Questa volta mi occupo di Andrej Tarkovskij. Scomparso ormai da ben ventotto anni, il suo insegnamento è decisamente attuale. In un periodo in cui fare arte (anche fotografia e cinema) significa quasi esclusivamente seguire la logica del mercato (e dunque di un sistema di potere) e non quella delle proprie idee, Tarkovskij è ancora l’emblema dell’artista libero e sincero, del creativo che lavora in un territorio in cui non c’è alcuna differenza tra ciò che si pensa e ciò che si fa, tra l’idea di partenza e il risultato artistico.
Ma Tarkovskij era un poeta (sì, un poeta… non bisogna avere paura di questa parola) e un artista visivo, che pur operando prevalentemente nel campo del cinema, aveva una concezione ben chiara di ciò che significava esprimersi attraverso lo sguardo, al di là dei presunti confini dei linguaggi visuali. Le sue fotografie, le sue polaroid (Luce Istantanea – Edizioni della Meridiana), dimostrano con tutta evidenza questo fattore e pongono quest’autore in una dimensione espressiva in cui cinema e fotografia contribuiscono a formare un unico grande apparato di elementi comunicativi. Ma c’è di più.
Prendiamo spunto da un libro di estrema importanza che dimostra quanto sto affermando: Andrey Tarkovsky – Films, Stills, Polaroids & Writings. Questo volume, edito da Schirmer/Mosel, ci mostra con limpidezza l’universo visivo (e non solo) dell’autore de L’infanzia di Ivan e Lo specchio.
La sua carriera cinematografica è, infatti, scandita da capitoli dedicati ai suoi film. Per ogni opera cinematografica sono presentati molti singoli fotogrammi. A seguire, ecco le sue polaroids, realizzate in Russia e in Italia. Ma anche un album familiare, fatto di scatti privati, ci fa comprendere come le visioni di Tarkovskij derivassero sempre da esperienze interiori. Dal raffronto tra frame dei film, immagini familiari, polaroids vien fuori un quadro di un’incredibile coerenza. La poesia rarefatta e intimista che caratterizza le sue fotografie di Bagno Vignoni (Toscana) è la stessa che si riscontra nelle immagini di famiglia e nelle inquadrature delle sue pellicole (e queste ultime possiedono una qualità fotografica che le rende, a tutti gli effetti, opere autonome dentro le opere cinematografiche).
Percorrere il viaggio proposto nell’ambito di Andrey Tarkovsky – Films, Stills, Polaroids & Writings è un’esperienza che consiglio a chiunque voglia comprendere le enormi potenzialità espressive delle immagini fotografiche e cinematografiche. Bisogna semplicemente abbandonarsi al flusso della visione e costruire un proprio sistema di sensazioni che sia la libera risonanza dell’universo interiore di Andrej Tarkovskij.
La fotografia che apre il volume, scattata nel 1979 da Gueorgui Pinkhassov e pubblicata anche nella copertina del libro grazie a una vistosa re-inquadratura, rappresenta una sintesi perfetta del mondo creativo di Tarkovskij. Il cineasta russo è collocato nel mezzo di un bosco tra alcuni tronchi d’albero alti e stretti. Il suo corpo affiora dall’elemento naturale, il suo sguardo è intenso. È uno scatto che nella sua semplicità fa emergere una profonda verità, quella di un artista sincero, reale, che non ha mai pensato ad altro se non a comunicare ciò che veramente era.
© CultFrame – Punto di Svista 05/2014
(pubblicato su L’Huffington Post Italia)
CREDITI
Andrey Tarkovsky – Films, Stills, Polaroids & Writings / Editore: Schirmer/Mosel Verlag, 2012 / Pagine: 320 / Immagini: 350 colori e b/n / ISBN: 978-3829606271
SUL WEB
Filmografia di Andrej Tarkovskij