Da qualche tempo osserviamo, in alcune gallerie di arte contemporanea (a Roma) un interesse specifico per artisti la cui produzione si proietta con continuità verso un intreccio dinamico con vari segmenti della ricerca scientifica. È ormai assodata e documentata questa corrispondenza. Ultimamente, però, lo scambio tra scienziati e autori contemporanei sta assumendo una relazione che va ben oltre un dialogo a distanza: quello che sta avvenendo è una richiesta esplicita di complicità diretta all’interno dei processi evolutivi in queste discipline del sapere.
Ciò produce un dialogo fitto e interconnesso i cui effetti concreti possiamo cogliere in maniera esemplare nella mostra di Jan Fabre dal titolo Do we feel with our brain and think with our heart? allestita nella galleria Magazzino di Roma. Si tratta della quarta personale dell’autore belga in questa sede, il che presuppone da tempo un’attenta e consolidata attenzione di tale struttura verso le tematiche sopra esposte.
Un video proiettato nella prima sala espositiva, il cui titolo è anche quello della mostra, ci pone di fronte alla complicità del tutto sincera e priva di soggezioni dei due attori: l’artista Jan Fabre e lo scienziato Giacomo Rizzolati, quest’ultimo accreditato ricercatore di fama internazionale nell’ambito delle neuroscienze. Tra i due si instaura un dialogo fitto e denso che si espande nella necessità di verificare, all’interno delle rispettive ricerche, con quali modalità il nostro pensiero, attraverso i nostri sensi e all’interno della complessa macchina cerebrale, metta in moto la conoscenza, il sapere.
Si sviluppa così nel video, tra vari tentativi metaforici e ironici, un percorso in cui non emergono sostanziali prese di posizione ma uno scambio di informazioni e di intuizioni. Esemplare, in tal senso, è quando Fabre e Rizzolati si arrampicano o scavalcano i banchi di un’aula semicircolare (sembra un’aula di studio di anatomia) spaesati ma al contempo incuriositi dall’ambiente in cui si trovano; oppure quando sono seduti su di uno sgabello girevole e ruotano vorticosamente fino a perdere il controllo della situazione. Come a dire: per quanto ci siano stati grandi progressi scientifici siamo ancora in una fase di limitata comprensione della nostra sfera cognitiva.
A fornirci una possibile chiave di lettura del percorso espositivo ci viene in aiuto un testo critico, presente in galleria, di Melania Rossi dal titolo Dimmi esattamente ogni cosa (che sento). Grazie a un’esposizione articolata e ben motivata ci introduce nell’argomento basilare di quanto viene presentato in mostra e, soprattutto, nell’idea che la sostiene. La priorità per la Rossi è nella necessità di “sentire” (non tanto a un livello figurato e romantico quanto piuttosto a livello scientifico) in un’empatia che mostra come Jan Fabre leghi la sua riflessione, e l’esperienza che ne consegue, a una curiosità che chiede, se non delle risposte definitive, almeno dei chiarimenti alla neurobiologia. Giacomo Rizzolati, invece, sospende momentaneamente le sue certezze, osserva e ascolta l’azione creativa dell’autore nella sua creazione e originalità, azione che ha a che fare direttamente con l’oggetto dei suoi studi, l’apparato cerebrale.
Nella seconda sala possiamo osservare dei lavori di Fabre realizzati con matita HB e matite colorate su carta fotografica in cui, sempre con ironia e leggerezza, rappresenta dei cervelli (scegliamo come esempi solo due dei cinque disegni) da cui emergono una fetta di pane e un’arachide, come a volerci mostrare nel dettaglio una sua divertita raffigurazione di questo concetto in un’immagine. Sempre in questa sala sono esposte tre raffinate e delicatissime sculture in marmo bianco di Carrara: tre cervelli, ognuno avvolto da una struttura tentacolare sulla quale è collocato un insetto. Tali insetti, oltre ad avere un valore simbolico, sono chiamati “a compiere delle azioni sulla mente” come ha evidenziato nel suo testo Melania Rossi.
Nella terza sala una serie di disegni su carta ci mostrano, sempre con rappresentazioni di apparati cerebrali, l’aspetto ludico, sapiente e di immediata realizzazione con cui Fabre crea queste opere.
Inoltre altre due sculture: una rappresentazione di un cervello umano in silicone e gomma colorati, con ai lati applicate due ruote per sedie a rotelle per disabili il cui titolo è “Homage to Stephen Hawking” (significativo ossequio nei confronti del celebre astrofisico britannico), l’altra è il ritratto di un volto (a noi sembra dell’artista stesso) mentre indossa un copricapo in cui sono inseriti una serie di ricettori collegati a dei fili che andranno a connettersi non si sa con cosa. Quest’ultima opera ci fa riflettere in maniera particolare sulle questioni sin qui emerse e cioè se, al di là delle forme e dei significati rappresentativi e simbolici ad essa riferibili, non si sia giunti ad una entrata in crisi dei linguaggi, alla loro sempre meno aderenza a quelle necessità intuitive ed esplorative che sembrano scaturire con evidenza da alcuni ambienti della ricerca artistica e scientifica.
© CultFrame – Punto di Svista 10/2014
Jan Fabre, Anversa, 1958. Artista multidisciplinare, dopo gli studi all’Istituto di Arti Decorative e Belle Arti e all’Académie royale des Beaux-Arts d’Anvers ha realizzato e messo in opera numerosi progetti come regista teatrale e performer oltre all’attività di scultore e di autore in senso ampio. Da segnalare tra le varie esposizioni in ambito internazionale: Hortus/Corpus al Kröller-Müller Museum di Otterlo in Olanda nel 2011, una retrospettiva al Museo MAXXI di Roma delle sue performance Stigmata, Action et Performances 1976-2013 , con L’Ange de la Métamorphose nel 2008 è stato il primo artista vivente ad esporre al Louvre di Parigi.
INFORMAZIONI
Mostra: Jan Fabre. Do we feel with our brain and think with our heart?
Dal 14 ottobre al 30 novembre 2014
Magazzino / via dei Prefetti 17, Roma / Tel: 06.6875951
Orario: martedì – sabato 11.00 – 20.00 / chiuso domenica e lunedì / ingresso libero