Un film di Franco Maresco senza Franco Maresco. Il regista palermitano, infatti, non è che una voce off e la sua presenza/assenza è il filo rosso di una ricerca – intesa anche in senso letterale – di significato e di sostanza di una vicenda e di un uomo (Maresco, appunto) che sembra essersi smarrito nella sua indagine. La sua meticolosa documentazione viene così affidata a Tatti Sanguineti che, nel capoluogo siciliano, ha l’incarico di ricostruire e ricomporre le tessere di un film-puzzle incompiuto.
Il racconto doveva muovere dallo stretto rapporto tra Berlusconi e la Sicilia, il cui legame è spiegato attraverso una vera e propria immersione nella cultura popolare che rispecchia la forza di certe connessioni, endemiche e profonde, che si esprimono in quello che non è solo folklore di piazza ma specchio, reale e nel contempo deformante, di una società drammaticamente sfigurata.
Tra le due sponde di ciò che è e ciò che sembra, di quel che è espresso e di quel che mai è stato detto naviga un bizzarro Caronte, un impresario di cantanti neomelodici, Ciccio Mira, che attraversa le acque (torbide) di quel fiume, incessante e sfuggente, di bugie, omissioni, omertosi silenzi…
Maresco intervista i suoi protagonisti, realizzando una sorta di diario di appunti nei quali Sanguineti cerca di orientarsi, con quella stessa bussola d’intelligenza e di sagacia del suo amico regista. Mira è il personaggio attorno al quale l’autore (ri)costruisce un mondo, fotografando impietosamente un volto dell’Italia che non vorremmo vedere. Ci porta in piazza, dove ragazzine in delirio applaudono piangendo i cantanti che celebrano la grandeur berlusconiana, ma anche in studio, dove quegli stessi cantanti firmano l’ “inno” dedicato al Cavaliere per poi mostrarceli, in una vera e propria sfida, contendersi il “titolo” di primo sostenitore canoro di Silvio.
Se tutto questo fosse frutto della finzione scenica sarebbe uno spettacolo irresistibilmente comico, invece non lo è e la risata non ha nulla di liberatorio ma lascia un retrogusto di amaro sgomento. Lo stesso che sentiamo nella voce di Maresco, presenza in controluce della quale percepiamo l’eco della sua disillusione e nel suo mettere in scena l’agghiacciante fierezza dell’ignoranza non possiamo che provare un brivido, financo di paura, per ciò che sta deturpando il nostro paese.
Caustico e grottesco, sì, ma anche tragicamente corrosivo, questo film (Premio della Giuria Orizzonti all’ultimo Festival di Venezia) scopre le piaghe, sferza di cinismo il reale e, con tanta asprezza, ammutolisce.
© CultFrame – Punto di Svista 09/2014
TRAMA
La parabola politica di Berlusconi tracciata all’interno delle sue roccaforti siciliane. A far da “guida” un impresario di cantanti neomelodici che, attraverso le sue disavventure, mostra il volto di un paese che non vorremmo vedere.
CREDITI
Titolo: Belluscone – Una storia siciliana / Regia: Franco Maresco / Sceneggiatura: Franco Maresco / Fotografia: Luca Bigazzi / Montaggio: Franco Maresco / Interpreti: Ciccio Mira, Salvatore De Castro, Vittorio Ricciardi, Tatti Sanguineti, Salvatore Ficarra, Valentino Picone, Marcello Dell’Utri, Vittorio Sgarbi / Produzione: llpalma / Distribuzione: Parthenos / Paese: Italia, 2014 / Durata: 94 minuti