È possibile identificare un confine preciso che separa la fotografia di documentazione da quella artistica (per usare una definizione un po’ semplicistica)? L’osservazione diretta e scientifica di uno “stato di fatto” tragico può essere coniugata con un’impostazione di tipo estetico, cioè con un sentimento della percezione? Il terribile tema della raffigurazione a scopo investigativo della morte può essere collocato all’interno di una ricerca formale? Si tratta di quesiti ai quali è molto difficile dare risposte precise ed esaustive e che toccano argomenti estremamente delicati.
Cercherò di fornirvi delle suggestioni su cui riflettere prendendo ad esempio la vicenda professionale e “creativa” di Rodolphe Archibald Reiss, figura di grande interesse alla cui opera il Museo della Fotografia di Charleroi (Belgio) ha dedicato una mostra denominata: Le Théâtre du Crime. Quest’ultimo è anche il titolo di un volume edito da Presses Internationales Polytechinque.
Ma chi è Rodolphe Archibald Reiss? Tedesco-svizzero, Reiss è stato uno dei pionieri della cosiddetta “fotografia forense”, disciplina che ha insegnato a livello universitario in Svizzera. Chimico, professore di Scienze Forensi, super esperto di tecniche fotografiche, autore di due importantissimi testi come La photographie judiciaire (Beudel, 1903) e Manuel scientifique de police -tecnique (Payot, 1911), Reiss ha costruito nel corso degli anni un gigantesco apparato di immagini di delitti e crimini, di luoghi e ambienti, di corpi e oggetti. Numerosi di questi scatti sono esposti proprio al Museo della Fotografia di Charleroi e possono fornire un esempio preciso dell’uso della fotografia nel settore della criminologia.
Reiss procedeva nel suo lavoro sempre attraverso un sistema di raffigurazione molto rigido e ben studiato, ideato per fornire una dimensione visiva dei delitti che comprendesse molti elementi: dai piccoli dettagli a una rappresentazione d’insieme in grado di contestualizzare spazialmente il crimine raffigurato.
Ciò che colpisce di alcune immagini è una sostanziale ricercatezza dell’inquadratura che fa assumere allo scatto un evidente, quanto inquietante, valore espressivo. Tale aspetto pone un problema. Cosa risulta attraente, per lo sguardo del fruitore di oggi, nelle immagini di Reiss? Forse la rappresentazione algida e scientifica della morte? Oppure, la composizione delle inquadrature? La visione perfetta dell’esito finale di un terribile crimine? La morbosità del dettaglio e la forza comunicativa di situazioni, spazi, oggetti, tracce, impronte?
Probabilmente tutti questi fattori messi insieme, elementi che però non devono far dimenticare l’origine strettamente scientifica delle immagini che sono di fatto significativi strumenti di indagine (e memoria di azioni atroci) e testi visuali di studio di un scienza molto complessa come è quella forense.
© CultFrame – Punto di Svista 09/2014
(pubblicato su L’Huffington Post Italia)
INFORMAZIONI
Rodolphe Archibald Reiss. Le Théâtre du Crime
Dal 24 maggio al 7 dicembre 2014
Musée de la Photographie / 11, avenue Paul Pastur / Charleroi (Mont-sur-Marchienne), Belgio / Tel : +32(0)71.43.58.10
Orario: martedì – domenica 10.00 – 18.00
Biglietto: Intero 6 euro / Ridotto 3 euro