ciò il film appare sempre equilibrato. Cosa consente a questo lavoro di mantenersi, nonostante le sue caratteristiche, così bilanciato? La risposta è semplice: l’ironia. The Mole Song – Undercover Agent Reiji è una vibrante e caustica parodia del cinema sulla yakuza e sulle famiglie mafiose giapponesi, ma allo stesso tempo contiene una macroscopica e sferzante presa in giro delle forze dell’ordine.
Le vicende del poliziotto sotto copertura che deve infiltrarsi dentro una cosca mafiosa sono narrate in un costante sommarsi di eccessi che fanno diventare il grottesco l’elemento di stabilità di un racconto improntato a una follia di fondo che contraddistingue ogni episodio. L’agente Reiji diviene, così, puro meccanismo della narrazione, maschera-corpo in grado di far evolvere grazie alla sua sublime ingenuità e alla sua spaventosa insulsaggine una storia dai tratti paradossali. I soggetti di contorno divengono ruoli fumettistici che vanno a collocarsi nel quadro narrativo solo ed esclusivamente per sostenere le disavventure deliranti del personaggio centrale.
Alla fine di questo “bombardamento” visivo e sonoro lo spettatore avrà la sensazione di aver assistito non a un semplice film ma alla spettacolare fusione di generi e tendenze visivo-narrative certamente tipiche di una cinematografica di derivazione orientale da cui, però, attingono in modo chiaro fior di celebrati ed osannati registi occidentali.
© CultFrame 11/2013
TRAMA
L’agente Reiji è il poliziotto diplomatosi con i voti più bassi della storia delle forze dell’ordine giapponesi. Un giorno gli viene detto che per salvare il suo posto dovrà “fingere” di licenziarsi e cercare di infiltrarsi in una potente cosca mafiosa che controlla un gigantesco traffico di droga. Reiji non ha scelta e si butterà a capofitto in un’avventura totalmente delirante che lo cambierà profondamente.
CREDITI
Titolo: The Mole Song – Undercover Agent Reiji / Titolo originale: Mogura No Uta / Regia: Takashi Miike / Sceneggiatura: Kankuro Kudo, Noboru Takahashi (manga)/ Musiche: Koji Endo/ Produzione: Juichi Uehara / Interpreti: Toma Ikuta, Kenichi Endo, Mitsuro Fukikoshi, Koici Iwaki, Sarutoki Minagawa / Paese: Giappone / Anno: 2013 / Durata: 130 min.
LINK
CULTFRAME. Il canone del male. Un film di Takashi Miike. Festival Internazionale del Film di Roma 2012. Concorso di Maurizio G. De Bonis
CULTFRAME. 13 assassini. Un film di Takashi Miike di Nikola Roumeliotis
Filmografia di Takashi Miike
Festival Internazionale del Film di Roma – Il sito