“Scrivere”, secondo Marguerite Yourcenar, è anche “una scelta perpetua tra mille espressioni” e Theodore possiede un grande talento nell’usare le parole: setaccia il linguaggio, vaglia le frasi e fa che esse possano seguire il ritmo della malinconia e della gioia, della commozione e del rimpianto. Per lavoro, infatti, scrive lettere per gli altri, comunica sentimenti di sconosciuti ad altri sconosciuti e gli bastano pochi elementi (una foto, un dettaglio, un’informazione sul carattere…) per tessere la breve trama di una missiva destinata a mogli o madri, figli o amici, fidanzati o amanti.
In un futuro prossimo venturo Spike Jonze paventa un’e(in)voluzione emotiva che passa dalle corde vocali ai complessi circuiti di un sistema elettronico, andando ben oltre i rapporti virtuali ai quali siamo già da tempo avvezzi ma tracciando una parabola comunicativa che, proprio attraverso la sua spersonalizzazione, finisce per agognare la primigenia dimensione umana. Un paradosso soltanto apparente poiché il regista americano, con sensibilità e intelligenza, racconta le profonde inquietudini della nostra contemporaneità schivando i luoghi comuni e le facili critiche di un’epoca che sempre più delega a quei dispositivi, complessi quanto aridi, il compito di farsi azione e/o espressione.
Chiamandosi fuori dall’ovvietà di un giudizio o del biasimo, Jonze converte quel che pare un riarso territorio emotivo in un desiderio, addirittura poetico, di riappropriarsi dell’umanissima possibilità di provare amore o dolore. Her diviene così una sorta di “passo a due”, una danza cadenzata dal suono suadente di una voce (quella di Samantha, ovvero un Sistema Operativo di ultima generazione) e dai gesti e dalle parole di Theodore che da lei viene sedotto. Ciò che si cela dietro quei circuiti non è soltanto una super intelligenza artificiale ma una struttura complessa in costante evoluzione che modula la sua continua metamorfosi in base alle pressochè infinite proprietà antropiche. Sentendosi sempre più umana – troppo umana – Samantha non tollera i limiti fisici che la separano da Theodore, così come Theodore stenta ad affrancarsi da una passione che “consuma” solo attraverso la voce.
Jonze non indaga il rapporto, già tante volte affrontato al cinema e non solo, uomo-macchina ma esplora, da una originale angolazione, il mistero, ancora insondabile, di quel legame antico chiamato amore. Dalla scintilla dell’innamoramento, al viluppo dei sensi, passando per la gelosia e il dolore della fine, la “storia” di Theodore e Samantha ripercorre tutte le tappe di una relazione del mondo fisico e reale.
L’eclettico talento di Joaquin Phoenix fa di Theodore un protagonista straordinario, in perfetta sintonia con un comprimario invisibile la cui voce (di Scarlett Johansson nella versione originale) riesce, anche nella sola immaginazione, a dar forma e carattere ad una donna sexy e appassionata ma anche fragile e confusa. In un ininterrotto discorso amoroso i due si conoscono e si seducono, si amano e si scontrano, fino a ferirsi e soffrire in un continuo flusso di parole il cui straordinario potere evocativo sa rendere tangibile, andando ben oltre l’udito, un intero universo sensoriale.
In una Los Angeles futuribile, scintillante di specchio e di acciaio, Jonze fa invece muovere i suoi personaggi in interni dai colori caldi della terra (l’arancio, il giallo, l’ocra…) che racchiudono in uno spazio cromaticamente pop un’atmosfera vintage che non lascia tuttavia fuori guizzi avveniristici, come a ricordarci che ogni emozione resta comunque pura e atemporale. Perché Her non è (solo) un film sull’amore ma soprattutto sull’idea di esso, sull’illusione di un “per sempre” destinato spesso ad infrangersi sul disincanto di un’aspettativa mancata. Ed è nel vagheggiare quel sentimento perfetto che, sovente, si rifugge il vero cercando in un altrove fittizio quell’ideale romantico che fughi l’endemico, umano terrore della solitudine.
Per questo nel finale sarà, ancora una volta, la parola con il suo potere fondante – che in questo film ne declina perfettamente i toni dall’incantatorio al comico financo al salvifico – ad “assolvere” l’uomo dal non voler essere più solo e, nel percorre gli “spazi bianchi” del linguaggio, catapultarlo, di nuovo, in quell’avventura ineluttabilmente reale che è la sua stessa vita.
© CultFrame 11/2013 – 03/2014
Film presentato all’8ª edizione del Festival del Film di Roma
TRAMA
Los Angeles in un futuro prossimo. Theodore lavora come scrittore in una società che fornisce un servizio di lettere su commissione. Solitario e poco incline ai rapporti umani, sta ancora elaborando la fine dolorosa del suo matrimonio. L’acquisto del nuovo Sistema Operativo, Samantha, cambierà radicalmente la sua vita. Questa avanzata forma di intelligenza artificiale, che gli parla dal computer con una calda voce di donna, non soltanto si rivelerà una preziosa alleata nella gestione organizzativa della sua vita pratica ma lo coinvolgerà in una vera e propria relazione dai risvolti sorprendenti.
CREDITI
Regia: Spike Jonze / Sceneggiatura: Spike Jonze / Fotografia: Hoyte Van Hytema / Scenografia: K.K. Barret / Montaggio: Jeff Buchanan, Eric Zumbrunner / Interpreti: Jaquin Phoenix, Scarlett Johansson, Amy Adams, Rooney Mara / Produzione: Chelsea Barnard, Megan Ellison, Natalie Farrey, Vincent Landay, Daniel Lupi / Distribuzione: Bim / Usa, 2013 / Durata: 120’
SUL WEB
Filmografia di Spike Jonze
Festival Internazionale del Film di Roma – Il sito
BIM