Diretto, prodotto e interpretato da George Clooney, che lo ha anche scritto con l’amico Grant Heslow, The Monuments Men è la quinta prova da regista dell’attore americano. Come altre sue pellicole, anche quest’ultima è un “buddy movie” e un film di guerra che ha l’ambizione di rivolgersi sia al pubblico statunitense sia a quello europeo con una storia ispirata a fatti reali che si propone come una difesa appassionata del valore dell’arte per la nostra identità collettiva.
Pur trattandosi di una vicenda risalente alla seconda guerra mondiale, l’attualità del film non è limitata soltanto a tale messaggio universale ma si deve anche al fatto che giusto poche settimane fa sono state scoperte in Germania, a Monaco di Baviera, oltre un migliaio di opere d’arte razziate dai nazisti e considerate perdute: in quello che è stato già ribattezzato il “tesoro di Hitler” sono stati ritrovati quadri di Picasso, Renoir, Chagall, Klee, e pochi giorni dopo questa scoperta Der Spiegel ha pubblicato alcuni stralci dai diari dei diplomatici stranieri in servizio a Berlino durante la guerra relativi ai furti perpetrati nei loro paesi dall’esercito tedesco, cui vanno aggiunti i beni sequestrati agli ebrei di tutta Europa.
Gli uni e gli altri sono al centro del film di Clooney (ispirato a un libro omonimo di Robert M. Edsel e Bret Witter), i cui protagonisti si battono per salvare più opere d’arte possibile in una vera e propria corsa contro il tempo: se infatti l’esercito tedesco ha compiuto in tutta Europa vere e proprie razzie di capolavori in nome del progetto di Hitler di costruire un gigantesco Fuhrermusem nella città austriaca di Linz, lo stesso Fuhrer aveva anche stabilito che in caso di sua morte e di sconfitta tutte le opere raccolte sarebbero dovute essere distrutte. Come se ciò non bastasse, i protagonisti devono anche fronteggiare l’avanzata dei russi sul fronte orientale per evitare che le opere rubate dai nazisti finiscano in Unione Sovietica.
Dal punto di vista narrativo, The Monuments Men ha una struttura molto diversa da quella de Il treno (1964) di John Frankenheimer, altro film dedicato a questa vicenda e più precisamente a un libro di Rose Valland, che nel film di Clooney ha ispirato la figura di Claire Simone (Cate Blanchett). Per seguire gli otto personaggi principali, divisi in coppie sui vari fronti dell’avanzata alleata nel Nord Europa (Francia, Belgio e Germania), Clooney ha scelto la modalità più semplice e immediata, quella di dividere il film in episodi che in molti casi sono più che altro delle gag che si reggono sopratutto sullo spiccato talento comico della maggior parte degli interpreti, come Bill Murray, John Goodman, Bob Balaban e Jean Dujardin.
Il registro della commedia si intreccia però a più riprese con quello tragico dando vita a un racconto molto complesso da mettere in scena in maniera equilibrata: tali continui slittamenti non giovano al ritmo del film, anche se sembrano concepiti proprio per non annoiare il pubblico più popolare, e si sostengono principalmente sugli scarti della colonna sonora firmata da Alexandre Desplat. In particolare, una sua marcetta (secondo molti ispirata in modo troppo evidente ad alcune note di Pierino e il lupo di Prokofiev) sta già diventando un tormentone ed è stata fischiettata furiosamente durante la conferenza stampa della 64a Berlinale da tutto il cast del film. Peraltro, lo stesso Desplat compare nella pellicola in un cameo, e così anche Nick Clooney (il padre di George, nella parte del personaggio interpretato dal figlio trent’anni dopo la fine della guerra).
Come ai tempi di Quella sporca dozzina (1967) e de Il ponte sul fiume Kwai (1957), che è stata senz’altro una fonte di ispirazione per il film di Clooney e non soltanto dal punto di vista musicale, l’attore-regista ha dunque confezionato con tante buone intenzioni un’opera che cerca di essere più scanzonata di quanto non richiederebbe il soggetto e che è allo stesso tempo ricca di una retorica patriottica in cui non tutti gli spettatori di oggi riusciranno facilmente a identificarsi.
© CultFrame 02/2014
Film presentato alla 64° Berlinale
TRAMA
Tra il 1944 e il 1945 un gruppo di professori ed esperti accompagna l’avanzata dell’esercito alleato nella liberazione d’Europa per proteggere tutti quei capolavori della storia dell’arte che sono minacciati dalle bombe o che vengono rubati dall’esercito nazista su ordine del Fuhrer. Il lavoro dei sette inviati speciali si rivelerà una vera e propria missione di guerra.
CREDITI
Titolo originale: The Monuments Men / Regia: George Clooney / Sceneggiatura: George Clooney, Grant Heslow dal libro omonimo di Robert M. Edsel e Bret Witter / Fotografia: Phedon Papamichael / Montaggio: Stephen Mirrione / Musica: Alexandre Desplat / Scenografia: James D. Bissell / Costumi: Louise Frogley / Interpreti: George Clooney, Matt Damon, Bill Murray, John Goodman, Jean Dujardin, Bob Balaban, Hugh Bonneville, Cate Blanchett / Produzione: Smoke House, Sony Pictures Entertainment, Twentieth Century Fox / USA, 2014 / Distribuzione: Twentieth Century Fox / Durata: 118 minuti
SUL WEB
Filmografia di George Clooney
Berlinale – Il sito
Twentieth Century Fox