Locke. Un film di Steven Knight

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

La storia del cinema è attraversata in largo e in lungo da un’ossessione: raccontare una vicenda in uno spazio molto ristretto. L’elemento claustrofobico è dunque entrato nella poetica di innumerevoli registi che hanno cercato di portare all’estremo la relazione tra la tensione provocata dallo spazio concentrazionario utilizzato e la dinamica espressiva del racconto.
Il maestro di questo particolare “sotto-genere” cinematografico è senza dubbio Alfred Hitchcock che con opere come Nodo alla gola del 1948 (film girato in un finto appartamento in un unico falso piano sequenza con raccordi mascherati) e La finestra sul cortile del 1954 (anche in questo caso lo spazio scenico è quello di un minuscolo appartamento messo in connessione con un claustrofobico cortile condominiale) ci ha consegnato due esempi sublimi di raffigurazione del conflitto tra spazio, storia e psicologia dei personaggi.

Ma se facciamo riferimento a una produzione più recente sono diversi i casi che possiamo portare alla vostra attenzione: The Cube (1997) di Vincenzo Natali (girato interamente dentro un enigmatico cubo che comunica con altri cubi), Panic Room (2002) di David Fincher (ambientato quasi esclusivamente in una camera di sicurezza), In linea con l’assassino (2002) di Joel Schumacher (opera il cui set principale è costituito da una cabina telefonica), fino addirittura a un lungometraggio girato dentro lo spazio angusto e soffocante di una bara: Buried – Sepolto (2010) di Rodrigo Cortés.  E potremmo continuare a lungo.

Ebbene, il film di cui vogliamo parlarvi ora vede, invece, come spazio narrativo principale una vettura che si sposta lungo un’autostrada: Locke, lungometraggio sceneggiato e diretto da Steven Knight.
In questo caso l’autore ha voluto giocare su più piani. Li elenchiamo: l’area concentrazionaria dell’automobile (in realtà un grosso SUV), la dimensione dinamica dello spostamento del mezzo lungo l’autostrada, la tensione psicologica vissuta dal personaggio che guida per circa novanta minuti, l’atmosfera enigmatica della notte, l’angoscia generata dalla corsa contro il tempo che il protagonista sta effettuando mentre tutta la sua impalcatura esistenziale gli sta crollando intorno.

Steven Knight punta tutto sulla forza espressiva di Tom Hardy, sulla sua capacità di esprimere allo stesso tempo paura e apprensione, ma anche lucidità e determinazione. Il tutto con notevole misura. L’autore riesce a tenere alto il ritmo del racconto facendo interagire il suo personaggio con innumerevoli soggetti attraverso l’uso del cellulare. Conversazioni si susseguono a conversazioni; spesso la drammaticità è amplificata dagli argomenti trattati (il tradimento, la fine di una storia d’amore, il licenziamento) ma la colonna vertebrale dell’opera è rappresentata dalla connessione tra luogo claustrofobico (la macchina), idea di libertà (il viaggio notturno), psicologia del personaggio centrale.
Questa struttura è poi innestata dentro un impianto registico che pur essendo oggettivamente limitato dalla tipologia di film si avvale di un’architettura visiva che in alcuni passaggi sfocia quasi in un astrattismo cromatico/compositivo che fornisce a Locke una connotazione estetica mai banale.

Alla fine Ivan (il personaggio centrale) sembra aver raggiunto la sua agognata meta notturna, ma l’ultima inquadratura lascerà lo spettatore interdetto. Pur essendo uscito dall’autostrada, il grosso SUV prosegue, di fatto, la sua corsa nella notte. Forse verso una nuova vita.

© CultFrame 05/2014

 

TRAMA
Ivan Locke è il bravissimo capo cantiere di un progetto che prevede la costruzione di un grattacielo altissimo. Proprio la notte prima della colata di calcestruzzo (operazione delicatissima e pericolosa) che gli consentirà di tirar su il palazzo, a Ivan succede qualcosa di irreparabile. Deve necessariamente mettersi in macchina e viaggiare tutta la notte sull’autostrada. Non potrà così presentarsi al lavoro la mattina successiva e non tornerà più a casa sua, da sua moglie e dai suoi figli.


CREDITI

Titolo: Locke / Regia: Steven Knight / Sceneggiatura: Steven Knight / Fotografia: Haris Zambarloukos / Montaggio: Justine Wright / Musica: Dickon Hinchliffe / Interprete:  Tom Hardy / Produzione: Guy Heeley, Paul Webster / Distribuzione: Good Films / Origine: Stati Uniti, Gran Bretagna / Anno: 2013 / Durata: 85 min.

LINK
Filmografia di Steven Knight
Good Films

 

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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