Terrence Malick è senza dubbio uno dei più significativi registi cinematografici viventi. Quest’affermazione tradisce ovviamente la visione critica di chi scrive ma pone sostanzialmente due problemi sulla figura di questo autore che ha costruito intorno all’ossessione della privacy una sorta di personaggio fuori da ogni schema.
Il primo problema: il giudizio della critica internazionale sul suo cinema non è unanime. Anzi, c’è chi lo detesta (anche con una certa forza), considerandolo troppo ambizioso, a livello strettamente cinematografico e a livello contenutistico.
Il secondo problema: definire Malick semplicemente un regista è miope, troppo riduttivo. La portata filosofica dei suoi film situa il suo mondo espressivo in una dimensione che supera i confini delle arti visive. Malick è, infatti, un intellettuale, un pensatore, che ha deciso di utilizzare la lingua cinematografica per comunicare la sua visione del mondo. E ancora: la figura dell’autore de La rabbia giovane (1973) risulta ancor più interessante per la decisione di rimanere ideologicamente estranea al sistema hollywoodiano, di non comunicare in nessun modo con gli organi di informazione, di non partecipare in nessuna occasione alla promozione delle sue opere, di non ritirare personalmente i numerosi premi vinti.
Alla luce di quanto detto, è possibile comprendere come il cinema di Malick rappresenti per uno studioso che lo voglia analizzare e interpretare un terreno minato, un pericoloso labirinto intellettuale, un esercizio critico che potremmo definire rischioso. Ebbene, tale avventura è stata affrontata da una giovane critica cinematografica che ha recentemente pubblicato un libro che si intitola: Il sogno del minotauro – Il cinema di Terrence Malick ( Historica Edizione, 2014).
Arianna Pagliara, questo il nome dell’autrice, ha portato a termine un testo in cui l’opera di Malick viene scomposta e ricomposta, attraverso un minuzioso procedimento di studio che denota, in primo luogo, la profonda conoscenza della materia trattata. Il metodo di Arianna Pagliara, però, non è solo quello di concentrarsi sui testi audiovisivi realizzati dall’autore de La sottile linea rossa (1998). L’autrice fornisce al lettore anche un importante e sostanzioso apparato di riferimenti culturali, dalla filosofia alla musica, che consente di comprendere a pieno lo spessore di un artista che, come abbiamo già detto, non può essere ingabbiato nel recinto (pur ampio) della settima arte.
E ancora: il libro di Arianna Pagliara possiede altri due pregi rilevanti. Il primo: l’articolato percorso critico è costruito su un linguaggio diretto e fruibile (adatto perfino a un non addetto ai lavori) ma ciò non toglie nulla alla qualità dell’analisi e dell’interpretazione dei testi audiovisivi che di volta in volta affronta. Il secondo: nel corso del suo studio, riesce a coniugare, con armonia ed equilibrio, una lucida considerazione per la sfera contenutistica e un’acuta riflessione riguardo la dimensione visivo/formale restituendo, in tal modo, al lettore un quadro molto complesso e approfondito dell’universo poetico malickiano.
Infine, non possiamo che evidenziare l’impostazione di base, a nostro avviso corretta, con la quale descrive il cinema e il pensiero di Malick, puntando l’attenzione su un aspetto fondamentale non sempre messo a fuoco dalla critica:
“Il cinema di Malick […] ha il pregio di non voler fornire risposte univoche, ma di istillare e sostenere, in maniera proficua e fruttuosa, la consapevolezza del dubbio e la necessità, di un incessante, costante interrogarsi”.
© CultFrame 03/2014
CREDITI
Titolo: Il sogno del minotauro / Sottotitolo: Il cinema di Terrence Malick / Autore: Arianna Pagliara / Editore: Historica Edizioni / Anno: 2014 / Pagg.: 204 / Prezzo: 16,00 euro / ISBN: 978-88-96656-79-2
INDICE
Prefazione di Bruno Torri / Introduzione / I. Il cinema di Terrence Malick: un universo sospeso e rarefatto / II. Un deserto interiore / III. La terra e il cielo / IV. Le voci della guerra (pensare il male) / V. Un mondo nuovo e già perduto (l’altro) / VI. Dicotomie e simmetrie: la genesi / VII. Maree. L’incostanza dei sentimenti / Filmografia / Bibliografia
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