Pier Paolo Pasolini si trasferisce a Roma con la madre nel gennaio 1950, costretto a lasciare Casarsa perché “disonorato” dalle accuse di avere corrotto alcuni minorenni e di atti osceni in luogo pubblico (sarà assolto), espulso dal Partito Comunista e rimasto senza il suo lavoro di insegnante.
Dall’arrivo del poeta nella capitale prende le mosse la mostra allestita al Palazzo delle Esposizioni di Roma, frutto di una collaborazione tra diversi curatori che l’ha già portata nelle città di Barcellona e Parigi e che la porterà poi anche a Berlino. In tutti questi paesi Pasolini è altrettanto conosciuto che in Italia per la sua straordinaria attività di poeta, scrittore e regista. Lo stesso può dirsi del fascino e dell’interesse suscitati da Roma, e la mostra illustra bene il ruolo determinante che la città ebbe nella poetica dell’autore.
L’esposizione, A cura di Gianni Borgna, Jordi Balló e Alain Bergala, è suddivisa in sei/sette ambienti che propongono in sequenza cronologica le tappe salienti della vita e dell’opera dello scrittore. In ogni sala un video di Alain Bergala propone al visitatore una ripresa a camera fissa di un luogo romano topico di ciascun periodo preso in considerazione, ripreso però ai giorni nostri. All’inizio del percorso, nello spazio riservato al 1950-1954, il primo video è dedicato alla stazione Termini (binario 14) dove Pasolini giunse con la madre la mattina di un 28 gennaio di sessantacinque anni fa. Sullo schermo, alcune foto di famigliari e amici scorrono veloci come il treno che ha portato via i Pasolini dal Friuli riassumendo la vita precedente dell’autore, di cui sono qui esposti anche alcuni autoritratti e disegni giovanili. Poi la mostra si snoda attraverso i luoghi in cui il poeta visse i suoi primi anni romani “povero come un gatto del Colosseo” risiedendo “in una borgata tutta calce/ e polverone, lontano dalla città/ e dalla campagna” (per citare alcuni suoi versi autobiografici da Le ceneri di Gramsci).
L’incontro con Roma e i suoi abitanti coincise per Pasolini con la scoperta delle periferie e dell’umanità dei “borgatari” cui seguirà l’incontro con quegli artisti e intellettuali che diverranno i suoi intercessori col mondo romano, da Sandro Penna ad Alberto Moravia. A questi ultimi è dedicata la seconda sezione (con un video di Piazza del Popolo, loro luogo di ritrovo), relativa agli anni 1955-1960, in fondo alla quale si trova anche una piccola sala dedicata alle sei tele dei suoi pittori contemporanei preferiti che Pasolini aveva elencato in una poesia: Morandi, Mafai, De Pisis, Rosai, Guttuso. Il 1955 è un anno molto importante per Pasolini perché la pubblicazione di Ragazzi di vita, dove racconta per la prima volta l’universo delle borgate romane, gli procura i primi riconoscimenti oltre alle accuse di oscenità che perseguiteranno la maggior parte delle sue opere. Il successo del romanzo gli consentirà di trasferirsi nel quartiere di Monteverde e di affiancare alla sua attività di scrittore una prima serie di esperienze come sceneggiatore per film importanti di ambientazione romana quali Le notti di Cabiria (1957) di Fellini e La notte brava (1959) di Bolognini.
Nel triennio successivo, introdotto dal video di una strada del Pigneto, Pasolini diventa regista con Accattone (1961), dei cui sopralluoghi sono esposte numerose immagini fotografiche. Seguono Mamma Roma (1962), sul cui set l’autore registrava una sorta di audio-diario dal quale è possibile ascoltare un’interessante discussione con Anna Magnani sull’autenticità della sua recitazione nel confronto con i giovani attori non professionisti, e La ricotta (1963) con il processo per vilipendio alla religione di stato e il sequestro della pellicola.
Nel 1963 Pasolini e la madre si trasferiscono in via Eufrate, all’Eur, dove lo scrittore e regista vive un altro periodo estremamente creativo. Sono gli anni di Comizi d’amore (1964), in parte proiettato sul parabrezza di una Fiat 1100 uguale a quella con cui Pasolini girò l’Italia per realizzare il documentario, e de Il vangelo secondo Matteo (1964) oltre che dei versi di Poesia in forma di rosa. Ogni sezione della mostra romana presenta al pubblico anche documenti autografi (in parte inediti) forniti dal Gabinetto Vieusseux, che meritano una visita attenta e testimoniano alcuni dei momenti più intimi della vita dell’autore. Tra questi, nello spazio dedicato agli anni 1966-1973 introdotto da un video che mostra alcune vetrine dell’odierna via del Corso, una lettera a Volponi del 1971 in cui Pasolini annuncia con dolore la fine del suo amore per Ninetto, che vuole sposare una ragazza. Lasciando ai visitatori di scoprire le lettere ad Allen Ginsberg, a Godard e le altre in mostra, bisogna sottolineare come questi anni siano caratterizzati dalle critiche di Pasolini alla società dei consumi e all’imborghesimento del proletariato, e da un suo parziale distacco da Roma con i viaggi (e i film) in Africa, Medioriente e India.
Le sezioni conclusive della mostra sono accompagnate dalle video-riprese del mare di Sabaudia (visto da una delle ultime case di Pasolini) e di quello di Ostia vicino al luogo in cui lo scrittore e regista fu ucciso nel novembre 1975. Si susseguono il manoscritto originale di Petrolio, l’opera letteraria rimasta incompiuta alla sua morte, l’ultima sessione fotografica che gli dedicò Dino Prediali, l’ultima intervista rilasciata a un’emittente francese a proposito del suo ultimo film, Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975), uscito postumo. Con le immagini delle esequie e l’orazione funebre che vi fece Moravia, e con quelle di Caro diario (1993) in cui Nanni Moretti visita il monumento che lo ricorda all’Idroscalo di Ostia, la mostra si chiude ponendo alcuni interrogativi sulla dinamica dell’uccisione di Pasolini che rimangono ancora irrisolti.
Quanto emerge chiaramente dall’esposizione è che l’autore trascorse a Roma venticinque anni diventando in questa città e grazie a questa città il Pasolini che tutti conosciamo, raccontandone l’umanità e la lingua nella letteratura e nel cinema, mostrandone le trasformazioni urbane sullo sfondo di molti suoi film (si pensi per esempio a Totò e Ninetto Davoli nel cantiere della Tangenziale Est in Uccellacci e uccellini, del 1966).
Alla mostra sono associati un catalogo edito da Skira che può permettere di apprezzare più con calma la ricchezza dei materiali documentali e fotografici esposti, e tre programmi di incontri, proiezioni e concerti che intendono presentare le opere di Pasolini anche a chi ancora non le conosca. A margine della manifestazione ospitata al Palazzo delle Esposizioni, un altro evento è programmato per l’8 maggio nel quartiere del Pigneto, a cura di Agathe Jaubourg e Massimo Innocenti Jr. – autore del volume fotografico Pasolini Pigneto, Il Bar Necci ai tempi di Accattone – e consiste in una serie di proiezioni, esposizioni fotografiche di immagini fornite dall’Istituto Luce e dagli abitanti stessi del quartiere con azioni di street art, istallazioni visive e sonore.
© CultFrame – Punto di Svista 05/2014
INFORMAZIONI
Pasolini Roma / A cura di Gianni Borgna, Jordi Balló, Alain Bergala
Dal 15 aprile al 20 luglio 2014
Palazzo delle Esposizioni / Via Nazionale 194, Roma / Tel. 06 39967500
Orario: martedì, – giovedì: 10.00 – 20.00 / venerdì, sabato: 10.00 – 22.30 / domenica: 10.00 – 20.00 / chiuso lunedì
Biglietto: intero 12 euro / ridotto 9,50 euro / scuole 4,00 euro / Il biglietto permette di visitare tutte le mostre in corso al Palazzo delle Esposizioni
SUL WEB
Palazzo delle Esposizioni con tutte le informazioni sulla mostra e le iniziative collaterali
Pasolini Roma. Il sito legato alla mostra che esplora i rapporti tra Pasolini e Roma