È in corso a Roma fino al 24 maggio negli spazi della Gagosian Gallery la mostra della fotografa americana Nan Goldin. L’esposizione dell’artista americana ha, dunque, luogo in questo suggestivo ambiente della capitale di cui colpisce l’imponente sala ovale, dove negli anni si sono succeduti nomi di artisti e fotografi come Richard Prince, Gregory Crewdson e Takashi Murakami.
Nan Goldin nasce nel 1953 a Boston, Massachusetts. Attorno ai quindici anni inizia a scattare fotografie per raccontare attraverso una sorta di diario visivo i risvolti più intimi e segreti della sua vita quotidiana coinvolgendo i suoi amici e la sua famiglia allargata. Benché non sempre esista un rapporto di causa ed effetto tra la propria autobiografia e il bisogno espressivo, tuttavia è legittimo pensare che il suicidio della sorella maggiore, quando Nan aveva solo undici anni, abbia profondamente influenzato la sua arte e che la fotografia sia stata per la Goldin un mezzo prezioso attraverso cui sublimare la sofferenza, propria e altrui.
Presto la ricerca artistica della fotografa, che si avviluppa attorno a nodi tematici quali l’amore e la sensualità, la disperazione e la morte, appunto, diventa modello e fonte di ispirazione per generazioni di artisti. Negli anni ha creato una perturbante galleria di ritratti della vita dei suoi amici e amanti di cui ha spesso mostrato gli aspetti più crudi legati alla malattia e al disagio esistenziale (si veda il suo The Ballad of Sexual Dependency, 1986, racconto a tinte fosche sulla downtown di New York). Tuttavia, instaurando sempre con il soggetto fotografato un rapporto di fiducia, di mutuo rispetto. Talché i suoi “modelli” non sono mai vittime di uno sguardo indiscreto e voyeristico ma oggetto di devozione, affetto e amore.
E alcuni volti del suo repertorio sono confluiti nella mostra in corso alla Gagosian Gallery dal titolo Scopophilia.
Il lavoro artistico ivi esposto è iniziato nel 2010 quando all’artista viene concesso il privilegio di camminare solitaria tra le sale del Louvre ogni martedì, giorno di chiusura del museo al pubblico. In questo modo, la Goldin colleziona una pletora di immagini fotografiche che ritraggono dipinti e sculture dell’arte classica occidentale a cui affianca scatti personali, alcuni dei quali creati appositamente per la mostra di Roma.
Appena entrato, il visitatore può ammirare una stampa cromogenica del 2013 dal titolo Eyes; non stupisce che proprio questa immagine ci accolga all’ingresso, essa che ci suggerisce subito una delle possibili chiavi di lettura della mostra. Gli occhi non sono soltanto lo strumento attraverso cui l’uomo vede e “appercepisce” il mondo, ma anche il senso privilegiato con cui stabilire una relazione di “amorosi sensi” con l’alterità. A corroborare tale tesi è il titolo della mostra: “scopophilia” che tradotto dal greco vuol dire: “amore per il guardare”, sottolineando così l’importanza del guardare e guardarsi per vedersi, conoscersi e amarsi.
Salendo nella prima sala ci accolgono altre cinque foto, tre delle quali sono un omaggio a Venezia, città che la fotografa ha visitato nel 2010 e di cui ci restituisce l’atmosfera di “teatro del sogno” quale essa è. Nella grande sala ovale sono esposte la maggior parte dei lavori. Immagine dopo immagine, accanto ai ritratti delle persone care, sfilano figure come l’odalisca (la Goldin non poteva non fotografare una delle sue versioni più celebri: quella realizzata nel 1814 dal pittore francese Ingres per volere della sorella di Napoleone, Caroline Murat) o personaggi della mitologia greca come Narciso, Tiresia e Amore e Psiche, protagonisti, quest’ultimi, della celebre favola narrata dallo scrittore latino Apuleio nella sua opera Le metaformosi, raffigurati dallo scultore Antonio Canova nell’atto di baciarsi. Alla foto che ritrae il celebre gruppo scultoreo, la Goldin affianca l’immagine di una coppia colta nell’istante prima che il desiderio di consumi. Il dittico, dal titolo Look, diventa così l’allegoria del potere dell’amore, dell’intensità del desiderio che esso riesce a sprigionare.
Degna di nota è l’immagine dal titolo Veils dove il tema della donna velata prende le mosse dalla scultura settecentesca di Antonio Corradini (di cui esistono numerose versioni) cui affianca altre dieci foto, tra cui quelle realizzate al matrimonio dell’amica Cookie Muller con Vittorio Scarpati (Cookie and Vittorio’s Wedding, 1986), morti entrambi di AIDS nel 1989. Nell’ultima sala, la più piccola della galleria, è allestito una videoproiezione in loop di 25 minuti (presentato per la prima volta al Louvre nel 2010) che ci mostra i capolavori dell’arte associati a immagini dell’archivio fotografico della Goldin; a fare da colonna sonora è la musica coinvolgente e malinconica scritta da Alain Mahé per pianoforte, violoncello e voce. Anche con questo lavoro, la Goldin conferma la sua cifra autoriale, nonché le sue più intime ossessioni, legate alla sfera del piacere, del sesso, dell’intimità tra i corpi osservati e mostrati dalla Goldin mai in una chiave morbosa o peggio pornografica.
Questo ultimo aspetto costituisce forse una delle ragioni dell’importanza della Goldin nel panorama dell’arte contemporanea, ove da decenni alcune artiste legate al movimento femminista indagano tematiche affini ma con esiti, a nostro parere, più discutibili. Un esempio valga fra tutti: Andrea Fraser (1965), nota performer e videoartista americana di cui il Ludwig Museum di Colonia ha inaugurato nel 2012 una retrospettiva con un audace, provocatorio e contestabile video dell’artista che fa sesso con uno dei suoi collezionisti.
Concludendo, un’inchiesta del The Economist conferma che i visitatori dei musei di arte contemporanea sono in sensibile aumento (questo è certamente collegato alla crescita del mercato dell’arte, che è diventato globale), tuttavia l’auspicio è che questo fenomeno, che va positivamente valutato, non deve far sì che il museo di trasformi da luogo privilegiato della memoria, della cultura, vetrina delle collezioni, a semplice contenitore di opere paradossali e provocatorie di cui spesso non si coglie il significato, mero luogo di intrattenimento.
© CultFrame 04/2014
INFORMAZIONI
Nan Goldin – Scopophilia
Dal 21 marzo al 24 maggio 2014
Gagosian Gallery / Via Francesco Crispi 16, Roma / Tel. 06.42086498 / roma@gagosian.com
Orario: martedì – sabato 10.30 – 19.00 e su appuntamento / ingresso libero
LINK
CULTFRAME. Maestri della Fotografia. Nan Goldin di Elisa Paltrinieri
CULTFRAME. Il Giardino del Diavolo. Un libro di Nan Goldin di Maurizio G. De Bonis
Gagosian Gallery, Roma